La sfida delle mogli, la recensione
Dal 25 aprile 2020 su Sky Primafila, Chili, TimVision, Infinity e Rakuten TV, arriva anche in Italia La Sfida delle Mogli (Military Wives), il ritorno sul grande schermo di Peter Cattaneo. L’ultima uscita cinematografica del regista inglese risale al 2008, anno di The Rocker – Il Batterista Nudo, da allora la direzione di vari episodi per tre diverse serie televisive ed un tv movie, Diana and I, nel 2017. Cattaneo che, per forza di cose, viene ricordato per il suo più grande successo, quel Full Monty che nel 1997 sbancò i box office e fece incetta di premi, tra cui un Oscar per la miglior colonna sonora.
Le canzoni sono al centro anche de La Sfida delle Mogli, in cui la musica assume un ruolo determinante pur non trattandosi di un film musicale. Siamo in territorio dramedy, una commedia dal tono malinconico in cui alternare sorrisi, sentimenti e commozione. Una trama lineare, che inizialmente ci mette un pochino a carburare e che collega due punti senza grosse sorprese, puntando sul lato emotivo del tragitto senza trascurare qualche messaggio di fondo.
Si parte da una storia vera, quella della formazione del primo coro di mogli di soldati britannici in missione all’estero, per raccontare un risvolto alternativo della guerra. Quello degli affetti, delle mogli (soprattutto) e dei figli che restano a casa, dei loro spostamenti da una base all’altra, della necessità di stringere legami solidali tra loro. Dell’ansia e della paura che avvolgono l’attesa del ritorno dei propri cari, il timore costante della brutta notizia, il distacco, la lontananza. La perdita, il lutto.
Cattaneo utilizza nuovamente il volto della gente comune per portarci in una realtà con cui abbiamo meno familiarità, stavolta da un punto di vista esclusivamente femminile – a partire da una sceneggiatura scritta da due donne, Rosanne Flynn e Rachel Tunnard. La musica ed il coro nascono come semplice passatempo, un modo per distrarsi e fare nuove amicizie, diventando presto il mezzo con cui esorcizzare la paura e creare una piccola comunità di persone diverse tra loro ma profondamente unite da un forte stato d’animo comune.
Il coro delle mogli viene gestito dalle due protagoniste, Kate e Lisa, due personaggi agli antipodi, con le proprie sfumature da svelare in corso d’opera. Kate è la moglie di un Colonnello, pignola ed autoritaria quasi avesse il grado del consorte, cerca di nascondere il dolore per la morte del figlio (anche lui soldato, caduto in guerra). Lisa è più genuina e alla mano, meno entusiasta di certe attività, non sopporta l’ennesima partenza del marito che indirettamente la porta ad avere un rapporto conflittuale con la figlia adolescente.
La relazione tra le due donne è uno degli argomenti principali, nasce male e sembra evolversi peggio fino ad una sorta di avvicinamento che invece porta ad uno scontro durissimo, in cui volano offese così terribili da far provare imbarazzo perfino allo spettatore; un faccia a faccia che, invece, sarà il preludio ad un chiarimento finale rigenerante per entrambe.
Nei panni di Kate e Lisa troviamo, rispettivamente, Kristin Scott Thomas e Sharon Horgan, davvero brave e spontanee in due ruoli così distanti tra loro. Le due attrici sono circondate da un cast di supporto quasi interamente femminile che si rivela assolutamente affidabile, tante piccole parti per tanti volti differenti, ognuno con la propria personalità, la propria estrazione sociale, il proprio carattere. Con loro Jason Flemyng e Greg Wise in rappresentanza della categoria maschile.
Se da un lato il film ha un certo intento patriottico nel voler omaggiare quelle mogli che affrontano la loro guerra per amore dei consorti al servizio del paese, da un altro ci si può riscontrare una vena antimilitarista. Se non bastasse lo stato d’animo e la vita sacrificata delle military wives del titolo originale, molto più efficace di quello italiano, lo script costruisce il suo lato più triste e doloroso sul lutto. Una delle donne riceve la notizia della morte del marito sul campo di battaglia, un evento già toccante di suo che si abbina al dolore di Kate che suo malgrado si trova a rivivere il proprio sconforto per una perdita mai superata come quella del figlio. Un monito che ci ricorda, semmai ce ne fosse bisogno, la stupidità della guerra ed il male che ne consegue.
Ed è in questo frangente che il coro assume i connotati della svolta. La genesi e la sua lenta costruzione erano serviti per veicolare i momenti più leggeri, farci conoscere meglio le partecipanti, strapparci qualche sorriso, culminati con una dolcissima versione corale di Time After Time di Cyndi Lauper ma anche con una prima volta in pubblico che si rivela disastrosa. La morte del marito di Sarah porta naturale scoramento nel gruppo che in segno di rispetto è sul punto abbandonare tutto, sarà proprio la vedova a spronare le amiche prima chiedendo loro di cantare un’Ave Maria estremamente toccante al funerale del marito, poi di non mollare tutto a pochi centimetri dal traguardo. Un traguardo rappresentato nientemeno che da un’esibizione alla Royal Albert Hall in occasione del Remembrance Day. Occasione in cui il gruppo di donne presenta un emozionante inedito il cui testo comprende frasi delle lettere d’amore scambiate con i propri cari.
Lisa cita Rocky per caricare le ragazze – e fare breccia anche su quelli con la scorza più dura come me. Ed è emblematico che Kate raggiunga le compagne a bordo della vecchia Punto malandata del figlio, è per lui che decide di cantare ed è come se lui la accompagnasse all’esibizione, ricordato poi in una strofa carica d’emozione.
La musica senz’altro non può essere la soluzione a certi drammi, ma può rappresentare un esempio di stimolo a cui aggrapparsi per andare avanti. Da questo punto di vista, un messaggio curiosamente simile a quello di Tornare a vincere (uscito proprio in questi giorni) diverso come struttura ma con lo stesso invito finale ad attaccarsi a qualcosa e non mollare.
Il film si chiude con una coinvolgente versione corale di We Are Family delle Sister Sledge che accompagna un collage di immagini di tantissimi cori delle mogli provenienti da basi sparse in tutto il mondo, tra cui anche la nostra Napoli. Ricordandoci il loro motto: stronger together.
Francesco Chello
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