L’accusa, la recensione

L’accusa (Les choses humaines), diretto da Yvan Attal e basato sull’omonimo romanzo di Karin Tuil, è stato presentato nella selezione ufficiale del Festival di Venezia e segue le vicende di Alexandre Fael studente modello, figlio di Jean, opinionista francese, e Claire, una saggista femminista. Quando Alexandre ritorna a Parigi dall’America per fare visita ai propri genitori, durante una cena conosce Mila, la giovane figlia del nuovo compagno di sua  madre. Dopo la cena, Alexandre porta la giovane Mila a una festa. Il giorno dopo la ragazza denuncia Alexandre per stupro, ma qui sorgono i primi dubbi e le prime preoccupazioni: l’ha veramente violentata? La denuncia è solo un modo per vendicarsi nei confronti della madre del ragazzo che ha distrutto il precedente matrimonio del padre? Le accuse vanno a mettere subito in crisi la situazione della famiglia di Alexandre che si ritrova all’improvviso a doversi non solo confrontare con la giustizia ma con sé stessi e le proprie contraddizioni.

Il lavoro che Attal svolge su alcuni temi dell’attualità è molto interessante: la figura della madre di Alexandre, intellettuale femminista, nel momento in cui sarà il proprio figlio accusato di essere uno stupratore inizierà a cambiare completamente i propri atteggiamenti innescando una serie di contraddizioni. Ciò però non salva la sceneggiatura che si presenta estremamente diluita e con dei personaggi prismatici ma non prismatici, insomma non alla Orson Welles dove Charles Foster Kane di Quarto Potere era un personaggio ambiguo e impossibile da decifrare. Qui l’indecifrabilità dei personaggi dipende unicamente dal fatto che sono scritti male e in maniera grossolana.

L'accusa

L’accusa, però, non è solo problematico da un punto di vista strutturale e pieno di inutili lungaggini, un ulteriore problema risiede nella regia del tutto insignificante. Quello che Attal cerca di fare con questo film è il gioco del narratore oggettivo, una regia silenziosa quasi d’osservazione che però fallisce miseramente restituendoci un film che vorrebbe essere imparziale ma risulta solo “cattivo”. Nel suo volersi presentare al di sopra delle parti, il film di Attal risulta estremamente goffo andando ad inciampare in una serie di lentezze e lungaggini estremamente superflue e fini a sé stesse.

L'accusa

Il film è soprattutto ideologicamente sbagliato, il regista cerca di puntare attraverso lo stratagemma dell’osservazione oggettiva sull’analisi del fatto così com’è, il puro atto sessuale, escludendo l’influenza di ogni fattore esterno e ignorando fino all’ultimo le emozioni e le sensazioni della vittima. Da tutto questo ne risulta un goffo ritratto dell’attualità post #metoo in cui spesso si è dibattuto animatamente delle responsabilità della vittima e di quelle del carnefice. Il problema di questo film è il tentativo di Attal di essere parziale all’interno della pellicola che fallisce miseramente: non si ha mai la sensazione di osservare gli avvenimenti da esterni, ma anzi il regista sembra tendere troppo verso un giustificazionismo nei confronti di Alexandre.

L'accusa

Quello che vorrebbe essere il punto di forza del film non riesce proprio ad attecchire e a svilupparsi pienamente, senza dubbio è interessante l’idea di ricostruire entrambi i punti di vista come suggeriscono le didascalie “Lui” e “Lei” a inizio delle rispettive narrazioni, ma è un tentativo che poi va a perdersi a causa di una regia inconsistente. Interessanti gli spunti di riflessione che la pellicola suggerisce attraverso gli atteggiamenti contraddittori della famiglia di Alexandre, quasi a voler scardinare certe ipocrisie; peccato che poi questi vengano affrontati in un modo che dire disarmante è un eufemismo.

L'accusa

Superficiale, goffo e immotivatamente lungo, Yvan Attal firma un film non solo spento e dimenticabile, ma si tratta di un film che sceglie come vena stilistica la neutralità di fronte all’ingiustizia, passando irrimediabilmente dalla parte del carnefice. Siamo di fronte a uno dei livelli più bassi di rappresentazione della violenza sessuale sul grande schermo: Attal vorrebbe gestire una vicenda alla Farhadi senza averne il talento tantomeno la sensibilità. Un disastro su tutti i fronti.

Emanuele Colombo

PRO CONTRO
●     Seppur deboli, ci sono degli interessanti spunti di riflessione.

●     Questo film è un perfetto esempio cinematografico da non seguire.

●     Il film è il tentativo maldestro di giustificare le circostanze ambigue per cui un rapporto sessuale sia o meno violenza.

●     Scritto male e diretto peggio.

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Valutazione: 2.0/10 (su un totale di 1 voto)
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L'accusa, la recensione, 2.0 out of 10 based on 1 rating

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