Left Behind – La Profezia, la recensione

Tornata a casa per festeggiare il compleanno del padre Rayford, Chloe scopre che quest’ultimo, pilota di volo, è stato chiamato per un’emergenza al lavoro e non potrà essere presente.

Consapevole che il rapporto tra i genitori è entrato in crisi in seguito a un ossessivo avvicinamento della madre alla religione, la ragazza decide di aspettare il padre in aeroporto prima della partenza per avere un confronto con lui. In questa occasione deduce che questi ha un flirt con una delle hostess. Fa inoltre conoscenza con Buck, un giovane e famoso reporter che deve partire con lo stesso volo del padre.

A circa tre ore dal decollo milioni di persone in tutto il mondo, compresi alcuni passeggeri dell’aereo, scompaiono contemporaneamente e inspiegabilmente, lasciando gli altri nel caos e nella disperazione.

Tratto dall’omonima serie di sedici romanzi scritta da Tim LaHaye e Jarry B. Jankins ispirati alle profezie escatologiche bibliche, Left Behind La profezia non è il primo tentativo di adattamento dalla saga. Nel 2000 infatti usciva il poco noto Prima dell’Apocalisse (Left Behind) per la regia di Vic Sarin la cui trama, pur mantenendo l’idea di base delle persone scomparse secondo la profezia biblica, differisce profondamente dal film di Vic Armstrong e dai romanzi.

Una forte similitudine si ravvisa anche con la serie televisiva dell’HBO, The Leftovers, tratta invece dall’omonimo romanzo Svaniti nel nulla (The Leftovers) di Tom Perrotta che prende ispirazione dalle medesime profezie legate all’Apocalisse.

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Una cosa da cui è importante mettere in guardia lo spettatore prima della visione è il goffo tentativo della distribuzione di promuoverlo come un film si con richiami mistici, ma fondamentalmente d’azione adatto ad un pomeriggio “birra e popcorn”. Se quello che cercate sono un paio d’ore di intrattenimento e adrenalina probabilmente non è quello che fa per voi.

Primo capitolo – purtroppo – di una trilogia, dopo quasi due ore Left Behind ti lascia con un nulla di fatto se non la consapevolezza che le cose stanno esattamente come immaginavi fin dall’inizio.

Un film complessivamente poco riuscito le cui carenze principali sono il ritmo, terribilmente lento, e la povertà di una trama già integralmente (e ci tengo a sottolineare integralmente) spiegata nel trailer.

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A questo si somma la quasi totale assenza di approfondimento psicologico dei personaggi che, con l’esclusione di Rayford, non riescono a catturare l’interesse e a coinvolgere empaticamente lo spettatore nemmeno nei momenti più drammatici.

In un film che (stando alle premesse) avrebbe dovuto costruire il suo successo su sottili sfumature di detto-non detto, concedendo allo spettatore per un po’ almeno il beneficio del dubbio in merito alla natura della scomparsa, di colpo tutto il mondo sembra popolato da esperti teologi. Sparizione, panico, presa di coscienza dell’Apocalisse imminente e accettazione, a bordo dell’aereo avvengono nel tempo record di 40 minuti (o poco più) su 110 di durata totale.

In tutto questo, come anticipato, i personaggi, protagonisti e non, sono una carrellata di macchiette che comprendono “il ragazzo musulmano mediorientale” subito accusato di attentato dal “nano rude e complessato per l’altezza” e la coppia di anziani dolci e gentili anche se un po’ persi nel loro mondo.

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La famiglia di Chloe e le problematiche nei rapporti tra i suoi componenti in relazione alla recente conversione della madre, che sarebbero stati spiegabili nell’arco di un quarto d’ora, si protraggono all’esasperazione (rimanendo anche in parte non chiarite) contribuendo ad appesantire la visione e causando in più occasioni vere e proprie “ripetizioni” di concetti di cui lo spettatore era già stato messo a parte precedentemente.

La regia anche se funzionale risulta a tratti un po’ legnosa, riuscendo a riscattarsi solo nella parte finale dove l’azione incalza durante alcune manovre estreme che coinvolgono l’aereo.

Sul piano recitativo si registra calma piatta, con performance senza infamia e senza lode. La sensazione è che tutto sia trascinato in basso da una scrittura che rimane sempre scadente con dialoghi a tratti al limite del ridicolo, una menzione speciale in tal senso va alla telefonata nella parte finale tra Chloe e il padre.

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Unico barlume di luce (non l’avrei mai creduto possibile) un Nicolas Cage credibile, “in forma” che per buona parte del film risulta l’unica cosa veramente degna di nota.

Rayford, che in un primo momento ci viene presentato come il mascalzone di turno pronto a tradire la moglie alla prima difficoltà, si rivela l’unico personaggio con più di livelli di lettura e per il quale lo spettatore medio arriva – a tratti – a simpatizzare.

Non basta tuttavia da solo a salvare una situazione che più che disperata è il caso di definire apocalittica. Tutto quanto vale la pena sapere di Left Behind potete trovarlo nel titolo.

Susanna Norbiato

PRO CONTRO
  • Apprezzi Nicolas Cage.
  • La scena d’impatto della sparizione del fratellino di Chloe.
  • Buona la costruzione della sequenza finale con l’aereo.
  • La sceneggiatura inconsistente e inconcludente, con dialoghi ripetitivi e banali.
  • Il ritmo lento… lento.
  • I personaggi stereotipati.
  • L’evidente intenzione seria dietro un soggetto adatto ad un film della The Asylum (ma di quelli usciti male).
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Left Behind - La Profezia, la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

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