Leprechaun, la recensione

Dan torna dall’Irlanda con un’immensa fortuna che si traduce in un sacchetto di antiche monete d’oro rubate a un Leprecano, un folletto malefico gelosissimo dei suoi averi. L’uomo, però, ha dovuto portare con se il mostriciattolo, rinchiudendolo in una valigia, con l’intenzione di imprigionarlo per sempre. La moglie di Dan, però, apre la valigia e libera il Leprecano che uccide la donna prima di essere stato nuovamente intrappolato in una cassa dall’uomo, che però viene colto da infarto prima di poter dar fuoco alla diabolica creatura. Alcuni anni dopo, Tory e suo padre acquistano la casa di Dan e vi si trasferiscono. Accidentalmente il Leprecano viene liberato dalla sua prigione di legno e si mette alla ricerca del suo oro, a costo di uccidere chiunque si metta sulla sua strada.

Il Leprecano è uno dei più famosi esponenti del folclore irlandese, una creatura connessa alla fertilità della terra che la tradizione ci ha raffigurato come un folletto vestito di verde e con barba e capelli rossicci (proprio i colori dell’Irlanda!). Diventando una vera e propria mascotte della sua patria, il Leprecano è stato spesso rappresentato come un simpatico esserino particolarmente dispettoso, solo che originariamente la sua caratteristica primaria era l’essere “maligno”: i leprecani, infatti, erano temuti dagli uomini, soggetti prediletti dei loro dispetti, che spesso si traducevano in azioni dolose come incendi e siccità.

Leprechaun

Tra le innumerevoli storie che vedono al centro il Leprecano c’è la nota leggenda della pentola d’oro, di cui proprio i folletti sarebbero i custodi e che viene nascosta nel punto in cui termina l’arcobaleno; la leggenda dice che chiunque riesca a catturare un Leprecano ha diritto a sapere dove si nasconda il suo oro in cambio della sua successiva liberazione.

Partendo da questo mito e dalla rispettiva iconografia, il regista e sceneggiatore Mark Jones nel 1993 ha trasformato questo folletto in un boogeyman da film horror, rendendolo protagonista di Leprechaun e fornendolo di tutte le caratteristiche necessarie a farlo diventare un’icona del genere. E infatti il Leprecano un’icona lo è diventato davvero, dando origine a una saga horror che annovera fino ad oggi 8 film.

Leprechaun

Il perché di tale successo però rimane piuttosto oscuro e si può far risalire esclusivamente all’indubbio carisma di cui è fornito il personaggio, ottimamente impersonato dal caratterista Warwick Davis (Willow; la saga di Harry Potter). Per il resto Leprechaun è un film men che mediocre, un’opera spesso sciocca e visivamente poco attraente.

Il maggior difetto di cui si fa portatore l’opera prima di Mark Jones è l’indecisione su quale strada prendere: fiaba macabra per ragazzi o horror tout court? Il risultato è un film troppo infantile per un adulto e decisamente troppo macabro e violento per un ragazzino, dimostrandosi un ibrido poco convinto e poco convincente. Scene horror pregne di ironia come quella in cui il folletto accecato dalla protagonista si dota di un nuovo occhio sono sicuramente graditissime allo spettatore di film del terrore, ma i troppi siparietti pseudo-comici che vedono il mostriciattolo guidare automobiline o sbeffeggiarsi delle sue vittime facendo evoluzioni con lo skateboard sono davvero tristi e per nulla divertenti.

Leprechaun

La stessa scelta dei personaggi che affollano questo film è davvero discutibile e scriteriata. Se la protagonista – interpretata da una giovane Jennifer Aniston alle prime armi – è comunque abbastanza convenzionale, giocando su un carattere da ragazza di città a disagio con le “scomodità” di una casa di campagna, i comprimari sono davvero poco credibili e ridicoli. Il macho Ken Olandt (Pesce d’aprile; Lezioni d’estate) con camicia strappata alla incredibile Hulk e bicipiti sempre in bella vista risulta involontariamente ridicolo; che dire poi della scelta di dare ampio spazio al minorato mentale Ozzie (MarkGacyOlton) e il bambino saputello suo amico Alex (RobertA volte ritornanoGorman)? In fin dei conti i veri protagonisti positivi della vicenda sono loro e se è chiesto allo spettatore di immedesimarsi in questi personaggi per far emergere il lato infantile che risiede in ognuno di noi, allora l’intento del regista/sceneggiatore si fa sempre più frastagliato e meno condivisibile.

Leprechaun

Blanda e molto televisiva la regia dell’allora esordiente Mark Jones, uno sceneggiatore televisivo (soprattutto di cartoni animati) che poi proseguirà il suo contributo alla saga del Leprecano occupandosi dello script di tutti i capitoli successivi fino al sesto. Nel 1995, Jones tenterà di replicare il colpaccio con Rumpelstiltskin, horror con elfo malvagio di derivazione grimmiana (in Italia conosciuto come Tremotino), ma con successo decisamente poco allettante.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ha dato vita a un’icona horror a suo modo geniale.
  • Alcune scene di macabra ironia.
  • È decisamente scemo, spesso al limite del sopportabile.
  • Indeciso su cosa essere: fiaba macabra per ragazzini o horror per adulti? I sequel addrizzeranno il tiro propendendo per la seconda soluzione.
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