L’uomo col cilindro, la recensione

Per incassare un premio di tremila euro, le fotografe amatoriali Natalie e Rosa scelgono la location di Villa Rosa come set per i loro scatti. Ma Villa Rosa porta con se un alone di mistero, in quanto, in passato, teatro di misteriose sparizioni di bambini. La gita delle due ragazze si trasforma, pian piano, in una discesa nell’inquietudine, soprattutto considerando che un misterioso individuo col cilindro si aggira per le spettrali stanze dell’edificio diroccato.

Dopo il pregevole mediometraggio Il passaggio segreto (di cui vi abbiamo parlato qui), il giovane regista sipontino Stefano Simone continua a percorrere strade lastricate di mistero e suggestioni soprannaturali con L’uomo col cilindro. Infatti, scopriamo dalle stesse parole dell’autore che ci troviamo nel bel mezzo di una “trilogia del mistero” che si concluderà a breve con una terza opera che dovrebbe tornare a parlare il linguaggio del mediometraggio. A legare idealmente Il passaggio segreto e L’uomo col cilindro c’è anche la scelta di richiamare Natalie La Torre e Rosa Fariello nei ruoli di protagoniste, come se si trattassero degli stessi personaggi che attraversano idealmente due diverse linee narrative. Inoltre, entrambi i film sono fortemente radicati nel territorio e trovano la loro forza nell’esaltazione delle location rurali inquadrando l’orrore da una prospettiva inusuale, quella della Puglia assolata, nei grandi spazi naturali, solitamente legati a suggestioni ben lontane dall’inquietudine.

L'uomo col cilindro

Il punto di forza de L’uomo col cilindro è rappresentato proprio dagli spazi, da come sono gestiti dalla m.d.p. di Stefano Simone e come sono fotografati dal suo stesso obiettivo. Il sole che batte sulla ferrovia, sulla pelle abbronzata delle attrici protagoniste, così come gli uliveti che si estendono attorno alla location principale; poi la stessa Villa Rosa, che da fuori ci appare come un edificio gotico, con stanze enormi, vuote, scalinate pericolanti, graffiti che ricoprono gran parte delle pareti. I luoghi sono inusuali per il tipo di film che stiamo guardando e se da una parte le atmosfere rurali e gli spazi aperti erano stati caratteristici anche di alcuni capolavori di Lucio Fulci e Pupi Avati, paradossalmente in L’uomo col cilindro troviamo anche suggestioni ricavate da Clive Barker e dal suo Candyman, come l’ossessione, la ricerca di prove che testimonino un orrore antropologico, l’incursione del decoro urbano all’interno di contesti estranei ed eleganti che si trasformano così in degradati ma affascinanti.

L'uomo col cilindro

Se visivamente L’uomo col cilindro funziona benissimo, risultando tranquillamente l’opera tecnicamente più matura nella filmografia di Stefano Simone, non possiamo dire la stessa cosa dell’impianto narrativo. Partendo da una premessa molto interessante, che si fa forte di un prologo suggestivo che promette incubi infantili di craveniana memoria, L’uomo col cilindro si adagia presto su una dinamica narrativa troppo statica dando la sensazione che in parte giri a vuoto. A tal proposito sarebbe stato utile o diminuire il minutaggio (anche se il film è già abbastanza breve, toccando appena l’ora e venti di durata) e fare un ulteriore mediometraggio o impolpare la vicenda con altri eventi, magari una backstory capace di movimentare l’azione.

La stessa figura dell’Uomo col cilindro non emerge più di tanto e non raggiunge quell’iconicità da boogeyman a cui avrebbe potuto aspirare dalle sue rare comparsate.

L'uomo col cilindro

Rosa Fariello e Natalie La Torre, che con Stefano Simone avevano lavorato rispettivamente anche in Cattive storie di provincia e L’accordo, mostrano una buona volontà e un’ottima presenza scenica risultando molto funzionali alla storia e capaci di reggere sulle proprie spalle l’intero film. Come sempre, incisive le musiche di Luca Auriemma che, in questo caso, contribuiscono a creare un’atmosfera straniante e misteriosa.

Sicuramente L’uomo col cilindro, che a febbraio approderà in home video con Multivision Pictures, rappresenta un importante punto di svolta nella filmografia di Stefano Simone e seppur presenti qualche incertezza a livello narrativo è quel film capace di far fare al regista quel salto di qualità che a questo punto serviva.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
Ottime location e belle atmosfere. Gli manca quel respiro narrativo tale da renderlo avvincente.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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L'uomo col cilindro, la recensione, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

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