Made in Italy, la recensione

Luciano Ligabue torna al cinema: lo fa dopo sedici anni da Da Zero a Dieci e a venti da Radiofreccia, esordio folgorante, riconosciuto con David di Donatello e Nastri d’Argento. All’epoca c’era Stefano Accorsi nel ruolo di Freccia, tossico-dipendente in cerca del suo posto nel mondo. Ora c’è ancora l’attore bolognese e interpreta una sorta di Freccia cresciuto. Con famiglia e figli ma sempre con i disagi esistenziali che gli pressano il petto. Trasformando sorrisi in smorfie ed esplosioni di aggressività.

Nello specifico, la trama di Made in Italy ci catapulta nella vita di Riko, operaio quarantenne a Reggio Emilia che ha una moglie bella e operosa (Kasia Smutniak) e un figlio simpatico (Tobia De Angelis) alle porte dell’età adulta. Ci sono poi i suoi amici: Carnevale (Fausto Maria Sciarappa), Max (Walter Leonardi), una casa che dovrebbe vendere ma non vuole. D’improvviso il lavoro, i sentimenti, la coppia… tutto sembra venir mangiato dal male sociale d’oggi: la precarietà.

Si inizia in grande stile con dei titoli di testa che certamente impressioneranno e poi Made in Italy comincia il percorso in un raggio tra centro e periferia. La storia di Riko è un microcosmo di problemi sociali dell’italiano medio, di età e censo. Il precariato lavorativo e sentimentale, dolori che collimano e deflagrano, generando in chi ne soffre crisi identitarie. Perché non si tratta solo di “portare lo stipendio a casa” ma di essere utile per sé e per gli altri. Di sentire di avere un posto nel mondo: quello reale e quello sentimentale.

Luciano Ligabue ha certamente una dote evidente: prima di essere un bravo musicista è un profondo narratore. Sa trovare gli spiragli umani in uomini e donne, nelle città, soprattutto di periferia, in “certe notti” dove si festeggia agli autogrill. “Tutte queste vite qui, qui nel Made in Italy” canta nel concept album che poi ha dato il La a questo concept film. Vite e significati: gli amici, i lutti, le gioie, i problemi, la nostalgia per un paese che non offre opportunità eppure lo si continua ad amare.

Il sentimento d’amore e rabbia, costante nella produzione del Liga, trabocca in Made in Italy. Tal impianto poetico rende il terzo lungometraggio del rocker di Correggio tremendamente sincero: mai artefatto, sempre diretto. Con concetti anche interessanti: non perdetevi il monologo sulla “Legge del Furiere”. Se il battito del cuore di questa storia è lampante e genuino, i problemi cominciano quando tutto ciò deve essere tradotto in Cinema.

Il Liga, che ci aveva sorpreso con il bel Radiofreccia, un gioiello in anni non particolarmente folgoranti per il nostro cinema, non ha la stessa sorte invece con Made in Italy. Dicevamo che è una pellicola mai artefatta ma anche quasi mai compatta. Il racconto procede in modo disorganico: tanti, troppi, i monologhi e poi, di mal contrasto, momenti estremamente veloci, fagocitati dalle canzoni di Ligabue stesso. Inserti, ripetuti, di non richiesti videoclip, incapsulati nel film, che non donano niente di originale ma piuttosto una stravagante sensazione di voler velocizzare i tempi della storia.

Manca poi un lavoro musicale più strutturato oltre i chiari rimandi ai pezzi dell’album padre della pellicola, pecca che da un musicista e rocker del genere non ci si aspetta. Il paragone con Radiofreccia, che aveva una splendida colonna sonora sia edita (Bowie, Lynyrd Skynyrd, Al Stewart, Iggy Pop, Lou Reed) che inedita, purtroppo ritorna inesorabile, sovrastante, e adombra la parte musicale, appena sufficiente, di Made in Italy. Sul fronte recitativo spicca invece Kasia Smutniak più misurata e coinvolta del partner artistico Accorsi, talvolta troppo sopra le righe.

Made in Italy, concept film da un concept album, allarga il discorso di Ligabue sul Belpaese già cominciato con Buonanotte all’Italia e proseguito con Il sale della Terra, Il muro del suono e ovviamente questo dittico di album e film. Ma la nuova tappa cinematografica del Liga ha un bel inizio, un finale emozionante ma non suona bene nel mezzo. Squilibrata tra le belle premesse e una mancata e piena realizzazione cinematografica.

Luca Marra

PRO CONTRO
  • Il soggetto.
  • Il sentimento.
  • Il lavoro di Kasia Smutniak.
  • La sceneggiatura troppo sbilanciata.
  • I momenti da videoclip.
  • Una struttura musicale troppo sufficiente considerato il profilo del regista.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Made in Italy, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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