Nymphomaniac Vol. II, la recensione

Si concludeva in maniera beffardamente drammatica il Vol. 1 della gargantuesca epopea erotica messa in scena dal genio e sregolatezza Lars Von Trier, con la giovane Joe, interpretata dalla deliziosa Stacy Martin, che si rendeva conto della sua desensibilizzazione al piacere. Poi, sulle note quasi ossimoriche dei Rammstein, c’era qualche assaggio dei Vol. 2 scorrere affiancato ai titoli di coda, anticipando il brusco cambiamento di tono che la seconda parte di Nymphomaniac avrebbe subito.  Promessa mantenuta e al suo secondo atto l’affresco erotico/drammatico di Von Trier si tinge di nero, si fa più cupo, disperato e ossessivo, mantenendo fede agli ultimi istanti di disperazione del film precedente.

È quasi naturale pensare a Tarantino e al suo ormai iconico Kill Bill, che in quei due volumi riusciva a concentrare un’Odissea e riusciva a cambiar tono e quasi stile in maniera del tutto naturale da una tranche all’altra. La coerente compiutezza pop di Kill Bill, ahinoi, è lontana e seppur Von Trier giochi con lo spettatore forse in maniera più palese che in passato, abbracciando spesso e volentieri proprio quell’immaginario popolare (solo un po’ più “alto”, però), il suo Nymphomaniac ondeggia tra alti e bassi con pericolosa noncuranza.

La bellissima e spudorata rappresentazione della sessualità femminile (vista dagli occhi di un uomo) che era nel primo volume, stavolta cede il passo allo stile lento e forse anche un po’ tedioso che ha caratterizzato molte delle opere precedenti di Von Trier, con eccessi di autorialità ermetica che non faticano a scivolare nel ridicolo involontario. E così tanto affascinante, divertente e trasgressivo era Nymphomaniac – Vol. I, altrettanto incerto e lacunoso è Nymphomaniac – Vol. II.

Joe si concede un threesome interraziale

Joe si concede un threesome interraziale

Ai cinque capitoli che caratterizzavo la tranche precedente, ne vengono qui alternati solo tre, con una durata complessiva di almeno un quarto d’ora in più. I tre capitoli – che sono La Chiesa d’Oriente e l’Occidente (L’anatra silenziosa), Lo Specchio e La Pistola – hanno durate e utilità narrative differenti, nonché toni che scivolano dal drammatico al noir con molta nonchalance.

Con un passaggio di testimone improvviso e volutamente innaturale, questo volume 2 ci mostra la crescita fisica di Joe da un frame all’altro, da Stacy Martin a Charlotte Gainsbourg, che diventa quindi protagonista assoluta del presente così come del passato. Il primo capitolo, che è il più lungo e inutilmente ridondante, ci mostra il cammino nella perversione sessuale della protagonista, che cerca il un soddisfacimento alle sue voglie sessuali dopo lo stato di assuefazione che l’ha resa insensibile al piacere. Si inizia con lo sperimentare un threesome interraziale con doppia penetrazione da parte di due africani che non parlano la stessa lingua della protagonista. La forza del sesso va oltre la capacità di comprendere la parola e per comunicare bastano le intenzioni, ma per Joe questo non è un successo e quella che è una delle scene più spinte di questo secondo volume si trasforma ben presto in un siparietto grottesco che fa sentire la navigata “ninfomane” imbarazzante e impacciata. Si va, dunque, su un gradino più in alto e cogliendo la similitudine che conduce dalla Chiesa d’Oriente a quella d’Occidente, secondo cui dalla prima si può intuire un senso di gioia e dalla seconda la sofferenza, Joe segue il percorso del dolore sperimentando il masochismo. Lunghe ed estenuanti sedute dal sadico Jamie Bell, esperto in bondage e spanking, che mettono in crisi il rapporto di Joe con Jerome e danno modo a Von Trier di autocitarsi (Antichrist) in maniera così gratuita e spudorata da far sorridere.

Il sadico Jamie Bell si prepara alla seduta con la sua paziente

Il sadico Jamie Bell si prepara alla seduta con la sua paziente

Capitolo tedioso, troppo lungo nel mostrare con un certo compiacimento – ma qui risiede una sua perversa efficacia – la discesa negli “inferi” di Joe, da cui però si percepisce un’inutile perdersi nella ripetitività, smorzata solo quando Joe spiega a Seligman (dunque allo spettatore) il significato del sottotitolo di questo capitolo, L’anatra silenziosa, che chiude con ironia da caserma il segmento.

Il secondo capitolo, Lo specchio, è il più breve e ci mostra il tentativo di Joe di uscire dalla sua dipendenza tramite sedute di gruppo che hanno il sapore della barzelletta… e di fatto lo sono. L’immagine che Joe cerca di se stessa, la perfezione ambita e inculcata dalla società, è uno specchio deformante in cui la protagonista riflette le sue colpe ed è solo grazie ad esse, specchiandosi al suo interno, che comprende la sua fiera natura. Solo una parantesi, in realtà piuttosto superflua all’economia narrativa e al processo psicologico che compie la protagonista, che ci porta all’ultimo capitolo, il migliore, La Pistola.

Si sconfina repentinamente nel cinema di genere e Nymphomaniac abbandona la pruriginosità da dramma da camera per trasformarsi in un noir in stile Cronenberg ultima maniera. I momenti più azzeccati di Nymphomaniac – Vol. II sono quasi tutti qui, dalla fantastica scena della persuasione di Joe ai danni di un debitore dalle fantasie pedofile, al gioco della maestra con l’allieva interpretata da Mia Goth, con conseguente rapporto saffico mature/young tra le due.

L’epilogo, che ci riporta ovviamente dove tutto è iniziato, ovvero in quel vicolo toccato dalla neve e all’incontro con Seligman, fa quadrare perfettamente il cerchio, con una chiusura così beffarda che tocca l’ironia sublime e farà arrabbiare e/o intristire più di uno spettatore.

Joe e la sua allieva P, interpretata da Mia Goth

Joe e la sua allieva P, interpretata da Mia Goth

Nymphomaniac giunge così al termine, con un Volume 1 ricco di idee e voglia di sperimentare e un Volume 2 in cui le idee sembrano esaurite e Von Trier torna a lasciare la sua firma più autoriale. Picchi di ironia involontaria, con apparizioni erotiche/eretiche di santi in stile fantozziano, si alternano a momenti di ironia gustosamente geniale come la sfida del cucchiaino nella vagina; eccessi di zelo nel capitolo sull’Anatra silenziosa si alternano alle azzeccate quanto intruse derive thriller nel finale. Nympomaniac – Vol. II è discontinuo, ma fa parte di un’opera complessiva affascinante e sicuramente capace di lasciare il segno in positivo.

Se il Volume 1 è da 8 pieno, questo Volume 2 è da 6 +, così che Nymphomaniac nel suo insieme possa aggiudicarsi un 7 abbondante. Almeno fino a quando non avremo visto l’opera omnia come è stata pensata inizialmente dal suo autore, cinque ore e mezza comprensiva si scene hard.

Tutto è ancora in discussione, così come quel nero che apre e chiude Nymphomaniac.

Roberto Giacomelli 

PRO CONTRO
  • Alcune intuizioni narrative sono geniali e alcune scene lasciano davvero il segno.
  • Charlotte Gainsbourg è bravissima e perfettamente immedesimata nel ruolo.
  • Nel suo complesso NYmphomaniac è un’opera affascinante e maestosa.
  • Discontinuo.
  • Le idee migliori sono quasi tutte nel Volume 1.
  • Tendenza all’ironia involontaria.
  • Inutilmente tirato per le lunghe.

Se vuoi leggere la recensione di Nymphomaniac – Vol. I clicca qui.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Nymphomaniac Vol. II, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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