Ouija: L’origine del Male, la recensione

Sicuramente ognuno di noi ha sentito parlare delle tavolette ouija, sottili lastre di cartoncino o legno su cui sono incise le lettere dell’alfabeto, il “si” e il “no” e la parola “addio”, sempre corredata da una planchette che possa scorrere sotto il movimento delle mani di chi la usa. Le regole sono semplici: mai giocare da soli, mai giocare in un cimitero e ricordarsi sempre di dire “addio” alla fine della sezione di gioco. Già, gioco, perché le tavolette ouija sono un marchio registrato Hasbro, uno dei colossi mondiali in produzione di giocattoli. Ma non bisogna tralasciare un particolare: la tavoletta ouija nasce per comunicare con le anime dei defunti.

Un argomento che ha più volte ispirato il cinema horror, come per la trilogia di Spiritika, iniziata nel 1986 da Kevin Tenney, o nel poco noto Long Time Dead (2002), fino ad arriva a Ouija (2014), che si pone come film ufficiale dal gioco Hasbro, prodotto dalla Platinum Dunes di Michael Bay e dalla Blumhouse di Jason Blum. Il buon successo di pubblico riscosso dal film del 2014 ha fatto sì che entrasse subito in produzione un sequel, che ben presto si è trasformato in un prequel, Ouija: L’origine del male, diretto dal nuovo guru del cinema horror a basso costo Mike Flanagan.

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Los Angeles, 1965. La vedova Zander sbarca il lunario organizzando false sedute spiritiche e per far ciò utilizza anche le sue figlie, che la aiutano a mettere in scena efficaci apparizioni spettrali. Dopo aver sorpreso sua figlia Lina a giocare con una tavoletta ouija, la donna decide di introdurre anche questo “trucco” nella sua attività ma la figlia più piccola, Doris, sembra riuscire realmente a mettersi in contatto con un’entità ultraterrena grazie alla tavoletta. Inizialmente convinta di comunicare con il suo papà, la bambina ha in realtà intercettato uno spirito maligno che le trasformerà l’esistenza in un inferno!

Spogliatosi dalle vesti del tardivo teen-movie soprannaturale, genere a cui apparteneva il primo Ouija, questo prequel soffre in maniera prepotente di déjà-vu perché cerca di far propria la lezione impartita in questi anni dal buon James Wan senza, però, che Mike Flanagan ne abbia le capacità narrative e stilistiche. Ouija: L’origine del Male, infatti, più che al diretto predecessore, somiglia in maniera imbarazzante alla saga di Insidious con corposi sprazzi da The Conjuring. Insomma il meglio della recente cinematografia horror dedicata a spettri, demoni e possessioni, senza l’eleganza e il sottile senso di inquietudine dei suddetti titoli.

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Il prolifico Mike Flanagan, già artefice di Oculus – Il riflesso del Male e Somnia, dirige così il suo primo film dichiaratamente su commissione e conferma di essere un buon mestierante, soprattutto per quanto riguarda la cura tecnica (è suo anche il montaggio), ma un po’ carente nella gestione della tensione. O meglio, la tensione è discretamente costruita con i classici espedienti del genere, ma ogni scena che dovrebbe generare spavento si conclude sempre in un nulla di fatto con dei clamorosi anticlimax che si estinguono con timidi “BU!”. Inoltre, colpa decisamente grave per un film di Halloween, Ouija: L’origine del Male è piuttosto noioso perché carente di ritmo: molte chiacchiere, una tendenza a temporeggiare per arrivare ai canonici 90 minuti e troppe scene orrorifiche affidate all’abusato espediente della bocca che si dilata in maniera innaturale… espediente che – diciamocelo chiaramente – non ha mai fatto né paura né ribrezzo.

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Si lasciano apprezzare le buone performance del cast, in particolare Annalise Basso (Oculus, Captain Fantastic) e Elizabeth Reaser (The Twilight Saga), un buon utilizzo della fotografia, la musica dei The Newton Brothers, che però sembra rifare il verso a quella di Joseph Bishara, e qualche apparizione spettrale con demòni neri che tanto ricordano quelli già visti in Insidious e Annabelle.

Quindi niente ma proprio niente di nuovo per un film che non entusiasma e si dimentica con la velocità della luce. Non uscite dalla sala appena si accendono le luci perché al termine dei titoli di coda c’è una scena bonus di una certa importanza per la comprensione dei collegamenti di questo film con il precedente Ouija.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una cura estetica che si lascia apprezzate.
  • Buone interpretazioni degli attori.
  • Non spaventa e annoia.
  • Sa davvero troppo di giù visto con espedienti orrorifici che non stupiscono nessuno.
  • Davvero basta con la bocca che si dilata a dismisura con un effetto digitale! Non fa paura e non fa ribrezzo!!!
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Ouija: L'origine del Male, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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