Pitch Perfect 2, la recensione

Quando un fenomeno cinematografico riscuote un inarrestabile successo planetario, tale da generare inevitabili sequel, viene automaticamente da domandarsi quali siano le ragioni dell’esorbitante riscontro di pubblico e, soprattutto, se siano condivisibili. Nel caso di Pitch Perfect (noto in Italia con il titolo Voices) e del secondo capitolo, finalmente nelle nostre sale con Universal Pictures, è difficile non lasciarsi contagiare dall’entusiasmo e non comprendere il perché di tanto scalpore.

Pitch Perfect 2, che vede in cabina di regia (ma anche di nuovo come interprete) Elizabeth Banks, segna il frizzante ritorno sulle scene delle Barden Bellas. Sono trascorsi tre anni dal primo film e le ragazze hanno vinto altrettanti campionati nazionali di canto a cappella. Purtroppo, però, l’esibizione al Lincoln Center in onore del Presidente Obama viene sabotata da un disastroso incidente involontariamente causato da Ciccia Amy (Rebel Wilson). Questo sembra decretare per sempre la fine delle Bellas, la cui unica possibilità per essere riabilitate risiede in una missione pressoché impossibile: vincere i campionati mondiali di canto a cappella, dominati dall’invincibile gruppo tedesco Das Sound Machine. Ce la faranno, malgrado i conflitti interni, a portare a termine quest’ultima sfida, prima di laurearsi e lasciare il posto alle nuove matricole?

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Girare un sequel implica necessariamente un obbligato e spietato confronto con il predecessore, nei confronti del quale, in genere, la nuova creazione si pone in un rapporto d’imitazione o, caso ben più raro, superamento. Pitch Perfect 2 rientra nel secondo caso, in quanto ideale evoluzione delle dinamiche di Voices. L’ingranaggio tutto al femminile che funziona e diverte in virtù di un umorismo esilarante e incline al politicamente scorretto. La pungente comicità è affidata prevalentemente alla scoppiettante presenza di Rebel Wilson, che dà il meglio di sé nei duetti con l’esuberante Adam DeVine. Inoltre, la Wilson e le co-protagoniste Anna Kendrick e Brittany Snow si integrano perfettamente con le comprimarie, sebbene queste ultime siano poco più che caratteri bidimensionali.

L’unica nota, se non stonata, superflua è la new entry nel cast Hailee Steinfeld nel ruolo di Emily, matricola e ‘figlia d’arte’ (sua mamma è stata leader delle Bellas negli anni Ottanta). L’introduzione del personaggio è giustificata dalla linea narrativa che concerne il passaggio di testimone delle Bellas in carica alle nuove generazioni (e anche dalla sottotrama legata alle aspirazioni musicali e alla crisi creativa di Beca). Eppure la recitazione sopra le righe e inutilmente chiassosa della Steinfeld, unita all’ovvia vicenda romantica che la vede coinvolta, finisce per rendere il personaggio di Emily assolutamente dimenticabile o persino irritante. L’alchimia tra i membri del cast, in ogni caso, è palpabile per l’intera durata del film, sia negli effervescenti scambi di battute che nelle esibizioni musicali, una più gustosa dell’altra.

Coinvolgente e ben strutturata, a tal proposito, la serrata sequenza del botta e risposta, espediente già visto in Voices, a suon di ‘canzoni sui culi’, pezzi hip-hop anni Novanta e tanta sfrenata improvvisazione.
Il maggiore punto di forza del film risiede proprio nella capacità di raccontare in maniera leggera ma, al tempo stesso, verosimile il percorso di un gruppo, prima che di singoli individui, verso un obiettivo. L’introspezione dei personaggi e le tematiche sollevate sono sicuramente trattati all’acqua di rose, in linea con il genere in questione, eppure con grande garbo e sensibilità. Questo favorisce l’empatia dello spettatore con problematiche quali l’importanza della sincerità nei rapporti d’amicizia, la paura del futuro, la consapevolezza che anche le cose belle finiscono.

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Ci sono buone probabilità che il pubblico dotato di testosterone, che difficilmente apprezza le commedie musicali, possa annoiarsi, data anche l’assenza di personaggi maschili che non rimangano prevalentemente sullo sfondo. Tuttavia, le problematiche che le Bellas fronteggiano non sono affatto esclusivamente ‘da ragazze’, così come il messaggio di solidarietà e l’esortazione al coraggio che la pellicola sottende. I maschietti, poi, potrebbero anche apprezzare la parata di belle ragazze che si esibiscono in coreografie sinuose o anche, perché no?, la semplicità di una storia divertente e dotata, al tempo stesso, di ritmo e cuore.

Gli ingredienti che fanno letteralmente volare i 115 minuti di puro intrattenimento del film ci sono tutti: una narrazione lineare, fondata su una sceneggiatura dinamica, arricchita da felici scelte musicali, di stampo prevalentemente pop, e coronata da un epilogo effervescente d’energia ed emozione. Chi ha voglia di abbandonarsi a sonore risate a tempo di musica e godersi un po’ di disimpegno non del tutto superficiale, non può perdere Pitch Perfect 2!

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Superiore al primo capitolo per dinamiche narrative e tematiche affrontate.
  • L’alchimia tra i membri del cast, soprattutto nelle scoppiettanti esibizioni musicali.
  • Umorismo intelligente e frizzante.
  • New entry superflua e poco interessante.
  • Orientato prevalentemente verso il pubblico femminile.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +5 (da 7 voti)
Pitch Perfect 2, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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