Radioactive, la recensione

A distanza di pochi mesi dall’uscita italiana (anche se il film è del 2016) di Marie Curie, biopic diretto da Marie Noëlle, arriva sul mercato italiano solo in VOD distribuito da Eagle Pictures un altro biopic sulla donna che ha rivoluzionato il mondo della scienza. Parliamo di Radioactive: a dare volto alla scienziata di origini polacche è la sempre bravissima Rosamund Pike e a firmare il lungometraggio la talentuosa illustratrice di origini iraniane Marjane Satrapi.

A differenza del film di nazionalità polacca distribuito a febbraio da Valmyn, quello della Satrapi non è un biopic convenzionale e racchiude in se quella visionarietà e quella voglia di sperimentazione pop che hanno contraddistinto fino ad oggi l’interessante percorso registico dell’autrice di Persepolis, Pollo alle prugne e The Voices. Partendo dagli ultimi istanti di vita di Marie Curie nel 1934, Radioactive percorre un viaggio a ritroso nella vita della donna che è riuscita a imporsi in un mondo fondamentalmente maschilista. Se escludiamo la breve parentesi in cui conosciamo Marie, anzi Marya, bambina alle prese con un evento traumatico che condizionerà tutta la sua vita, la protagonista è inquadrata a partire dal 1893, studentessa di origini polacche poco più che ventenne che all’anagrafe risponde al nome di Marya Sklodowska, alla ricerca di un laboratorio parigino dove condurre le sue ricerche universitarie. Come è facile aspettarsi, non viene presa in considerazione finché conosce casualmente Pierre Curie, professore di chimica alla Sorbona che rimane immediatamente folgorato dalla sua personalità. Dopo pochi giorni, i due convolano a nozze e cominciano a lavorare insieme fino alla scoperta del radio e del polonio, elementi chimici alla base della radioattività.

Concentrandosi sulla storia tra Marie e Pierre, senza però mai legarsi tropo all’aspetto romantico ne eccedendo in patetismo emozionale, Radioactive segue alcuni eventi chiave nella storia di Marie Curie alternandoli con dei flashforward che mostrano l’applicazione futura delle sue scoperte. Una scelta narrativa e stilistica molto interessante che pone enfasi sul rapporto causa/effetto: il volenteroso apporto scientifico di Marie e Pierre Curie, mirato soprattutto alla ricerca medica e alla battaglia contro il cancro, è poi applicato in campo militare e diventa anche protagonista di celebri catastrofi.

Seguendo questa linea, che fondamentalmente racconta come una scoperta scientifica possa sfuggire al controllo dei suoi scopritori, Radioactive ci mostra l’applicazione della radioattività per la radioterapia contro il cancro nella Cleveland del 1957, l’Enola Gay che sganciò la bomba atomica che distrusse Hiroshima nel 1945, i test nucleari nei siti appositamente edificati nel Nevada del 1961 e la catastrofe nella centrale di Chernobyl nel 1986. Tutto ciò in un intelligente montaggio che tiene come evento principale il flashback sulla vita professionale di Marie.

Ispirandosi alla graphic novel di Lauren Redniss Radioactive. Marie & Pierre Curie: A Tale of Love and Fallout (2010, ma disponibile solo in questi giorni grazie a Rizzoli-Lizard), Marjane Satrapi punta molto sulla figura di Marie come guerriera in un mondo fatto di pregiudizi senza mai scadere nella facile retorica femminista. Scopriamo come la commissione che assegna il primo Nobel ai coniugi Curie abbia invitato a Stoccolma solo Pierre, come fosse impensabile per una donna sul finire dell’800 ricevere una carica ufficiale nel mondo dell’insegnamento e scopriamo, poi, come il contributo di Marie Curie sia riuscito proprio in quegli anni a riformulare questi preconcetti. Un secondo Nobel e Marie invitata a ritirarlo e fare un discorso pubblico, l’assegnazione di una cattedra di fisica alla Sorbona nel 1908 che ne fece la prima donna a insegnare nell’università parigina. Un precursore di tante battaglie per l’emancipazione femminile che arrivò al successo grazie al merito, al talento e alla caparbia.

Marjane Satrapi infonde un particolare ritmo narrativo al film, lo condisce di scelte estetiche accattivanti che giocano tantissimo con la fotografia molto luminosa, con elementi fluorescenti (come la barretta di radio che Marie custodisce sul comodino) che spesso contaminano le immagini e con una suggestiva colonna sonora curata da Evgueni Galperine e Sacha Galperine che, pian piano, si fa sempre più ossessiva.

Come spesso accade, Rosamund Pike conferisce una grande intensità al suo personaggio risultando una scelta perfetta per quel ruolo e convince anche Sam Riley nei panni di Pierre Curie. Nel ruolo della figlia maggiore troviamo la lanciatissima Anya Taylor-Joy, ma per vederla in scena dobbiamo aspettare l’ultimo atto del film.

Poteva essere il solito biopic sonnolento da divano e plaid e invece, grazie alla visione di una delle più talentuose registe sul mercato, Radioactive è il singolare racconto della donna che ha ridefinito ogni preconcetto di genere. Zero interesse per la modaiola avanguardia femminista che stanno conducendo goffamente le majors hollywoodiane, ma un sereno focus sul far cinema di qualità, seriamente.

Il film sarà disponibile dal 15 luglio e per quattro settimane sulle principali piattaforme VOD.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Non è il solito biopic ma si nota l’impronta di una regista talentuosa e visionaria come Marjane Satrapi.
  • Rosamund Pike.
  • Le musiche.
  • Con il senno di poi, sembra un’opera nata dall’esigenza di riabilitare l’immagine di Marie Curie, fondamentalmente legata alla bomba atomica.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Radioactive, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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