Raffa, la recensione della docu-serie su Raffaella Carrà

Raffa di Daniele Lucchetti è un documentario in tre puntate da un’ora ciascuna prodotto da Freemantle per Disney+ che si trasforma in lungometraggio per il suo passaggio in sala, distribuito da Nexo Digital per una settimana (6-12 luglio). A Lucchetti è stato commissionato questo documentario omaggio; sfida che ha accettato volentieri, ricordando il turbamento che da bambino gli causava la visione del corpo, soprattutto delle labbra, di Raffaella Carrà.
Il materiale di partenza era ovviamente sconfinato, migliaia e migliaia di ore di girato degli archivi Rai, dagli anni del “gran tradimento” a Mediaset, dal rifugio felice nella televisione spagnola. Tante anche le testimonianze di conoscenti, amici e celebrità vicine a Raffaella, anche dal mondo della musica: Bob Sinclair e Tiziano Ferro, solo per citare alcuni nomi.Narrata in rigoroso ordine cronologico, la docu-serie Raffa racconta gli inizi incerti di un’adolescente con le idee chiare sul suo futuro, ma segnata irreversibilmente dall’abbandono paterno e dal rapporto con una madre bellissima, inflessibile e molto critica nei confronti dell’aspetto della figlia. Una giovane ragazza che sogna il mondo dello spettacolo ed è fidanzata con un calciatore della Juventus, ma già pensa più in grande.

Lucchetti realizza un ottimo primo episodio ricco di ombre e dubbi, così come gli inizi della carriera di Raffaella. Il documentario ha un’apertura spiazzante in cui due dei capisaldi della carriera della showgirl vengono sminuiti: l’insegnante dell’accademia di danza (presso cui non sostenne l’esame da “studentessa libera”) ne boccia le caviglie deboli. Viene sottolineato impietosamente come il sogno di Raffaella Pelloni di diventare ballerina era destinato a rimanere tale, a causa dell’amatorialità della sua tecnica.

Raffa è la storia di un corpo divenuto via via idolo pagano, scandaloso e desiderato, capace di lanciare messaggi in codice alle persone queer d’Italia e al contempo consolare e tenere compagnia alle casalinghe durante la preparazione del pranzo. Arrivano l’ombelico scoperto, il Tuca Tuca, i costumi sempre più sgambati e arditi, le canzoni sul sesso come gioco divertente e fluido. La stessa Carrà dice che il successo “è questione di buone rotule”, al fianco di Gianni Boncompagni che con lei improvvisa e scandalizza, rendendola l’apripista di una presa di parola giovanile che si affermerà in Italia solo più tardi.

Raffa accenna solo alla percezione critica della Carrà, alla condiscendenza con cui è stata trattata da corpo mosso dalle abili menti maschili dietro di lei, al fianco di lei. Si glissa sugli insuccessi, si tacciono passaggi fondamentali come il suo Festival di Sanremo del 2001, ricordato come un grande flop.
Il bellissimo documentario di Daniele Luchetti ci permette di conoscere una parte intima e privata di una grande artista a 360 gradi, diventata un’icona in tutto il mondo e per il mondo LGBT.

Da vedere per chi ha amato questa splendida donna.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
La capacità di Luchetti di raccontare con grande delicatezza la figura di un’icona come Raffaella Carrà, attraverso un’ottima ricerca di immagini di repertorio e interviste a dei grandi artisti che hanno lavorato con lei. Potrebbe non piacere a chi non ama il genere documentario.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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