Ricchi di fantasia, la recensione

Sergio è un carpentiere squattrinato ma al tempo stesso un inguaribile ottimista. È innamorato della risata e dello scherzo facile ma, ancor di più, ama Sabrina, una donna che nelle vita ha sempre dovuto adattarsi e che adesso aiuta suo marito Gigi nella gestione di una piccola trattoria. Sergio e Sabrina sono amanti, sognano di uscire dalla “clandestinità” e iniziare una storia insieme ma entrambi non riescono a lasciare i rispettivi compagni a causa delle grandi ristrettezze economiche in cui vivono. Una mattina i colleghi di Sergio, stanchi dei continui scherzi del loro amico, gli fanno credere di aver vinto tre milioni di euro alla lotteria. In men che non si dica Sergio lascia il lavoro, lascia sua moglie e fugge con Sabrina verso una vita migliore. In questo viaggio on the road senza mèta, Sergio e Sabrina si troveranno costretti a portarsi dietro anche i rispettivi parenti. Quando i due amanti scoprono di essere stati vittima di uno scherzo e di aver perso tutto inutilmente rimane una sola cosa da fare: portare avanti la menzogna a tutti i costi e continuare a far credere a tutti i parenti di essere davvero diventati milionari.

L’Italia è un Paese che ha bisogno di soldi. Su questo non c’è dubbio e a ricordarcelo, tra gli altri, ci pensa anche il nostro cinema che è sempre lì in agguato e pronto a riflettere su quel grottesco rapporto di amore e odio che lega noi italiani al dio denaro. La nostra cinematografia, e in modo particolare la commedia, ha sempre attinto dalla situazione economica del Belpaese per partorire storie e personaggi che hanno saputo arricchire la nostra cultura e il nostro immaginario, basti pensare all’iconico Totò che per sbancare il lunario pensò bene di mettere in vendita la Fontana di Trevi (Totòtruffa 62) o esempi più pungenti dati da capolavori come Il Boom con Alberto Sordi o Il Successo con protagonista Vittorio Gassman. Erano gli anni ’60 e l’Italia era nel pieno del suo miracolo economico. Oggi la situazione finanziaria del nostro Paese è ben diversa, per certi versi opposta a quella di allora, eppure stiamo assistendo ad un secondo massiccio flusso di pellicole vogliose di raccontare (deridendo, il più delle volte) l’italiano e la sua brama di potere e di successo. Se prima il “protagonista” di questi racconti era il borghese benestante intenzionato a compiere una vera scalata sociale, difendendo ed allargando il proprio patrimonio, adesso, visto l’impoverimento del ceto medio, l’obiettivo della macchina da presa si è spostato sulle classi più disagiate eleggendo a novelli Don Chisciotte tutti quei “poveracci” che improvvisamente incontrano il successo.

Dopo il bruttissimo Baciato dalla fortuna affidato alla verve di Vincenzo Salemme e i due film di Fausto Brizzi dedicati alla famiglia mangia-supplì di Torresecca (Poveri ma ricchi e Poveri ma ricchissimi), un nuovo titolo va ad aggiungersi a questa folta schiera di pellicole il cui focus è puntato sul povero, sul ricco e su una (finta) vincita che può cambiare tutto.

A portare sul grande schermo Ricchi di Fantasia ci pensa la coppia vincente Francesco Miccichè (in regia) e Fabio Bonifacci (in sceneggiatura) che, poco più di due anni fa, avevano realizzato – unendo le forze anche in regia – la simpatica commedia sulle truffe organizzate Loro chi?. In un certo senso con Ricchi di Fantasia viene portato avanti quel discorso e la “truffa”, in questo caso, non è vista come soluzione utile a gonfiare il portafoglio ma come espediente necessario per rimanere a galla.

Pur non brillando in quanto originalità e nonostante le numerose situazioni viste e riviste, l’opera firmata da Miccichè funziona ed anche piuttosto bene, con il merito principale di riuscire a divertire dal primo fino all’ultimo minuto mantenendo alto e costante il senso dell’umorismo. Ricchi di Fantasia non cerca mai la risata di pancia, è bene chiarirlo subito, ma preferisce rincorrere quell’umorismo sottile – a tratti decisamente cinico – scaturito da situazioni continuamente simpatiche che vogliono mettere alla berlina l’ignoranza e la finta astuzia di una buona fetta del popolo italiano. Ricchi o poveri, intellettuali o ignoranti, alla fine del racconto siamo tutti sulla stessa barca accomunati da un solo ed unico interesse: non affondare. In questo, Ricchi di Fantasia riesce a cogliere alla perfezione quel tratto distintivo che era tipico della commedia all’italiana di ieri e che purtroppo è finito con il perdersi nel tempo.

A fare la differenza in un film del genere e a determinarne la riuscita, oltre alla sceneggiatura brillante di Bonifacci, ci pensa sicuramente il cast, azzeccato sia nei ruoli principali che in quelli secondari. Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli sono una coppia che funziona dannatamente bene, affiatati come pochi, riescono a spalleggiarsi in modo perfetto senza che nessuno rubi mai la scena all’altro. Se la Ferilli è chiamata ad interpretare un personaggio che ben si addice alle sue corde, ossia “l’oca” che è tale solo nell’aspetto perché in realtà è la maschera di una donna che nella vita è stata costretta a piegarsi a tutto per mantenersi e mantenere i suoi due figli, Castellitto viene eletto a vero mattatore della risata a cui viene chiesto di impersonare quel “ruolo” che fu di Sordi ed anche di Gassman. Sergio è tanto sognatore quanto nullafacente, un cialtrone ottimista e superbo che vive – per convenienza ed abitudine – con una donna che non ama, frequenta amici che non rispetta e trova sempre un escamotage per riuscire a cavarsela in ogni situazione. Un personaggio indubbiamente negativo, antipatico come pochi eppure, a fine racconto, non si può che volergli bene e tifare per lui. A funzionare correttamente sono anche tutti i ruoli secondari, ben scritti e capaci di conferire tridimensionalità all’opera, in modo particolare si distinguono i sempre bravi Paolo Calabresi e Antonio Catania.

Sicuramente non siamo dalle parti della commedia rivoluzionaria intenzionata a lasciare il segno, di questo ne siamo sicuri, ma Ricchi di Fantasia è un’opera onesta che svolge bene il proprio lavoro, regala ilarità e ci ricorda – cosa molto importante – da dove viene la nostra vera commedia all’italiana.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una sceneggiatura brillante perfettamente allineata sulla tradizione della commedia all’italiana.
  • Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli sono una coppia davvero efficace.
  • Tutto il cast secondario.
  • Anche se ben narrato, il film si muove su tematiche raccontate già tante volte.
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