Roma 2014. Lulu, la recensione

Oggi, 18 ottobre, è stato presentato al Festival di Roma il film Lulu, terzo lungometraggio dell’argentino Luis Ortega. Lulu si snoda attorno alla vita di una giovane coppia, Lucas (Nahuel Pérez Bizcayart) e Ludmilla (Ailín Salas). I due incarnano perfettamente il detto “due cuori e una capanna”, poichè vivono praticamente per strada, ai margini della società. Mentre Lucas sembra non avere né passato né legami, Ludmilla (detta Lulu, da qui il titolo del film) viene da una famiglia come tante. Suo padre, però, è malato, e lei non sopporta l’idea di vederne giorno dopo giorno la fine.

Lulu è un personaggio complesso e particolare: nonostante Lucas le abbia sparato – accidentalmente – con la pistola che porta sempre con sé, sembra sopportare meglio il dolore fisico che quello psicologico, derivato dai tradimenti del fidanzato. Lucas, inoltre, la lascia quasi tutti i giorni da sola, perché lavora sul camion del suo amico Hueso (Daniel Melingo), con cui va a prendere gli scarti di carne dai macellai di zona; le scene in cui il retro del camion si riempie di pezzi sanguinolenti degli animali sono un leitmotiv del film, finendo per rappresentare un lugubre presagio.

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Lucas, però, tenta anche di far divertire la sua Lulu (seppur in modi poco ortodossi): va a rapinare una farmacia con lei, e, prima di scappare, balla sul bancone, con un atteggiamento di strafottenza e noncuranza del mondo che lo caratterizza per tutta la durata del film. La differenza tra i due partner sta proprio in questo: Lucas si presenta sempre per ciò che è, mentre Lulu rimane criptica, non capiamo le sue azioni, anche se il regista si concentra maggiormente su di lei. Perciò i due protagonisti non riescono a creare un’empatia con gli spettatori, l’uno per l’eccessiva sbruffonaggine, l’altra a causa della sua apatia. Inoltre, sebbene l’intento del regista sarebbe mostrare una storia d’amore vibrante e fuori dagli schemi, nella realtà Lulu e Lucas compaiono insieme in poche scene, in cui interagiscono senza complicità. Si ha l’impressione di seguire due storie diverse, non una relazione che si sviluppa, nel bene o nel male.

Non è un’analisi di una coppia, questo film, quanto un’anatomia della mediocrità e del piattume: la storia non presenta nulla di nuovo, e sì, strizza l’occhio ai film della Nouvelle Vague, ma non riesce a replicarne il fascino, rimanendo scialba ed anonima. Gli edifici di Buenos Aires, città in cui è ambientato il film, sono grigi e deprimenti come i personaggi; le poche scene che attirano per la loro leggerezza sono quelle in cui i due innamorati si comportano come piccoli selvaggi incoscienti, ballando sotto la pioggia, o attaccando con ingordigia una bistecca (ricordando, qui, la voracità della protagonista del film La vita di Adele). Un altro elemento interessante riguarda il modo insolito di vivere della giovane coppia: i due sono “gente da marciapiede”, ma hanno scelto di esserlo consapevolmente. Senza dubbio, questa loro decisione può spingere il pubblico a riflettere, ad interrogarsi sulle vite complesse di Lulu e Lucas, che, tuttavia, rimangono personaggi fastidiosi ed irrisolti.

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Il regista argentino si affida più alla forza delle immagini che a quella delle parole, ad esempio nelle scene in cui ritorna un altro leitmotiv, ovvero quello della pistola (come diceva Cechov: “Se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari”, anche se qui trattiamo l’ambito cinematografico). L’arma in questione passa di mano in mano, tra cui quelle di un neonato, come a mostrare che la violenza fa parte della vita sin dall’inizio.
Peccato che, di questo film, facciano parte, anche e soprattutto, la noia e la ripetitività. In fin dei conti, è una pellicola facilmente dimenticabile, che non aggiunge nulla al bagaglio emozionale e culturale degli spettatori.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • La spontaneità di alcune scene, in cui si sottolinea la spensieratezza dei protagonisti.
  • Spunto interessante, che riguarda una scelta di vita difficile da comprendere.
  • Pellicola scialba ed anonima, che sa di già visto.
  • Al centro del film, c’è una storia d’amore che dovrebbe coinvolgere, ma di fatto lascia indifferenti.
  • Personaggi che non creano empatia e risultano irritanti.
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