San Andreas, la recensione

Il mastodontico Dwayne Johnson, ex  leggenda della WWE e ormai affermata icona del cinema muscolare hollywoodiano, è il protagonista di San Andreas, disaster movie diretto da Brad Peyton e scritto da uno dei più prolifici sceneggiatori di serie tv contemporanee, Carlton Cuse, autore, tra le altre cose, di Lost, The Strain e Bates Motel.

In San Andreas Dwayne Johnson è l’elicotterista dei vigili del fuoco Ray, in procinto di divorziare dalla moglie Emma, che vive con la loro figlia ventenne e con il nuovo compagno Daniel. Quando un incredibile terremoto crea panico e distruzione a Los Angeles, per Ray l’obiettivo primario è trarre in salvo la moglie, che aveva un appuntamento in un grattacielo, e la figlia, che è rimasta intrappolata con il compagno della madre nel garage di un edificio.

Nel marasma generale, c’è anche il sismologo Lawrence, che in compagnia del suo team universitario e di una troupe televisiva che era giunta per intervistarlo, spiega la portata catastrofica dell’evento.

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Nella più classica delle tradizioni hollywoodiane, Brad Peyton, che aveva già diretto Johnson nell’avventura in 3D Viaggio sull’isola misteriosa, confeziona un disaster movie che possiede tutti i crismi del genere, nel bene e nel male. All’intrattenimento assicurato e alla messa in scena di un marasma di distruzione che giunge a vette di spettacolarità sorprendenti, si uniscono una prevedibilità assoluta degli eventi portati in scena e una caratterizzazione dei personaggi che più minimal non si sarebbe potuto fare.

San Andreas ha una scansione degli eventi che rispetta alla perfezione un canovaccio ben preciso, che è lo stesso utilizzato per gran parte dei film di questo genere. Abbiamo una visione meno corale dei catastrofici di Roland Emmerich, ma anche qui seguiamo gli eventi da più punti di vista e se i segmenti con Paul Giamatti nel ruolo del sismologo sono francamente inutili (oltre che decontestualizzati dall’azione vera e propria) e servono solo a dare una spiegazione più o meno scientifica allo spettatore sui fenomeni che stanno accadendo, lo smembramento della famiglia di Dwayne Johnson tende a ricreare quelle dinamiche di separazione e ricongiungimento che lo spettatore ben conosce.

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Il personaggio interpretato da Johnson è l’eroe a tutto tondo (l’introduzione con la missione di salvataggio della ragazza nel precipizio già dice efficacemente tutto) e il suo appartenere a una categoria specifica – i vigili del fuoco – fa gioco all’impresa di valorizzazione di certe professioni su cui gli Stati Uniti stanno lavorando dopo gli ormai storici fatti dell’11 settembre. Il valore primario che San Andreas vuole veicolare è la famiglia e la sua importanza nella sua rappresentazione classica. Infatti a far da contorno all’eroe senza macchia e senza paura ci sono ben due donzelle in pericolo, una moglie (Carla Gugino) e una figlia (Alexandra Daddario), che si alternano in momenti di vittime ed eroine a loro volta, mostrandosi in più occasioni “donne con le palle”. Non manca neanche una sorta di gratuito villain, che ha un ruolo minuscolo, approssimativo e ha il volto dell’ex Mr. Fantastic Ioan Gruffudd.

Tutto procede esattamente come ci aspettiamo che proceda, non ci sono rischiosi sussulti narrativi che ne possano minare la prevedibilità (malgrado a un certo punto ci speriamo quasi nella dipartita di un personaggio centrale) e non manca anche la consueta esaltazione dello spirito d’iniziativa americano, pronto a ricostruire sulle macerie del disastro.

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Quello che invece è il vero protagonista del film che, il disastro, nell’accezione del terremoto (che poi è anche maremoto) è reso qui benissimo e si fa reale motivo d’interesse per tutta l’opera. Brad Peyton, probabilmente conscio del fatto che stava dirigendo un film che sa davvero tanto di già visto, si abbandona allo spettacolo puro e le scene catastrofiche occupano una fetta preponderante della pellicola, fornendo al film un ritmo vincente. Il terremoto è messo in scena in maniera distruttiva e spettacolare come forse mai si era visto al cinema prima d’ora. Le scene d’azione sono di qualità eccellente e seppure a tratti si ha l’impressione che abbiano avuto la tendenza a “farla fuori dal vasetto”, tanto sono incredibili ed esagerate, alla fine colpiscono e rimangono impresse nello spettatore. Inoltre l’azione e la catastrofe sono anche ben dirette e un esempio lampante è fornito dal lunghissimo pianosequenza che accompagna il terremoto di cui vediamo protagonista la Gugino (e la pop-star Kylie Minogue in un cameo) nel grattacielo. Anche il 3D ha una sua specifica funzione e aiuta a enfatizzare la spettacolarità di alcune sequenze, risultando quindi adatto a un prodotto come San Andreas.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Scene d’azione e distruzione davvero ottime.
  • La miglior messa in scena di un terremoto al cinema.
  • Il 3D è funzionale.
  • Personaggi stereotipati.
  • Prevedibilità e immancabile senso di déjà-vu.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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San Andreas, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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