Seconda Primavera, la recensione

Non importa essere serrate crisalidi o magniloquenti farfalle: Il tragico della vita è che tutti hanno le loro ragioni.”

Premessa tanto poetica quanto esplicativa, che vede il suo manifestarsi attraverso le grazie della settima arte. Sto parlando dell’ultimo film di Francesco Calogero, intitolato Seconda Primavera, presentato al Trieste Film Festival 2015.

Siamo d’innanzi a un film corale, suddiviso in capitoli che seguono l’avvicendarsi delle stagioni.

Quattro protagonisti, quattro storie da raccontare e quattro gli elementi imprescindibili per plasmare la felicità dell’uomo.

Regista di piccoli film originali (La gentilezza del tocco, Metronotte), il siciliano Francesco Calogero ci regala una perla di pregiata fattura contenutistica.

Il suo primo lavoro, girato nell’ormai lontano 1987 e intitolato appunto La gentilezza del tocco, fungerà simbolicamente da marchio di fabbrica. In queste parole infatti, viene racchiuso quello che sarà il suo stile raffinato e serafico, manifestandoci una similitudine che, anche se non voluta in toto, troverà terreno fertile negli anni a venire.

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Ci troviamo nell’Italia contemporanea. La vicenda inizia con Andrea (Claudio Batosso), architetto di mezz’età apparentemente scapolo che, cercando degli acquirenti per la sua villa al mare conosce il medico anestesista Rosanna (Anita Kravos), sposata con Riccardo (Angelo Campolo), un uomo più giovane e aspirante scrittore che per esigenze economiche vende scarpe pro tempore in un piccolo negozio. La notte di San Silvestro, durante una movimentata festa, Andrea fa conoscere a Riccardo la studentessa Hikma (Desireè Noferini), sorella minore di un ristoratore tunisino cui deve ristrutturare un attico. Pronto a propiziare gli incontri e a tessere le relazioni come una sorta di improbabile “Deus Ex Machina”, ci sarà un tanto ignaro quanto pittoresco Nino Frassica.

Il destino di Andrea si incrocerà con quello di Hikma. Le conseguenze di quella confusa notte riaffioreranno in primavera.

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Girato con un budget di 400 mila euro, Calogero ci delizia con una storia solo all’apparenza semplice, i cui tratti ricordano, per intelligenza ed eleganza il Cinema di Eric Rohmer.

Il film è ambientato in gran parte in una bellissima villa messinese, segnata dal tempo e dall’incedere della natura, coloratissima e immacolata. Siamo di fronte ad una pellicola che, – come la magione siciliana –  risulta meravigliosamente inadatta e inattuale. La storia, lontana anni luce da toni esasperati e iperbolici, si lascia traghettare da una narrazione potente e ben strutturata, la quale è senza ombra di dubbio la colonna portante dell’intera produzione.

Il film ci comunica molto di più tramite il dialogo che non con la potenza delle immagini, il che può far storcere il naso al direttore della fotografia Giulio Pietromarchi che ha scelto con meticolosità gli obbiettivi, – tutti degli anni ’70 – per donare un tocco di morbidezza al crudo realismo delle macchine da presa digitali. Scelta stilistica di tutto rispetto che, tuttavia, non trasmette l’intensità della controparte “narrativo-dialogale”, facendo sembrare la storia e i sentimenti con essa, molto più incisivi rispetto agli scenari.

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Infatti Seconda Primavera comincia come un film psicologico per poi diventare puramente emotivo ed il coinvolgimento non è più sulla storia ma sui movimenti interiori che pian piano coinvolgono lo spettatore fino a commuoverlo.

A questo, si sommino una colonna sonora evocativa e ammaliante che adorna lo “Stream of Consciousness” dei caratteristici personaggi, conferendo al tutto un valore aggiunto per nulla sottovalutabile.

Una buona occasione, giocata con intelligenza, destinata a lasciare un’impronta marcata nel cuore ma ad essere facilmente dimenticata dall’occhio.

“Non sempre essere al passo con i tempi è una condizione necessaria.” Calogero ce lo insegna con queste premesse, dipingendo una meravigliosa quanto problematica isola mediterranea, che si lascia scoprire lentamente e inesorabilmente, palesandosi tramite gli animi tormentati dei suoi abitanti.

Comicità e dramma giocano ad un tiro alla fune ben bilanciato, lasciando alle volte, lo spettatore un po’ dubbioso e incapace di decifrare la gravità delle situazioni. – Vivere è anche questo! – Grazie Francesco!

 Filippo Chinellato

PRO CONTRO
Sceneggiatura ben strutturata, solida e mai noiosa, ricca di citazioni.

Colonna sonora raffinata.

Ottima l’interpretazione dei quattro protagonisti.

Il secondo tempo prevede un forte calo del Pathos.

Tirando le somme, ci troviamo dinnanzi a uno di quei film già visti.

 

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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