Speciale Biografilm Festival 2014: Ulay Perfong Life – Project Cancer

L’artista e performer Ulay è meglio noto al grande pubblico come storico partner di Marina Abramovic. I loro progetti hanno rimodellato per sempre la storia dell’arte concettuale e anche se le loro strade si sono divise sulla Grande Muraglia, la forza dei loro lavori echeggia ancora nelle loro carriere. Ulay, però, dopo un lungo percorso in solitario, si ritrova a dover affrontare un nemico mortale. Il suo corpo, celebrato e distorto nelle sue grandiose esibizioni, è vittima di un cancro che si sta espandendo lungo la sua colonna vertebrale.
Convinto di essere prossimo alla morte, l’Artista decide di rivedere per un’ultima volta le persone più significative e importanti della sua vita, tra cui Marina.
La celebrazione del corpo e della vita, un protagonista accattivante, un progetto ambizioso e risonante. Project Cancer è una delle più grandi sorprese del festival.
Ulay si presenta come tutti gli altri protagonisti dei documentari presentati. Una persona positiva, illuminante, carica di buon senso, voglia di vivere, intelligente. Eppure, serenamente in sordina per i più.
La sua storia con Abramovic getta le possibilità per un racconto ardente e sincero. Due performers che si incontrano per caso, si innamorano al primo sguardo, rivoluzionano i loro mondi e si lasciano per differenze inconciliabili o personalità troppo grandi per rimanere in una sola emozione.
Il racconto di queste due anime leggendarie dovrebbe valere, già da sola, l’interesse del pubblico mainstream verso questo progetto e come perfetto companion di The Artist Is Present, documentario del 2012 su Marina Abramovic.

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Project Cancer funziona, ma fino a un certo punto. Il vero protagonista rimane sempre e unicamente Ulay. Lui narra, lui ci diverte, lui ci fa riflettere, lui dice che Marina Abramovic è una persona importante della sua vita ma che a volte “spara stronzate”, lui è sincero.
La personalità dell’artista vibra dalla schermo come riflessi di luce tramite un vetro opaco  mentre riceviamo una cristallina rappresentazione del suo percorso come uomo e come performer.
La nascita in Germania, la creazione della sua identità, i suoi primi lavori fotografici. Tutto, ma proprio tutto, di una persona che merita di essere scoperta e ammirata.
Il taglio netto del montaggio è rivelatorio, così come l’ottima colonna sonora dei Silence; Questa è la Vita (di Ulay) che imita l’Arte (di Ulay).
Non c’è un vero interesse cronologico, anzi lungi dal menzionare il Tempo che resta all’artista, quanto più un comodo fluire di eventi e incontri.
Abramovic in un lussuoso albergo riceve la telefonata direttamente dalla voce del suo ex-partner, che le comunica di essere in reception; scende al volo, ma neanche una goccia delle lacrime di The Artist Is Present nonostante l’uomo sia distrutto dai trattamenti chemioterapici. Se sia una forma di finzione, di difesa, non c’è dato saperlo, ma Ulay porta i segni della sua personalità in volto, una persona così aperta che a un primo sguardo è già possibile inquadrarlo e definirlo, e l’affetto per la donna è palpabile, vero, universale.
Ma la promessa di una Morte sempre più vicina si fa àncora del presente. E nonostante tutto, nonostante i ricordi dilanianti e le miglia percorse da un capo all’altro del mondo, c’è sempre il tempo per stupirsi. Bastano un paio di foto e Ulay torna ai suoi giochi artistici e alla sua strana ossessione con l’acqua. Fotografie in cui il soggetto principale è sempre una parte di lui, del suo volto, del suo corpo.

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Se nel documentario, diretto con precisione chirurgica da Damjan Kozole, si assiste a uno sventramento della vita di quest’uomo dal sorriso carismatico e gioviale, dall’altro capo dello schermo assistiamo, indifesi, a una grande magia. Un incantesimo di illusione e proiezione, forse permesso unicamente dal cinema.
Ci dimentichiamo di noi stessi, delle nostre vite, dell’esistenza stessa; ci illudiamo di essere con Ulay, nella vita di Ulay.
E mentre trasforma il veleno in medicina, l’Artista ci inganna. Come seduti a un tavolo con lui, tra una chiacchierata e l’altra, tentiamo di comprenderlo, senza raggiungere il fondo con certezza.
L’identità di Ulay è viaggiata via già da quelle prime fotografie bisex; di lui ci rimane solo quest’altra immagine, l’immagine di Project Cancer. Tra gli spazi estesi di questa sconfinata persona, si scorge una luce. E mentre le immagini e i ricordi scorrono, ci accorgiamo che è una luce semplice ma accecante nella sua brillantezza. La felicità.
Come dice Marina Abramovic “Ci vuole molto tempo per comprendere Ulay. Forse una vita intera.
L’importante, per ora, è sapere che esistono persone come lui.

 Luca Malini

PRO CONTRO
  • Un protagonista fantastico.
  • Impossibile non rimanere affascinati dal percorso di Ulay.
  • Significativo e profondo.
  • Un po’ ripetitivo in alcuni momenti.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Speciale Biografilm Festival 2014: Ulay Perfong Life - Project Cancer, 9.0 out of 10 based on 1 rating

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