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Diabolik, quel Re del Terrore che non spaventa nessuno. Recensione/approfondimento del film dei Manetti Bros.
Clerville, fine anni ’60. La città è piegata dalle malefatte di un pericoloso criminale, ladro per alcuni e assassino per altri. Qualcuno lo chiama Il Re del Terrore ma la stampa – così come l’opinione pubblica – l’ha ribattezzato Diabolik. Una tuta nera aderente che gli permette di sgusciare nell’ombra senza essere visto, sguardo glaciale e pugnale affilato sempre a portata di mano: Diabolik è un criminale senza precedenti che tutti temono e tutti conoscono. A dargli la caccia ormai da anni c’è l’ispettore Ginko, pronto a tutto pur di mettergli le manette e scoprire la sua vera identità. Quando a Clerville fa il suo arrivo la ricca ereditiera Lady Eva Kant, che con sé ha un diamante rosa dal valore inestimabile, l’ispettore Ginko non ha dubbi sul fatto che Diabolik possa agire da un momento all’altro. E questo, infatti, è ciò che accade. Rubando l’identità al cameriere personale di Lady Kant, Diabolik riesce ad intrufolarsi nella camera d’albergo della ricca ereditiera cadendo però vittima dell’incredibile fascino della donna. Ginko riesce finalmente a mettergli le manette e portarlo a processo. Adesso per Diabolik – che nel frattempo si è scoperto essere l’enigmatico Walter Dorian – è giunta l’ora di mettere in atto il suo colpo più difficile: fuggire prima d’essere consegnato alla ghigliottina e, possibilmente, farlo grazie all’aiuto di Lady Eva Kant.
Neon Genesis Evangelion: dove i robot si incontrano con la metafisica
Per rendere l’idea di quanto Neon Genesis Evangelion sia importante per l’animazione, basterebbe citare la polemica mediatica che due anni fa ha investito Gualtiero Cannarsi, storico adattatore dei film dello studio Ghibli: lo sventurato era stato ingaggiato da Netflix Italia per sostituire il doppiaggio della serie cult dello studio Gainax che la Dynamic fece nei primi anni Duemila ma i suoi intenti filologici hanno dato vita a un prodotto dai dialoghi barocchi, poco utile, a detta dei numerosi estimatori, a diffondere la “lieta novella” di Evangelion.
Gli zombi di Zack Snyder arrivano in limited edition: il blu-ray de L’alba dei morti viventi
Il cinema dei “morti viventi” ha proliferato in maniera consistente tra gli anni ’70 e ’80, sdoganato e sostanzialmente strutturato dal capolavoro di George A. Romero La notte dei morti viventi (1968), nonché affermato dal secondo “capitolo” dello stesso regista Dawn of the Dead (1978), da noi conosciuto come Zombi. Un filone, come si è scritto in lungo e in largo, apertamente politico e sociologico che ha in parte aperto la strada alla concezione post-moderna di horror cinematografico. Nonostante l’ottimo remake de La notte dei morti viventi (1990) firmato da Tom Savini, gli horror a base zombi si sono un po’ “persi” durante il decennio degli anni ’90 contaminandosi a inizio nuovo millennio con l’altro filone gemello, quello degli “infetti” grazie a 28 giorni dopo di Danny Boyle e con l’action, vista la spinta data dal successo di Resident Evil di Paul W.S. Anderson al filone. Ma il vero motore della rinascita dei morti viventi, quello che poi ha portato all’opera omnia sul genere, ovvero The Walking Dead, è del 2004 e si chiama Dawn of the Dead, da noi tradotto fedelmente (stavolta) come L’alba dei morti viventi.
Analisi di un cult: Magnolia
Analisi di un cult: L’uomo che uccise Liberty Valance
John Ford nel suo penultimo western ci regala un’America in bianco e nero, in cui violenza e legge si scontrano con la posta in gioco dell’egemonia culturale, il predominio di un’idea sull’altra.
Ransom Stoddard (Jimmy Stewart) torna nella cittadina di Shinbone dove ha iniziato la sua carriera politica per il funerale di un amico, e inizia quindi a raccontare ai giornalisti la sua storia in un lungo flashback.
La fantastica signora Maisel, nascita di una cabarettista
Omaggio a Wes Craven: Il serpente e l’arcobaleno
Anche se è bene star lontani dagli schematismi troppo rigidi, si può idealmente suddividere la filmografia di Wes Craven in (almeno) due tronconi, cioè i film pre e post Nightmare – Dal profondo della notte (1984). Il capolavoro incentrato sulle gesta di Freddy Krueger è diventato infatti non solo il film per eccellenza del regista, ma anche una pietra miliare del cinema horror, al pari di altre opere nate nella nuova generazione di cineasti (Carpenter, Hooper, Romero, etc.); Nightmare è inoltre un film-simbolo dell’horror anni Ottanta, almeno del cinema horror più riuscito e maturo, rappresentazione di una nuova estetica e di nuove sperimentazioni narrative, e fa dunque da spartiacque fra un prima e un dopo: il new-horror non è infatti un genere unico e uniforme, ma conosce un’evoluzione stilistica e narrativa anche nel singolo corpus di ogni autore – basti pensare alla differenza tra l’opera prima di Craven, L’ultima casa a sinistra (1972) e Nightmare, che ne rappresenta la piena maturità (senza nulla togliere ad altri significativi film precedenti). Dopo di questo, Craven prosegue nell’esplorazione di nuovi territori all’interno del cinema horror: Le colline hanno gli occhi II, tentativo poco riuscito di rinverdire i fasti del primo con il nuovo gusto eighties, il film-tv Sonno di ghiaccio, il sottovalutato Dovevi essere morta e soprattutto Il serpente e l’arcobaleno (1988), per poi chiudere il decennio con il cult Sotto shock. The Serpent and the Rainbow è sicuramente, se non un capolavoro, una fra le opere maggiori, più riuscite e significative di Craven, nonché uno fra i più originali zombi-movie.
Omaggio a Wes Craven: Benedizione mortale
Benezione mortale (USA, 1981) non è certamente tra i film più famosi di Wes Craven, né uno dei suoi capolavori: potremmo definirlo un “Craven minore”, anche se è meglio evitare definizioni del genere perché ogni film è a sé (di qualsiasi regista si parli) e non bisogna necessariamente confrontarlo con le opere maggiori. Deadly Blessing (questo il titolo originale) è il quinto lungometraggio di Craven: se escludiamo due opere poco conosciute come The Fireworks Woman (La cugina del prete), girato con lo pseudonimo Abe Snake, e il film per la televisione Summer of Fear, prima d’ora il regista aveva realizzato due tra i suoi film più riusciti, che sarebbero diventati col tempo due pietre miliari del new-horror, cioè L’ultima casa a sinistra e Le colline hanno gli occhi. Siamo quindi ancora nella prima fase della sua lunga filmografia, prima della sua opera più celebre Nightmare (1984) che fa da ideale spartiacque.
Omaggio a Wes Craven: Le colline hanno gli occhi
Cobra Kai, un approfondimento sulla serie sequel di Karate Kid
In un articolo pubblicato su Variety sono stati resi noti i dati d’ascolto elaborati dalla Parrot Analytics riguardanti Cobra Kai, una produzione originale del servizio Youtube Red che punta di nuovo i riflettori sulla indimenticata saga di Karate Kid con tutti i suoi celebri protagonisti. Un’analisi di questo report ha evidenziato come nella settimana successiva al rilascio sulla piattaforma online, la serie abbia surclassato prodotti come Tredici (Netflix) e The Handmaid’s Tale (Hulu). È la prima volta che un prodotto targato Youtube Red conquista le vette dello streaming, rendendo lo show un caso nel filone della nostalgia cavalcato sempre più dalle grandi case di produzioni.