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The Marvels, la recensione

Il Marvel Cinematic Universe è giunto a quel punto critico che prima o poi sarebbe inevitabilmente arrivato. Quindici anni da quando tutto è iniziato con Iron Man, praticamente senza consapevolezza che si stava facendo la Storia del Cinema: 5 Fasi, 33 film e 10 serie ad oggi, per la saga cine-televisiva più grande di sempre. Ma come ogni cosa che raggiunge il punto più alto, prima o poi si è destinati a scendere e questo tempo è arrivato anche per i Marvel Studios e per il lavoro quasi sempre impeccabile del buon Kevin Feige. Ma se è innegabile che dopo il climax di Avengers: Endgame qualcosa si è incrinato, quasi una difficoltà fisiologica nella ripartenza, nel catalizzare d’accapo l’attenzione su qualcosa che era considerata come conclusa, è anche vero che la percezione manifesta del pubblico ha iniziato a mutare.

Un tempo era l’entusiasmo dei fan a prevalere attraverso la comunicazione (specialmente sui social network), oggi è la derisione e la rabbia sarcastica degli haters a far notizia e catalizzare l’attenzione sull’MCU. Così, nonostante siano sempre numerosi coloro che seguono con interesse in tv e al cinema le nuove fasi dell’Universo Marvel senza dover per forza manifestare il loro malumore verso fantomatiche “svolte” woke, il sentimento diffuso verso questa saga oggi è negativo, alimentato da chi preferisce far gradasso e soprattutto da quelle testate di discutibile professionalità che in onor dell’engagement social facile favoriscono l’odio con “rumors” screditanti (il 99% delle volte smentiti) e notizie tendenziose.

Questa premessa è utile a far chiarezza sul malumore generale che ha anticipato l’uscita al cinema di The Marvels, 33° lungometraggio del Marvel Cinematic Universe e secondo dedicato alla supereroina Captain Marvel / Carol Denvers, che è stato comunemente considerato un disastro ancora prima di veder la luce.

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Velvet Buzzsaw, la recensione

Per “piatto svuota-frigo” si intende una pietanza ottenuta mischiando gli avanzi commestibili presenti nel frigorifero, dopo che non si è riusciti a fare la spesa (esempi tipici sono la frittata con la lattuga cotta o la pasta sfoglia con sopra rape e formaggio spalmabile, abominio agli occhi del Signore); codeste ricette spesso vengono in seguito celebrate come frutto di geniale creatività nei migliori blog di cucina.

Il concetto alla base dei piatti svuota-frigo, quello del “disperato” lampo di creatività,  è lo stesso degli “horror da magazzino”: ovvero film confezionati da una casa di produzione annoiata che shakera vecchi canovacci con un cast di tutto rispetto per produrre un’opera che, se commercializzata, finirà nelle svendite 3×2 di qualche supermercato, o, alla peggio, nei magazzini e sarà rispolverata, appunto, solo per gli appassionati ammiratori degli attori protagonisti (della serie: “Avete quel film con questo attore?”, “Sì, ne dovrei avere una copia in magazzino”.)

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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