Take Five, la recensione

Negli ultimi mesi una tendenza sta attraversando il cinema italiano: il ritorno del cinema “criminale”.

La scorsa primavera è uscito nei cinema, con un certo successo di pubblico e critica, Song ‘e Napule dei Manetti Bros. che sul tema della criminalità organizzata ci scherzava, mostrando una vena particolarmente ironica e legata alla commedia. Da quel momento in poi una strada in discesa, forse spianata dal successo televisivo di Gomorra – La serie, in questi giorni proposto anche nei cinema, che però ha dato al filone criminale una diversa dignità, più seriosa e realistica. Da allora abbiamo visto in ordine: Senza nessuna pietà, Anime nere, Perez e Take Five. Quest’ultimo, che con il film dei Manetti condivide il passaggio al Festival Internazionale del Film di Roma dello scorso anno e la distribuzione marchiata Microcinema, è forse la vera sorpresa del lotto, un film piccolo ma efficacissimo, che riesce ad equilibrare con reale bravura toni leggeri ed eccessi drammatici, nonché un’ottima vena pulp che raramente si trova nelle produzioni del Belpaese.

Take Five ruota attorno a una rapina in banca organizzata da un quintetto di criminali, composto da Gaetano, suo nipote Salvatore, l’esperto O Sciomèn, Sasà e Carmine, un operaio delle fogne che è l’unico a conoscere la strada che porta al caveau della banca dal sottosuolo. Il piano è raggiungere il caveau in orario d’apertura, costringere il direttore ad aprire la cassaforte, fuggire attraverso le fogne e dividersi: due di loro andranno via con il malloppo, gli altri usciranno prima in superficie, rincontrandosi poi tutti nell’appartamento di Sasà. Ma qualche cosa non va per il verso giusto e tra i cinque cominciano a crescere sospetti e rivalità.

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Al timone del film c’è Guido Lombardi, che scrive e dirige l’opera dopo aver esordito nel 2011 con La Bàs – Educazione criminale che gli valse il Leone del Futuro alla Mostra di Venezia. Il regista dice di aver pensato a Take Five contemporaneamente a La Bàs, anche se in origine si trattava di un film che parlasse di criminalità in maniera seria e realistica. Poi, con il passare del tempo e con il successo internazionale di Gomorra di Garrone, Lombardi ha capito che forse l’anima di Take Five poteva essere diversa, anzi, doveva. Così si passa al genere, ci si gioca con il genere, per distaccarsi dal già esistente. Viene fuori un mix tra azione, commedia e thriller, con un sapore pulp molto accentuato, che fa di Take Five un prodotto singolare e molto appetitoso. Un po’ I soliti ignoti, un po’ Tarantino (senza però giocare con le citazioni), come hanno notato molti critici italiani, solo che i tempi di Monicelli sono passati e l’ottica adottata da Take Five è molto più cinica e votata alla violenza.

Lombardi racconta che in origine Take Five doveva essere una produzione più “importante” e lui si sarebbe dovuto occupare solo della sceneggiatura, mentre alla regia era stato designato addirittura Abel Ferrara. Il progetto, in quei termini, saltò e tutto finì nella mani dello stesso Lombardi che ripensò il progetto in termini più minimali: cinque attori e un’unica location. Poi il film, ovviamente, conta di fatto un cast più corposo e scenari differenti, ma di base Take Five è un film che si potesse fare con poco. E qui sta gran parte del pregio di quest’opera, che con mezzi relativamente esigui ma un’ottima scrittura e dei bravi interpreti, riesce a dare un gran distacco qualitativo alla maggior parte del cinema italiano contemporaneo.

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A proposito degli interpreti, che hanno curiosamente dato tutti il loro vero nome ai personaggi e anche buona parte del loro trascorso reale, sono un fondamentale valore aggiunto al film. Take Five è soprattutto un film di attori e il quintetto scelto da Lombardi è davvero ottimo: Peppe Lanzetta, Salvatore Striano, Gaetano Di Vaio, Carmine Paternoster e Salvatore Ruocco sono perfetti e perfettamente aderenti ai loro personaggi. Ma in Take Five funziona un po’ tutto, anche le musiche di Giordano Corapi, che hanno un eco vagamente western, alla Morricone, e sanno farsi ricordare con piacere.

Una delle più felici sorprese della stagione cinematografica, un film che ci ricorda come in Italia si possa fare dell’altro, un altro tipo di cinema competitivo anche a livello internazionale, e lo si possa fare bene anche senza avere i milioni di Sorrentino o Garrone.

Un bravo a Guido Lombardi e non lasciatevi sfuggire Take Five!

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un film diverso per il panorama italiano.
  • Ben scritto, ben diretto e ben recitato.
  • Nessuno
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Take Five, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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