The Founder, la recensione

Or my name is not Croc, it’s Kroc with a K
A crocodile is not spelt that way now
It’s dog eat dog, rat eat rat
Kroc style, boom like that
(Mark Knoplfer – Boom Like That)

Siamo nel 1954 e l’America sta vivendo il boom del dopoguerra. In Illinois vive il 52enne Ray Kroc, un imprenditore spiantato che ora lavora come commesso viaggiatore nella speranza di vendere il suo attuale prodotto di punta: uno “speciale” frullatore Multimixer destinato ai drive-in americani e capace di preparare più frullati contemporaneamente. Per Ray gli affari non vanno al meglio fino a quando riceve una telefonata dalla sua azienda con un ordine decisamente inaspettato: a San Bernardino, in California, c’è un piccolo ristorante a gestione familiare che ha ordinato ben sei frullatori Multimexer.

Curioso di sapere cosa si nasconde dietro un ristorante che ha la necessità di preparare così tanti frullati contemporaneamente, Ray decide di recarsi sul posto per vedere con i propri occhi. Qui trova un piccolo chiosco di hamburger, McDonald, gestito dai fratelli Dick e Mac McDonald. L’attività tirata su dai due fratelli è semplice ma ha la giusta intuizione per lasciare Ray a bocca aperta. Il loro è un ristorantino a catena di montaggio, specializzato in pochissimi prodotti (hamburger, patatine fritte, bibite e frullati) di alta qualità ma interamente fondato sullo Speedee System. Sbalordito da questo efficacissimo sistema rapido e incentrato sul take away, Ray decide che deve entrare in affari con i fratelli McDonald a tutti i costi e trasformare l’esercizio in un autentico franchise destinato a rivoluzionare il settore della ristorazione americana e mondiale.

Verrebbe da chiedersi se negli Studios hollywoodiani stanno esaurendo le idee o, più semplicemente, sono diventati dannatamente curiosi. Fatto sta che, fino ad una manciata di anni fa, ogni volta che si accendeva la macchina produttiva per realizzare un biopic, l’attenzione si incentrava sempre sulla vita di grandi Uomini. Personalità illustri nel campo della politica, della scienza, della religione o della cultura nel senso più “stretto” del termine. Da qualche anno a questa parte, invece, sta aumentando la produzione di biopic incentrati su personaggi inconsueti, uomini che hanno sicuramente influenzato gli usi e i costumi della società (americana in primis) per merito di intuizioni o creazioni effimere, apparentemente di poco conto, ma destinate ad entrare nella quotidianità di milioni e milioni di persone.

Tutto è più o meno cominciato nel 2010, quando David Fincher ha portato sugli schermi Mark Zuckerberg e la sua deleteria invenzione Facebook con il saccente The Social Network. Poi sono arrivati i due mediocri biopic sul fondatore della Apple Inc., Jobs e Steve Jobs, e successivamente il delizioso film di David O. Russell, Joy, con la bravissima Jennifer Lawrence nei panni di Joy Mangano, inventrice del mocio per pulire i pavimenti.

Con The Founder arriviamo ad uno step successivo. Il biopic si arricchisce di un massiccio cinismo e ci porta a simpatizzare con un bad guy, Ray Kroc, arrivista come pochi e pronto a prendersi meriti che decisamente non gli appartengono. Un uomo che i più definirebbero subdolo, altri, invece, potrebbero ammirarlo per la tenacia. Un imprenditore senza scrupoli che aveva già catturato l’interesse di un artista nel 2004, quando il cantante Mark Knopfler (ex fondatore e leader del gruppo rock Dire Straits) raccontò le sue gesta nel singolo Boom, Like That.

La storia è quella del ristorante più famoso di sempre, il McDonald, ad oggi un autentico impero dell’alimentazione che conta oltre 35.000 ristoranti in tutto il mondo. È fuori discussione, tutti conoscono il Mc e si potrebbero avanzare scommesse su come tutti, almeno una volta, sono entrati in un McDonald per mangiare un hamburger, bere un Milk Shake o comprare un Happy Meal al proprio bambino.

Eppure, nonostante questa fama esagerata, nessuno aveva mai deciso – fino ad ora – di raccontare la storia di questo ristorante. Un’idea partorita dalla mente dei lungimiranti fratelli McDonald, che hanno messo in piedi da soli il primo esercizio, ma attribuita nel tempo all’imprenditore Ray Kroc che non solo ha trasformato/snaturato un piccolo ristorante fondato sulla qualità e sul chilometro zero in un franchise mondiale ma ha anche preso possesso del marchio McDonald’s Corporation spodestando totalmente i fratelli inventori.

La storia legata alla nascita della catena è sicuramente più interessante ed intricata di quanto si possa immaginare ma grande merito dell’eccezionale riuscita del film va allo sceneggiatore Robert Siegel (lo ricordiamo per The Wrestler) che ha scritto una sceneggiatura originale riuscendo ad individuare il giusto punto di vista sulla vicenda, non quello dei creatori ma quello del “cattivo”. Ne è venuto fuori un anomalo film biografico che da una parte racconta la nascita della catena e dall’altra ci parla tout-court di capitalismo americano e di quel famoso “sogno” che tutti in America rincorrono e che, proprio come nel caso di Kroc, può essere raggiunto grazie alla costanza e alla perseveranza. Ma The Founder non si trastulla certo con il sano spirito patriottico. Tutt’altro. Aggredisce la società consumistica ed imprenditoriale americana mostrandoci, intelligentemente, la seconda faccia della medaglia del “sogno americano”: il sogno di uno può essere, allo stesso tempo, il peggior “incubo” di altri.

La scrittura di Siegel è agile, dinamica, va subito al cuore della storia e “acchiappa” lo spettatore senza lasciarlo distrarre un secondo. I dialoghi sono graffianti e tutti i personaggi ben delineati, grazie anche alla diligente regia di John Lee Hancock. Ma va messa in chiaro una cosa: The Founder non sarebbe stato lo stesso film senza la preziosissima interpretazione di Michael Keaton, vero fiore all’occhiello dell’opera, che per l’occasione coglie la palla al balzo per mettere su un vero e proprio one-man-show diventando l’anima del progetto e portando sullo schermo un Ray Kroc memorabile, un anti-eroe atipico, tanto spregevole quanto simpatico ma in grado di portare sin da subito lo spettatore dalla sua parte grazie alla sua determinazione, spregiudicatezza e intraprendenza. Keaton si dimostra ancora una volta attore versatile e di grande talento e dopo Birdman è fuori discussione che l’ex Batman stia vivendo una seconda giovinezza artistica e ci auguriamo vivamente che The Founder gli porterà una candidatura agli Oscar 2017.

Se amate le storie poco convenzionali e volete saperne di più su quest’impero dell’alimentazione che amate o odiate, non vi resta che correre a vedere questo piccolo gioiello.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un biopic intelligente e fuori dagli schemi che ci racconta come il McDonald sia diventato l’impero che tutti conosciamo.
  • La sceneggiatura di Robert Siegel è perfetta.
  • Ritmo e dialoghi travolgenti.
  • Michael Keaton regala una vera interpretazione da Oscar.
  • Perché ostinarsi a cercare il pelo nell’uovo? Tanto il pelo non c’è!
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