The Square, la recensione

Abolita la monarchia svedese, il Palazzo Reale di Stoccolma diventa un museo d’arte e Christian ne è il curatore. Dopo aver trovato una compagnia di pubbliche relazioni, per promuovere la nuova installazione, si verificano una serie di eventi caotici. Una mattina, sulla strada per il lavoro, soccorre una donna in pericolo e si scopre derubato del telefono e del portafoglio. Su suggerimento di un collaboratore, Christian scrive una lettera in cui reclama i suoi averi rubati, innescando una serie di conseguenze che spingono la sua rispettabile ed elegante esistenza in una vertigine di caos.

Al museo, intanto, lui e la sua squadra stanno lavorando all’inaugurazione di una mostra, che prevedere l’installazione dell’opera “The Square”, lavoro di un’artista argentina: un quadrato delimitato da un perimetro luminoso all’interno del quale tutti hanno uguali diritti e doveri. “Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri”. Come l’arte che diviene arte anche in virtù della sua collocazione (si pensi al ready-made, l’oggetto comune traslato rispetto al suo contesto funzionale), così la vicenda di Christian è fatta di interruzioni imprevedibili del fuori contesto dentro il perimetro (che credeva chiuso e quadrato) della sua vita.

Con The Square, Vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 2017 e selezionato per rappresentare la Svezia ai premi Oscar 2018 (in Italia verrà distribuito il 9 novembre da Teodora Film), il regista svedese Ruben Östlund riprende la riflessione, già presente nel suo Forza maggiore, sulla difficoltà di agire realmente secondo i propri valori, portandola in questo caso, nel quotidiano di un individuo di condizione privilegiata, che tende a rimandare i conti con chi non appartiene al suo ambiente.

Prendendo in giro il mondo elitario dell’arte moderna, con tutte le contraddizioni che conosciamo, The Square evidenzia le ansie di ridicolo che possono crearsi se si è disposti a guardare le opere d’arte in una certa maniera. Lo stato di emergenza che viene a crearsi nel corso del film arriva ad inglobare la condizione sociale contemporanea generale, soprattutto là dove, per contrasto, assume più visibilità: nella solidale e storicamente egualitaria Svezia.

La crisi della responsabilità individuale, che Östlund descrive nella feroce scena della cena di gala – durante la quale nessuno si alza per aiutare i malcapitati di turno e tutti si chiudono in se stessi sperando che “non capiti a loro” – è un seme tematico che, piantato all’inizio del film, germoglia a più riprese, fino a sfociare nel disperato discorso di scuse di Christian ad un ragazzino, che diventa atto di auto-assoluzione ed elegia del senso di colpa collettivo.

«Ho cominciato a pensare alla storia nel 2008 – racconta il regista – quando in Svezia è stato realizzato per la prima volta il progetto di un quartiere residenziale chiuso, accessibile ai soli abitanti della zona. Un segno di come le società europee stiano diventando sempre più classiste e individualiste».

Con il suo approccio satirico, la narrazione porta alle estreme conseguenze le peggiori tendenze dei nostri tempi, come il modo in cui i media ignorano le proprie responsabilità nell’amplificare i problemi. I due PR assunti dal protagonista nella pellicola, o meglio, i social media manager, sostengono che l’idea alla base dell’istallazione “The Square” sia troppo “perbene” e nessuno sarebbe interessato a parlarne. Per spingere i giornalisti a scriverne, sostengono, bisogna trovare una controversia. Un conflitto. Anni fa il codice etico della stampa avrebbe impedito ad un giornale o un’emittente televisiva di mostrare immagini scioccanti, di dubbia provenienza e manipolate. Ora è prassi usare immagini di questo tipo ed il crescente sensazionalismo è diventato la norma. Se una foto o un video hanno un contenuto esplosivo non conta il messaggio o il contenuto ma conta soltanto diffonderlo. I social media, in questo modo, rilanciano la diffusione di immagini in tutto il mondo.

La falsa clip creata dai PR del Museo è un valido esempio del ruolo dei media nella società contemporanea. Le immagini in movimento sono il più potente mezzo che abbiamo ed anche il più pericoloso. Il cinema può fornirci una straordinaria chiave di accesso al mondo stimolando il pensiero critico verso aspetti della vita che diamo per scontati.

Altro aspetto interessante su cui il film riflette è il mondo di You Tube. Il regista ha dichiarato che le scene chiave dei suoi film, sono state ispirate da alcuni video virali di YouTube, che gli hanno fornito conferma della plausibilità delle situazioni e delle emozioni dei personaggi. Al riguardo Östlund ha affermato: “Sono stato interessato a questo argomento per molto tempo, a come gli umani abbiano così tanti problemi col perdere la faccia di fronte agli altri. Perciò ogni volta che ho una scena di cui potrebbe esserci qualche riferimento su YouTube, cerco su Google e guardo”.

Con The Square, Östlund porta nuovamente al centro della questione l’uomo ed il problema principale che la società gli pone: il bisogno indotto di affermare il ruolo che il proprio genere impone in ogni contesto ed il senso di vergogna scaturito dal non sentirsi o non essere all’altezza. Allo stesso tempo conferma il suo talento con un film sullo squilibrio sociale e culturale, a sua volta squilibrato ed aperto alla libera interpretazione.

Il film, a tratti elitario come il suo protagonista, trionfa quando batte i suoi territori d’elezione, quando costringe lo spettatore a chiedersi cosa farebbe, quando imbastisce intrecci o scene surreali (come quella del performer che imita una scimmia creando di fatto una situazione animalesca in una raffinata cena di beneficenza) con il preciso fine di esporre la gabbia che la società impone all’Uomo.

Come l’oggetto dell’arte contemporanea, The Square è anche un film aperto, appunto,  all’interpretazione che il pubblico vorrà darne, e questa, forse, è la sua caratteristica più preziosa.

Ilaria Berlingeri

PRO CONTRO
  • La riflessione provocatoria sui nostri tempi.
  • Visivamente ineccepibile.
  • Regala una viscerale e scomoda esperienza cinematografica.
  • Sfora nella lunghezza.
  • Sembra aprire argomenti che non conclude.
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