Transformers – Il risveglio, la recensione
Quando nel 2007 usciva nei cinema Transformers diretto da Michael Bay un po’ tutti ci siamo entusiasmati per quel sense of wonder che il primo adattamento cinematografico delle action figures della Hasbro portava con se, passando sopra anche ai diversi difetti che campeggiavano qua e là. Difetti che sono stati amplificati di film in film e hanno oscurato tutte le cose belle che i robottoni alieni rappresentavano per il fanta-cinema, fino al disastro completo di Transformers – L’ultimo cavaliere del 2017, stroncato all’unanimità dalla critica e dal pubblico confuso e frastornato da una saga che si stava accartocciando su se stessa perdendo di senso, buon gusto e ironia. Finché nel 2018 usciva uno spin-off che faceva anche da prequel a tutta la vicenda, Bumblebee, nel quale il vistosamente stanco Michael Bay passava il testimone al più fresco e motivato Travis Knight confezionando quello che è all’unanimità riconosciuto come il più equilibrato e riuscito film della saga. Sembrava essere stata tracciata una nuova linea, quindi, ma oggi con Transformers: Rise of the Beasts – che in Italia diventa Transformers – Il risveglio – viene compiuto un ulteriore passo di trasformazione con quello che, a tutti gli effetti, ci appare come un reboot della saga.
Pur conservando dei piccoli legami narrativi con Bumblebee (il tutto si riduce a uno scambio di battute tra il transformer giallo e il leader Optimus Prime), Transformers – Il risveglio riparte (quasi) da zero, presentandoci una nuova implacabile minaccia, un altro team di transformers buoni (i Maximal) e una nuova formazione di Autobot, nonché protagonisti umani inediti.
Tutto inizia in un passato indefinito quando il potentissimo Unicron – malvagio transformer divoratore di pianeti – invia il suo emissario Scourge a sottrarre ai Maximal una chiave che gli consentirebbe di muoversi attraverso vari mondi, così da portare avanti il suo piano di distruzione. I Maximal hanno la meglio e riescono a fuggire nascondendosi sulla Terra e portando la chiave con loro.
Molto tempo dopo, il giovane Noah, che si da un gran da fare per mantenere la sua famiglia e trovare i soldi necessari alle cure del fratellino malato, entra accidentalmente in contatto con gli Autobot che gli chiedono di aiutarlo per intrufolarsi in un museo. Dall’edificio, infatti, proviene un impulso che indica l’attivazione della chiave transdimensionale, riportata alla luce da Elena, una stagista della sezione dedicata alla storia antica e all’archeologia. Il problema è che quell’impulso ha attirato anche l’attenzione dei Terrorcon guidati da Scourge che vogliono ultimare il piano di Unicron.
La Terra è adesso il nuovo campo di battaglia dei Transformers!
Michael Bay, che rimane produttore al fianco di Lorenzo di Bonaventura, affida questa volta la regia allo Steven Caple Jr. di Creed II, che si discosta molto dalla parentesi minimale ed emozionale di Bumblebee per tornare sui passi originari della saga. Transformers – Il risveglio, però, è anche ben distante dall’incomprensibile e insopportabile casino dei sequel firmati da Michael Bay e cerca, piuttosto, di avvicinarsi il più possibile ai temi e ai ritmi che erano stati portati in scena proprio con il primo film del 2007.
Prendendo pesantemente ispirazione dalla serie animata Rombi di tuono e cieli di fuoco per i Biocombat (che nasceva dalla linea di giocattoli Transformers Biocombat degli anni ’90), la squadra di sceneggiatori composta da Joby Harold, Darnell Metayer, Josh Peters, Erich Hoeber e Jon Hoeber imbastiscono una trama semplice e lineare che riesce ad alternarsi tra protagonisti umani e protagonisti robot con una certa naturalezza.
Da una parte abbiamo Noah e i suoi problemi economici e famigliari, un personaggio interpretato da un bravo Anthony Ramos (Godzilla II – King of the Monsters; In the Heights – Sognando a New York) con il quale è facilissimo empatizzare (la costruzione del suo background è quasi ricattatoria per quanto di facile trasporto emotivo); dall’altra Mirage, il transformer capace di creare dei suoi doppi ologrammi che avevamo già incontrato (anzi, incontreremo) in Transformers 3 e che crea un legame speciale con Noah imponendosi come “nuovo” Bumblebee.
Se Noah e Mirage sono i due personaggi di maggior importanza tre le fazioni umani-robot, ci sono però tutta una serie di characters di supporto sicuramente ben gestiti, a cominciare dall’umana Elena, la stagista del museo che ha il volto dell’espressiva Dominique Fishback (Judas and the Black Messiah, The Deuce, Sciame). Ovviamente grande attenzione per i transformers, con il solito responsabile leader Optimus Prime (qui con un look che è una via di mezzo tra quello G1 visto in Bumblebee e il successivo più hi-tech) che guida una nuova formazione di Autobot, affiancato dal suo inseparabile soldato Bumblebee, che qui ha però molto meno minutaggio su schermo che in passato. Ben gestito l’inserimento dei Maximal, guidati dal gorilla Optimus Primal, e villains nella norma con lo Scourge (doppiato in originale da Peter Dinklage) a rubare la scena a tutti con la sua innata malvagità, che è anche il suo unico tratto caratteriale.
A proposito di carattere, sembra che gli autori questa volta abbiano puntato più che in passato sul tratteggio umano dei transformers così da renderli, giustamente, più vicini al pubblico mostrando sentimenti ed emozioni, un po’ come accadeva, appunto, nel rapporto speciale che si veniva a creare tra Bumblebee e la sua amica umana nel film del 2018.
Ma stavolta, al centro di tutta la vicenda, coadiuvata da un intreccio che è quasi un mero espediente, abbiamo i robot che se le danno di santa ragione, come accadeva nei film di Bay ma con quel senso del limite e dell’ordine scenografico e coreografico che spesso mancava nei primi film. In questo caso ci sono delle belle scene d’azione, molto spettacolari, cadenzate con una precisa tempistica narrativa che portano a uno scontro finale davvero appassionate e soddisfacente, in cui robot e umani hanno lo stesso peso sullo schermo e nell’azione. Bisogna ammettere che il lungo combattimento in Perù è davvero ben gestito!
Insomma, nel complesso Transformers – Il risveglio è un buon punto di ripartenza. Chi scrive aveva apprezzato maggiormente il cuore, il minimalismo e le atmosfere spielberghiane di Bumblebee, ma Steven Caple Jr. ha comunque trovato un compromesso che possa accontentare anche i fan più esigenti delle mazzate robotiche tornando alle dinamiche d’azione del primo film di Bay. Ora, se la saga proseguirà, è importante prendere a lezione tutti gli errori commessi dal secondo al quinto Transformers e non ripeterli perché il segreto di questi film non è la spettacolare freddezza della CGI, ma la costruzione di personaggi con i quali potersi immedesimare.
Una nota a margine: Transformers – Il risveglio ha una scena di chiusura che, se avrà uno sviluppo, potrebbe portare a un film unico nel suo genere. Incrociamo le dita perché hanno voluto osare e ora DEVONO accontentare gli spettatori!
Roberto Giacomelli
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