Turner, la recensione
Il cinema di Mike Leigh, ancora una volta, si sofferma sulla meticolosa esplorazione del dualismo della natura umana e della strenua lotta per l’autoaffermazione. Il cineasta sceglie stavolta, come exemplum, una figura del calibro di William Turner, celeberrimo artista britannico – e uomo decisamente sgradevole – nonché alfiere della pittura di paesaggio romantica in Inghilterra. A incarnare questa importante e complessa figura è un eccellente Timothy Spall, il quale, dopo una serie di ruoli secondari, per lo più da abietto e ripugnante villain, ha la sua occasione per mostrare il proprio notevole talento. Non a caso, la performance gli è valsa il premio come Miglior attore a Cannes 2014.
Turner è un uomo burbero e aggressivo, sarcastico e indisponente. Eppure, allo stesso tempo, ha la capacità di trasformare tali sentimenti, sulla tela, in ineffabili grazia e bellezza. Come se, rovesciando il proprio tumulto interiore nei paesaggi in tempesta che dipinge, il suo animo incompreso lanciasse un infuocato appello di disperato sfogo. Proprio sulla materiale passione e sulla scrupolosa precisione del Turner artista Leigh pone l’accento, soprattutto attraverso la composizione delle inquadrature che, come di consueto in questo genere di pellicole, deve moltissimo alla composizione pittorica ma senza penalizzare l’approccio manualmente viscerale del pittore ai propri lavori.
Impeccabile, a tal proposito, è anche la fotografia, tenue e suggestiva, co-protagonista a tutti gli effetti del film. Il maggior pregio di Turner, non a caso, è l’esser riuscito a far coesistere in perfetto equilibrio sfera privata e sfera professionale del protagonista, senza mai sbilanciarsi in favore di una o dell’altra. Tale criterio, da una parte rende il prodotto certamente più accurato in quanto documento biografico e, dall’altra, sottolinea un importante assunto, e cioè quanto la dimensione artistica sia consustanziale e assolutamente non separabile dal profilo umano. L’impianto visivo, si diceva, è dotato di una notevolissima forza espressiva. I luoghi della sua arte, rivestiti di luce e potere evocativo, ci parlano direttamente dell’intimità del pittore, regalando spesso l’impressione di esser trascinati direttamente in un dipinto di William Turner.
La regia, a sua volta, è estremamente attenta all’introspezione e al dettaglio. Probabilmente anche troppo, dal momento che digerire le due ore e mezza di durata non è un’esperienza propriamente agevole. La storia narrata, infatti, sebbene degna di nota, spesso manca di ritmo o indugia in tempi morti, malgrado una piacevole dose di humour inglese e una pregevole indagine psicologica. Alla stessa ragione è imputabile un’altra pecca del film, ovvero il tirare in ballo più volte pittori inglesi minori, quasi certamente sconosciuti ai non appassionati d’arte. Questo aspetto potrebbe facilmente disorientare o ostacolare una completa comprensione della vicenda.
Turner, in sala dal 29 gennaio grazie a BIM distribuzione, è un film biografico valido e ben confezionato, la cui cifra stilistica maggiormente apprezzabile è la fedele ricostruzione tanto storica che intima, affrontata da Leigh con determinato rigore e toccante sensibilità. Si consiglia la visione in lingua originale, per non perdere neanche una sfumatura della grandiosa interpretazione di Spall.
Chiara Carnà
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