Una festa esagerata, la recensione

Una città variopinta e dalla millenaria storia, tradizione e cultura come Napoli, non può non avere tanti artisti che, in diversi campi, hanno saputo raccontarla con un sorriso talvolta malinconico e volto a enfatizzare il calore di un intero popolo. Tra questi c’è senza dubbio Vincenzo Salemme il quale si è ormai affermato come uno degli attori che meglio ha cavalcato la tradizione della comicità classica partenopea (quella di Totò ed Eduardo De Filippo, per intenderci) nella sua lunga attività a teatro prima e al cinema poi. Un connubio, quello tra palco e grande schermo, che sintetizza alla perfezione i due amori del regista nativo di Bacoli e che trova il suo naturale sfogo nel suo nuovo lavoro dal titolo Una festa esagerata, tratto da un’omonima opera teatrale, appunto, scritta dallo stesso Salemme. L’operazione di trasposizione, molto ambiziosa quanto complessa, si rivela riuscita solo in parte e partorisce una commedia nel complesso gradevole e a tratti divertente, ma resa zoppicante da una storia troppo farsesca e telefonata.

Nel cast, oltre al già citato Salemme, vi sono Massimiliano Gallo, Tosca D’Aquino, Iaia Forte, Nando Paone, Andrea Di Maria, Francesco Paolantoni e Giovanni Cacioppo.

All’interno di un normale condominio di Napoli, la famiglia Parascandalo è alle prese con l’organizzazione della festa dei diciotto anni della giovane Mirea che si terrà sulla grande terrazza dell’appartamento dove Gennaro, geometra e piccolo imprenditore, vive con Teresa, una donna con manie di grandezza e desiderosa di compiere una scalata sociale. Un’ascesa nella società che la donna cerca di raggiungere attraverso una festa sfarzosa e piena di invitati di lusso, tra cui un importante assessore. Tutto sembra filare per il verso giusto fino al momento in cui il signore del piano di sotto, Don Giovanni Scamardella, perde la vita e di lì inizia una serie di intrecci e colpi di scena continui.

Negli ultimi anni Napoli ha vissuto un radicale processo di cambiamento socio-culturale che ha provocato un forte scarto generazionale e un piacevole conflitto tra tradizione e innovazione in ogni campo, compreso quello artistico. Una festa esagerata gioca molte delle sue carte proprio su questa idea ed infatti al centro dell’intreccio c’è la contrapposizione tra Gennaro, il personaggi interpretato da Salemme, che è ancora legato agli ideali della “Napoli che fu”, quali la fratellanza e l’aiutarsi l’uno con l’altro, e il resto della sua famiglia, tutta rivolta alla voglia di apparire e imporsi nella società. Questo dualismo tra giovane e vecchio si riversa non solo sul piano contenutistico, ma anche in quello stilistico in quanto la comicità di Salemme appare troppo ancorata gli stilemi del suo passato teatrale e al canovaccio della tradizione comica partenopea, fatta di giochi di parole, inganni e fraintendimenti da vecchia commedia dell’arte. Il risultato, come detto sopra, è una commedia gradevole e simpatica, anche se deludente nel momento in cui avrebbe dovuto spingere l’acceleratore del cinismo e della cattiveria dettata dal plot.

Molto azzeccata la scelta del cast i cui membri, tra vecchie conoscenze di Salemme e new entries, si rivelano tutti all’altezza della situazione e ben calati nel propri ruoli.

Una festa esagerata, in conclusione, è una commedia per famiglie o poco più.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Alcuni sketch molto divertenti e ben riusciti.
  • Il cast all’altezza della situazione.
  • La storia un po’ scontata e già vista.
  • La comicità di Salemme fin troppo teatrale e legata alla tradizione.
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