Una notte da dottore, la recensione

Roma. Pierfrancesco Mai è un medico cinico, scorbutico, affetto da un mal di schiena cronico e totalmente disilluso nei confronti della vita. A bordo della sua auto-medica, ogni notte sfreccia lungo le strade della capitale per svolgere il suo lavoro da guardia medica notturna. Una notte come tante, a seguito di una serie di bizzarri imprevisti l’uno dietro l’altro, Pierfrancesco finisce per investire con la sua auto Mario, un giovane rider che lavora per Deliveroo. Dopo l’incidente la sciatica di Pierfrancesco si complica, mettendolo completamente fuori gioco, mentre la bicicletta del rider diventa inutilizzabile. I due, determinati a non perdere il lavoro, trovano un singolare accordo per quella notte: Pierfrancesco è disposto a finire le consegne di Mario con la sua auto ma quest’ultimo, in cambio, deve fingersi medico e curare i pazienti del dottore servendosi di auricolari per indicazioni a distanza.

Dopo un passato ben radicato nel documentario d’inchiesta e in un cinema d’un certo spessore, prosegue imperterrita questa “seconda giovinezza” cinematografica di Guido Chiesa iniziata nel 2015 con il simpatico Belli di papà. Una trasformazione di carriera davvero radicale, senza ombra di dubbio inaspettata, che ha portato l’autore di film come Il caso Martello o Il partigiano Johnny a diventare la punta di diamante della nuovissima commedia popolare a marchio Colorado Film e Medusa Film.

Quelle di Colorado e Medusa sono commedie popolari non troppo sofisticate e pensate ad uso e consumo dello spettatore meno esigente, commedie che traggono forza quasi esclusivamente dal carattere comico dei loro protagonisti ma, soprattutto, quasi tutte accomunate dall’essere remake di piccole commedie straniere semisconosciute. Dunque, dopo Belli di papà (remake del messicano Nosotros los nobles), Ti presento Sofia (remake dell’argentino Se permetti non parlarmi di bambini) e dopo Cambio tutto! (remake del cileno Sin Filtro), Chiesa dirige Una notte da dottore che altro non è che il remake del francese Chiamate un dottore! di Tristan Séguéla, film del 2019 ma distribuito in sordina nel nostro Paese nel settembre 2020 dalla stessa Medusa Film.

Presentato come Evento Speciale durante la XIX edizione di Alice nella Città, nella cornice della Festa del Cinema di Roma, Una notte da dottore si allinea grosso modo allo standard delle precedenti commedie dirette da Guido Chiesa, dunque un film di una semplicità narrativa a tratti disarmante ma forte di un concept chiaro e immediato.

Due uomini profondamente diversi fra loro (opposti in tutto!), costretti a collaborare per un fine comune e destinati a trovare redenzione nel corso di una notte imprevedibile, forse la più importante della loro vita. Semplice, immediato e alla portata di tutti. Un concept tanto vincente da un punto di vista produttivo quanto fragile nel suo impianto squisitamente artistico.

Si, perché il problema più grande del film di Guido Chiesa è che proprio non riesce ad andare al di là del concept di partenza, che diviene dunque croce e delizia dell’intera operazione. Nella sua ora e mezza di durata, infatti, Una notte da dottore non fa altro che ripetere in maniera schematica la medesima situazione: Frank Matano (il rider) che si finge medico, entra nelle case dei pazienti e si trova a dover diagnosticare malattie e cure seguendo le indicazioni di Diego Abatantuono (il dottore) che gli parla in un auricolare. Una volta presentati i due protagonisti e settata la situazione di partenza, il film si intrappola da solo in un meccanismo narrativo ripetitivo che non fa altro che procedere tramite sketch tutti un po’ troppo uguali fra loro.

Diego Abatantuono e Frank Matano non sono “solamente” i protagonisti di Una notte da dottore, sono proprio l’unica ragione d’essere del film. Guido Chiesa, che scrive l’opera insieme ad Alessandro Aronadio e Renato Sannio, non si preoccupa troppo di mettere in scena sketch sofisticati o in qualche modo originali. No, tutt’altro. Agisce sulla costruzione comica il meno possibile e si affida/abbandona completamente al mestiere e alla verve energica dei suoi due beniamini. Il risultato è facilmente prevedibile: Abatantuono e Matano finiscono per caricare sulle loro spalle l’intero film portandolo in un’arena di gioco a loro assai congeniale. Fanno così quello che a loro riesce meglio, quello che sono soliti fare, interpretano loro stessi sganciando battute e freddure altamente prevedibili se solo si conosce un minimo il loro repertorio. Si adagiano entrambi su una recitazione che avanza con il pilota automatico e così facendo smontano completamente la potenziale efficacia del racconto, trasformando quella che poteva essere una bizzarra rivisitazione in salsa comedy del sottovalutato Al di là della vita di Martin Scorsese in uno sterile duetto tra comici che si punzecchiano a suon di repertorio.

Nell’ultimo atto, invece, sembra quasi di avvertire una presa di coscienza di Chiesa e del team di scrittura e così, in modo totalmente gratuito e inaspettato, il regolare meccanismo narrativo si interrompe e i toni ironici vengono improvvisamente messi da parte per dare sfogo ad una nota seriosa e persino drammatica. Un apprezzabile tentativo di elevare il prodotto che però non funziona come avrebbe dovuto, perché il cambio di tono arriva in modo troppo repentino e tutto assume quasi l’aspetto di una posticcia riscrittura in corsa.

Mettendo da parte ciò che ha dato al cinema la nostra commedia del passato e guardando solo alla moderna commedia italiana, fatta di film che hanno evidentemente riscoperto l’importanza della scrittura (si pensi al recentissimo Marilyn ha gli occhi neri, ma anche al pluripremiato Perfetti sconosciuti o alla trilogia di Smetto quando voglio), non si può che provare una nota di sgomento davanti ad un film così basilare come Una notte da dottore. Sicuramente è un film che intrattiene grazie soprattutto a Diego Abatantuono che, con la sua ironia cinica e tagliente, riesce sempre a strappare più di qualche sorriso ma di certo nel 2021 queste commediole dal sapore smaccatamente nazional-popolare iniziano ad avere un retrogusto di vecchio.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’alchimia tra Diego Abatantuono e Frank Matano.
  • Diego Abatantuono sa come reggere la scena e portare a casa la risata, questo è poco ma sicuro.
  • Un concept vincente.
  • Basta con queste commedie remake!
  • Tutto troppo basico.
  • Una sceneggiatura davvero tanto pigra che proprio non funziona.
  • La nota drammatica finale è fuori luogo.
  • Queste commedie nazional-popolari si fanno sempre più riflesso di un cinema superato ma che rifiuta il cambiamento.
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