USS Indianapolis, la recensione

«Insomma, eravamo finiti in mare in più di mille e uscimmo in 316.

Gli altri li avevano mangiati gli squali. Era il 29 giugno del ’45.

Comunque, avevamo consegnato la bomba!»

(Quint – Lo Squalo)

Arriva nelle sale italiane USS Indianapolis, ovvero il film che racconta la drammatica storia dell’omonimo incrociatore della Marina Militare Americana che durante la Seconda Guerra Mondiale, in uno scontro a fuoco con un sommergibile giapponese, diede luce alla peggiore catastrofe marittima della Storia americana.

Una triste pagina di Storia che il Governo statunitense, capeggiato dal Presidente Truman, cercò di insabbiare a “tutela” della missione top-secret che venne affidata all’Indianapolis. All’illustre capitano dell’incrociatore, Charles Butler McVay, venne affidato l’onorevole compito di guidare una missione segretissima: trasportare, da Pearl Harbor a Tinian, una delle due bombe atomiche che avrebbero messo fine alla guerra. Vista la segretezza della missione, non è stato possibile per l’Indianapolis confidare in alcuna scorta militare. Consegnata la bomba, nell’attraversamento del Mare delle Filippine, l’Indianapolis fu intercettata ed affondata da un sommergibile giapponese. Per preservare l’anonimato della missione, la nave non è stata data per dispersa e i sopravvissuti all’affondamento furono abbandonati per cinque interminabili giorni nel Mare delle Filippine infestato di squali. Dei 1196 membri dell’equipaggio solo 316 uomini vennero ritrovati ancora in vita da un velivolo della US Navy durante un normalissimo volo di perlustrazione.

Come possiamo constatare, la storia dell’USS Indianapolis ha dell’incredibile se andiamo a considerare la missione top-secret con il trasporto della bomba atomica che il 6 agosto del 1945 esploderà  sulla città giapponese di Hiroshima. Una sensazione di “assurdità” accresciuta se pensiamo ai tentativi del Governo di insabbiare tale accaduto facendolo apparire come “evento collaterale” nel mentre viene annunciata, il 15 agosto, la resa del Giappone; pensiamo anche a ciò che hanno provato i superstiti all’affondamento, che per cinque lunghissimi giorni sono rimasti a mollo in attesa di essere salvati o addentati da uno squalo. Sembra un racconto di fantasia pensato a regola d’arte e invece è tutto drammaticamente vero. Una manovra militare che avrebbe dovuto esaltare l’orgoglio a stelle e strisce e che invece si è trasformata in una delle più infelici azioni governative nella Storia degli Stati Uniti d’America, nonostante la consegna andata a buon fine dell’atomica.

Una storia del genere doveva assolutamente trovare vita sul grande schermo, soprattutto se consideriamo che la Seconda Guerra Mondiale ci è stata raccontata in tutte le sue sfumature, e infatti è da molto tempo che negli studios americani si respira la voglia di raccontare quest’accaduto. Non tutti sanno che la storia dell’USS Indianapolis doveva arrivare al cinema a fine anni settanta come seguito ufficiale del film di Spielberg, Lo Squalo. L’idea (geniale!) venne allo sceneggiatore Howard Sackler che propose di realizzare, anziché un sequel, un prequel agli avvenimenti sull’isola di Amity basato proprio sull’affondamento della nave militare americana raccontato nel primo film dal capitano Quint. L’idea, purtroppo, non andò a buon fine e Lo Squalo 2 divenne il film che tutti conosciamo.

Oggi la tragica storia dell’USS Indianapolis trova il suo spazio sul grande schermo per merito degli sceneggiatori Cam Cannon e Richard R. Del Castro che, grazie al prezioso sostegno dell’organizzazione Second Watch (associazione di famigliari, amici e sostenitori degli uomini dell’Indianapolis), sono riusciti a svolgere un lavoro attento e attendibile su quelli che sono stati gli eventi che hanno condotto l’incrociatore nel Mare delle Filippine, su cosa è accaduto in quelle acquee e, soprattutto, come si sono svolti i fatti nel post salvataggio. Infatti nel film è raccontato anche il processo al capitano Charles Butler McVay, che venne giudicato colpevole di terzo grado per aver messo in pericolo la sua nave, nonostante le sue disperate richieste, tutte negate per ordini governativi, di ricevere una scorta per via della missione troppo pericolosa.

Sotto il punto di vista prettamente documentativo, il film diretto dall’attore Mario Van Peebles (che con gli squali aveva già avuto a che fare in Lo Squalo 4) si difende molto bene e racconta i fatti dell’USS Indianapolis con quella perizia e chiarezza espositiva più consona ad un documentario che ad un racconto di finzione. Il film di Van Peebles, che supera di poco l’ora e mezza di durata, decide di abbracciare tutta la storia, dalla commissione dell’azione militare segreta al processo in corte marziale del capitano McVay, con l’unico risultato possibile di raccontare la storia con una pesante superficialità in ogni dove. Tutto avviene in fretta e nessuna svolta narrativa riceve la giusta preparazione. I protagonisti della vicenda sono appena delineati, con caratterizzazioni che annegano nel più becero stereotipo e purtroppo lo spettatore non riesce né a trovare un punto d’identificazione né a simpatizzare per nessuno. Anzi, si fatica non poco a distinguere i personaggi nel momento in cui sono a mollo nel Mare delle Filippine.

Se il film, come detto, convince nell’esposizione degli accadimenti storici (frettolosi ma chiari) pecca in una messa in scena eccessivamente poveristica, più consona ad un vecchio film tv, con scene d’azione davvero poco convincenti, effetti digitali di bassa lega ed una ricostruzione storica molto artificiale in quanto a costumi e scenografie.

Tante cose che non funzionano, purtroppo, e neanche gli squali – realizzati degnamente con effetti d’animatronica – riescono a salvare lo spettacolo. Nel momento in cui questi entrano in scena, dopo essere stati “invocati” verbalmente in tutta la prima parte del film in maniera anche un po’ ridicola, ci si aspetta uno spettacolo teso che possa ricordarci, in qualche modo, il bellissimo Open Water e invece si finisce con il restare a bocca asciutta. Vediamo spesso i letali pesci nuotare tra i “bagnanti” ma quasi nessuna aggressione, una situazione che si prestava benissimo per scene adrenaliniche e ansiogene ci viene raccontata con una totale assenza di pathos e senza il minimo coinvolgimento.

Anche l’ultimo atto del film, ambientato nella corte marziale della Marina con il processo a McVoy, non riceve la giusta spinta che avrebbe meritato. Quello che, probabilmente, è il capitolo più interessante della vicenda poiché mette in luce le clamorose falle insite nel sistema giuridico e governativo americano dell’epoca, ingrovigliato in una matassa di contraddizioni, viene trattato con fare superficiale e meramente documentativo fino a giungere ad una sequenza finale in cui si eccede in un fastidioso buonismo utile ad esaltare le qualità “eroiche” degli uomini piuttosto che dei soldati con la banalissima morale che in guerra, nonostante le divise di colore diverso, si è tutti uguali. Il proverbiale “un colpo al cerchio e uno alla botte” per evitare accuse di eccessivo patriottismo e “salvare” tanto gli americani che i giapponesi.

Le grandi aspettative per USS Indianapolis non sono state appagate e il film è destinato a vivere nel cassetto delle “occasioni mancate”. C’è molto più dramma e sentimento nei quattro minuti di monologo del capitano Quint de Lo Squalo che in tutto questo film.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • La missione top-secret affidata all’USS Indianapolis viene raccontata con una buona chiarezza narrativa e attraverso una giusta attendibilità storica visto il coinvolgimento dell’organizzazione Second Watch.
  • Una messa in scena eccessivamente televisiva.
  • Narrazione didascalica e frettolosa.
  • Personaggi stereotipati e mal delineati.
  • Scene d’azione ed effetti digitali dozzinali.
  • L’utilizzo degli squali è davvero mal gestito.
  • Tante situazioni drammatiche prive di trasporto emotivo.
  • Epilogo eccessivamente buonista.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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