Il vegetale, la recensione

Approda nei cinema italiani Il Vegetale, la nuova commedia scritta e diretta da quel “furbacchione” di Gennaro Nunziante che, per l’occasione, si prefigge l’ambizioso scopo di creare una nuova maschera comica. Un volto giovanissimo, inaspettato, che entra in punta di piedi nel jet set dei comici italiani di oggi. È Fabio Rovazzi, youtuber ventiquattrenne (lui si che conosce il significato della parola “gavetta”) diventato l’idolo di molti bambini e ragazzini grazie a tormentoni musicali come “Andiamo a comandare” e “Tutto molto interessante”.

L’entrata sulle scene di Fabio Rovazzi, in questa misura qui, ha lasciato chi scrive nella più completa perplessità. Questo perché Rovazzi è un “artista” anomalo, uscito fuori dal nulla ma capace di spopolare tra le fasce d’età più giovani, tra coloro che passano molte ore a brucare nei pascoli dei social network ruminando un video dietro l’altro. Ma la cosa curiosa è che Rovazzi non è un comico e non ha nulla che fa ridere. Le sue canzonette viaggiano nell’etere della leggerezza e della simpatia, ma non godono di quel carattere smaccatamente comico o irriverente che animava – tanto per fare un esempio e capirci – il duo Cochi & Renato. Perché, dunque, eleggere Fabio Rovazzi come nuovo portabandiera della commedia italiana? Perché lui è non, che so, Tiziano Ferro o un Antonino Canavacciuolo?

A questa risposta potrebbe rispondere solo Gennaro Nunziante, che è comunque uno dal fiuto per i successi facili, che ormai abbandonato da Checco Zalone (visto che il comico pugliese si dirigerà i prossimi film da solo) ha bisogno di un nuovo pupillo da svezzare, coccolare e sfruttare. La scelta è caduta su Rovazzi, che ci piaccia o no, facciamocene una ragione e veniamo a Il Vegetale, film che sta godendo di una notevole spinta vista e considerata anche la partecipazione in produzione nientepopodimeno che di The Walt Disney Company Italia.

Me cojoni!!!  Potremmo esclamare ricorrendo ad un colorato gergo popolare.

La storia è quella di Fabio Rovazzi (Rovazzi), un neolaureato milanese che trova difficoltà nel fare i primi passi nel mondo del lavoro. Figlio di un padre disonesto (Ninni Bruschetta) che si è arricchito illegalmente con una ditta edile, Fabio è un ragazzo timido e ingenuo, completamente impreparato nei confronti di quella tirannia che anima la nostra società. Fabio è uno di quelli che ama agire solo in modo trasparente, in nome della legalità e del moralmente giusto. Un ragazzo “per bene” come lui non può che trovare enormi difficoltà nel passare dalla giovinezza all’età adulta. A seguito di un incidente automobilistico del padre, Fabio si trova improvvisamente a capo dell’azienda edile e sarà costretto a convivere con la sorellastra, una bambina di circa dieci anni molto più sveglia e caparbia di lui. Ma le disavventure per Fabio si susseguono alla velocità della luce e in breve tempo manderà in rovina l’azienda del padre e finirà tra i campi a raccogliere i pomodori. Un lavoro “nobile” che uno stagista non può certo rifiutare.

Sappiamo che Gennaro Nunziante si è fatto conoscere con Checco Zalone (questo è il primo film che dirige senza il comico barese) ed è proprio a lui che deve quella “fama” che oggi si porta dietro e che ha convinto persino il distaccamento italiano di Walt Disney a sostenere economicamente un suo film. Perché oggi, Nunziante, è definito il regista dei più grandi successi commerciali del nostro Paese ma, di fatto, lui è stato solo il burattinaio che ha animato la marionetta più richiesta dal mercato. Il banco di prova, per Nunziante, arriva proprio ora che è stato reciso quel cordone ombelicale che lo teneva unito a quel “salvadanai pieno di soldi” che risponde al nome di Checco Zalone.

Ciò che fa maggiormente sorridere vedendo Il Vegetale è notare come Nunziante abbia continuato a fare sempre lo stesso film pur cambiando la personalità comica al centro del racconto. Si passa da un Checco Zalone cialtrone a un Fabio Rovazzi per bene, ma i meccanismi narrativi-comici sono esattamente gli stessi visti già in Quo vado? o Sole a catinelle. Si può tranquillamente affermare che Il Vegetale è un film con Checco Zalone senza Checco Zalone.

Un’operazione bizzarra in cui il regista sembra voler convincersi che nonostante abbia perso il comico più amato d’Italia non sia cambiato nulla. In realtà non è proprio così perché Il Vegetale è un film costantemente in bilico tra il comico e la commedia, molto garbato e con tanto di morale finale, ma al tempo stesso è un film che non riesce a far ridere proprio mai. Perché? Semplice! Fabio Rovazzi non è un comico. Non ha il carisma del comico. Non ha i tempi del comico. I pochi momenti divertenti del film, capaci di strappare qualche timido sorriso, sono tutti affidati alla giovanissima interprete Rosy Franzese, che nel film interpreta la sorellina di Rovazzi e che sfoggia un talento (non solo comico) capace di far impallidire anche Luca Zingaretti, altro protagonista del film.

Se togliamo la comicità ad un film comico cosa rimane? Poco e niente, sinceramente, perché il film – proprio come i passati film con Zalone – si chiude a riccio dietro una messa in scena basica, anzi dilettantesca, che non mostra il minimo interesse nel curare quelle sfumature che potrebbero fare la differenza. La regia di Nunziante si esaurisce alla formula scolastica del totale/campo/ controcampo, la fotografia di Fabio Zamarion è priva di stile e si traduce in una tendenza ad illuminare tutto, come accade nelle peggiori fiction Rai, ed anche il montaggio video e sonoro è accademico ed essenziale. C’erano molte più trovate creative nelle commedie degli anni ottanta dirette da Castellano & Pipolo, eppure loro venivano sempre demoliti da “certa” critica.

Anche a livello di scrittura il film rivela molte fragilità. Si affoga nel mare magnum dei luoghi comuni, con tutti quegli stereotipi tipici di certe commedie e che vanno dall’imprenditore milanese senza scrupoli, al coinquilino pugliese con la battuta sempre pronta, dalla solita satira spicciola sul precariato giovanile a quella sullo sfruttamento razziale. E così via, verso un universo sconfinato di situazioni viste e riviste e dove tutto, di conseguenza, diventa così dannatamente prevedibile.

Non siamo di fronte a quello che può essere considerato propriamente un brutto film, no, Il Vegetale riesce ad essere comunque più gradevole di tante commediaccie che purtroppo affollano di frequente i nostri schermi. Si fatica però ad individuare una vera ragion d’esistere, perché quello con Fabio Rovazzi è un filmetto leggero, ma così leggero da apparire inconsistente.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • La piccola Rosy Franzese, è lei la vera ed unica star del film!
  • Fabio Rovazzi? Perché Fabio Rovazzi?
  • A cavallo tra la commedia e la comicità, eppure non si ride mai.
  • Tanti luoghi comuni e situazioni trite e ritrite.
  • Tecnicamente parlando il film è zero  e questo fa riflettere parecchio quando c’è Walt Disney Italia a produrre.
  • Perché Fabio Rovazzi?

Leggi il resoconto dalla conferenza stampa de Il vegetale, alla presenza di Fabio Rovazzi, Gennaro Nunziante e Luca Zingaretti.

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