Venezia 71. Sfratti selvaggi, il furto del cadavere di Charlot, i pastori dall’anima nera

Prosegue il viaggio tra le visioni veneziane della 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e tra i film presentati il 29 agosto ci sono temi di grande attualità, cronaca italiana e una commedia dolce/amara francese.

Tra i film in concorso, 99 Homes è uno di quelli che, per il momento, sembra aver riscosso maggior successo tra la critica. La tematica è di quelle scottanti e di grande attualità, ovvero la speculazione edilizia, lo strapotere delle banche e gli sfratti perpretati ai danni di poveracci che non riescono pagare i loro mutui. L’azione è ambientata in Florida nel 2010 e ci racconta la spietata attività di Carver, un esattore immobiliare che, per conto delle banche, esegue sfratti. Quando Carver incrocia la strada di Nash, trova in lui una vittima ma anche un prezioso alleato, un figlio putativo a cui dare una seconda possibilità e a cui lasciare una pesante e ignobile eredità.

99 homesIl regista Ramin Bahrani si serve di una storia che cavalca l’attualità e, con ogni probabilità, continuerà a farlo per molto tempo, fornendo uno spaccato della società americana (ma la situazione è comparabile a quella di molti altri Stati). La tematica, dunque, è forte, sicuramente vincente, e la possibilità di avere nel cast due attori di grande richiamo come il magnifico Michael Shannon e il nuovo Spiderman Andrew Garfield, gioca senz’altro a suo favore.

C’è da dire, però, che il film dura due ore e almeno una ventina di minuti sono vistosamente di troppo, dando al film un tocco di pesantezza narrativa e ridondanza, senza delle quali 99 Homes ci avrebbe senz’altro guadagnato.

Notevole il processo psicologico che affronta Nash (Garfield) e il rapporto quasi filiale che viene a crearsi con il mentore malvagio Carver (Shannon).

Cambiamo completamente toni con La rançon de la gloire, altro film in concorso ma stavolta di nazionalità francese.

Si racconta la storia di Eddy e Osman, il primo appena uscito di carcere, il secondo disoccupato con moglie malata. I due “poveri cristi” non sanno come sbarcare il lunario e, guardando in tv i funerali dell’appena defunto Charlie Chaplin, hanno un’idea “geniale”: rubare la sua salma e chiedere un riscatto alla famiglia! Ovviamente la cosa è ben più complicata del previsto e a un iniziale successo, seguono conseguenze tragicomiche.

LA-RANCON-DE-LA-GLOIREXavier Beauvois, già regista di Uomini di Dio, si cimenta con un soggetto assolutamente vincente. L’idea che sta alla base di La rançon de la gloire è di quelle che invogliano immediatamente alla visione e sapere che la storia è tratta da una vicenda realmente accaduta nel 1977 non fa altro che accentuare la portata paradossale e divertente dell’intera operazione. I due attori protagonisti, Benoit Poelvoorde e Roschdy Zem, sono bravi e perfettamente in parte e il tono perennemente sospeso tra la commedia e il dramma è gestito magnificamente. Quello che però non convince è la gestione narrativa degli eventi, perché emerge una cattiva partizione degli atti: a una fase di preparazione fin troppo lunga, segue una risoluzione sbrigativa. Il film comunque è delizioso e ha tutte le carte in regola per piacere al pubblico e mietere incassi, come la neo-commedia francese negli ultimi anni sta dimostrando di saper fare.

Terzo film in concorso e altro titolo acclamato dalla critica. L’italiano Anime Nere, di Francesco Murzi, cerca di adagiarsi su quel filone del noir dalla forte connotazione regionale che di tanto in tanto fa capolino nelle produzioni italiane da Festival, dalle parti di Lacapagira e di Gomorra. C’è da fare una premessa: Anime nere è realizzato benissimo: fotografia, regia, attori… tutto da standing ovation. Purtroppo, però, è scritto male e, soprattutto, non ha anima.

anime nereLa sceneggiatura, scritta dallo stesso Munzi con Fabrizio Ruggirello e Maurizio Braucci, non riesce a sviluppare i troppi personaggi in scena, ognuno dei quali non ha la giusta caratterizzazione e non trova un reale perché nell’interazione con il contesto. Inoltre, in 105’ minuti di durata, il film entra nell’argomento portante intorno al 75° minuto, con la conseguenza che lo sviluppo è frettoloso e l’epilogo anche peggio. Tutto ciò porta a una eccessiva freddezza dell’opera, non si riesce ad entrare in empatia con nessuno dei personaggi e gli sprazzi di crudeltà fanno intuire che questo sia voluto, anche se, di fatto, non è giustificabile. La storia inoltre risulta confusa e le vicende dei pastori calabresi che si danno all’omiciido e alla criminalità non appassiona.

Nelle sale italiane dal 18 settembre di stribuito da Good Films.

Nella giornata del 29 è stato presentato anche She’s Funny That Way, opera Fuori concorso del regista Peter Bogdanovich, con Owen Wilson, Imogenh Potts, Rhys Ifans, Kathryn Hann e Jennifer Aniston. Leggerissima commedia degli equivoci, molto debitrice a Lubitsch (in maniera dichiarata) e Allen… ma così leggera che si dimentica in fretta. Ne parleremo con una recensione dettagliata e con la conferenza stampa in cui hanno preso parola Owen Wilson e Peter Bogdanovich.

Roberto Giacomelli

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