Venezia 76. Lan Xin Da Ju Yuan (Saturday Fiction)
Spy story ambientata a Shangai nel 1941, Saturday Fiction è un film che ricorda per molti tratti una fiction televisiva. Per questo motivo, difficile da digerire per una platea cinematografica.
La trama ruota attorno a un’attrice di teatro e cinema che torna a Shangai per mettere in piedi una commedia. In città, però, c’è anche il suo ex marito, incarcerato dai giapponesi perché si crede essere in possesso di informazioni rilevanti. Che mestiere facesse non ci è dato saperlo.
Prendiamo quello che abbiamo: molte scene sono un continuo di allusioni a questi rapporti segreti che non portano da nessuna parte, non ci dicono lo scopo di una prigionia, piuttosto che di azioni militarizzate, bensì ci vengono dati degli elementi personali sui personaggi che, ancora una volta, non ci servono a nulla.
Sappiamo solo che in un caso può accadere che qualcuno cambi schieramento, che una lei ha relazioni con un attore anche se è desiderata da un altro, che quest’altro è in combutta con i nemici del popolo.
Unico elemento interessante pare essere il confine tra scena e realtà, tra quello che si vuole rappresentare e quello che invece accade realmente. Spesso è un solo elemento, a farci capire se stiamo da una parte o dall’altra. In ogni caso la narrazione è talmente priva di narrato, che non farebbe differenza.
Il modello seguito sembra infatti quello americano della spy story, ma la reinterpretazione cinese è un agglomerato di scene senza un senso. Cosa che sta per accadere anche a questa recensione, e perciò mi fermo. Prima di incazzarmi sul serio…
Roberto Zagarese
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