Venezia79: preapertura con il classico restaurato Stella Dallas

Anche quest’anno la Mostra del Cinema di Venezia è arrivata.

Edizione LXXIX, a dare inizio alle danze è stato un grande classico del cinema muto.

Dopo i saluti e i rituali convenevoli alla manifestazione, il Presidente Alberto Barbera non ha mancato di lasciare la parola a chi ha creduto nel restauro della pellicola Stella Dallas (1925) di Henry King, presentato in Sala Darsena col l’accompagnamento in diretta della Gaga Symphony Orchestra di Venezia.

Ad esprimersi sul progetto di restaurazione è stato il rappresentante della MOMA Foundation, attrice della versione rimasterizzata insieme alla Film Foundation presieduta da Martin Scorsese. Uno stesso critico della Foundation di Scorsese non ha mancato di sottolineare come il film verta su due personaggi principali – madre e figlia – entrambi donne, motore della narrazione. Donna è stata anche Frances Marion, sceneggiatrice che ha contribuito a focalizzare la pellicola sullo stato delle donne nella società classicamente concepita.

Se infatti in questo film la figura dell’uomo viene impersonificata da un marito e padre sempre assente e da un “borghesotto” ubriacone dell’imprenditoria locale, la figura delle donne viene analizzata su tre diversi piani.

Il primo piano è quello di Stella Dallas – da cui trae titolo il film -, una donna che ha deciso di sposarsi con un ricco uomo sui trentacinque dell’alta società, nonostante lei faccia parte del proletariato e le attitudini alla vita dei due personaggi stiano agli antipodi. Stella, dopo aver avuto una figlia, apprende dal marito la volontà di trasferirsi nella maestosa New York, ma ci rinuncia perché le sue conoscenze di campagna sono apparentemente tutto quello che ha.

Ed è proprio dalla non volontà di rinunciare né da parte dell’uomo alla sua carriera, né da parte della donna alla sua vita “locale”, che viene fuori il conflitto.

stella dallas

Il conflitto viene vissuto in prima persona dalla figlia Laurel, che a mano a mano che cresce si riscopre sempre più come il padre, legata cioè una società che fa della finezza il suo punto vitale.

Lauren è infatti una figlia modello, che rimane legata agli ambienti più formali e altolocati, specialmente quando si tratta di conoscere, verso i quindici anni, il ragazzo che diventerà suo marito.

La madre di Lauren non ha nulla da spartire con questo genere di persone, e in concomitanza con il desiderio impossibile di raddrizzare la sua storia, vive nel limbo di un amante e della incompatibilità esterna con la figlia. “Esterna”, perché quando la figlia deve presenziare a eventi formali con il nuovo ragazzo, lei ne viene esclusa.

La figlia per un certo periodo del film prende l’iniziativa di escludere la madre da alcuni ambienti, diventando un po’ come la nuova amante del padre (terzo livello), una donna attaccata ai formalismi e che fa del bel faccino il suo cavallo di battaglia.

stella dallas

Ma il conflitto è pieno e non si piega, specialmente quando si tratta del rapporto tra madre e figlia.
Entrambe vogliono il meglio per l’altra e, nell’esplicitarlo con azioni non sempre fatte alla luce del sole, cercano l’equilibrio della persona cara piuttosto che il proprio.

In un quadro dove le immagini vengono efficacemente filtrate da colori che vanno dal giallo al violetto, il tutto ha un equilibrio solamente cromatico. Ma la storia trova un suo interessante finale, andando a regalare l’ennesima forte emozione della pellicola. Filtri che tolgono sicuramente peso alla scenografia di qualità dell’epoca, ma che regalano una maggiore fruibilità allo spettatore contemporaneo.

La musica in sala contribuisce a dare il tono della performance più che di una pellicola, culla e trasporta gli spettatori all’interno di un Festival che si preannuncia entusiasmante.

Buona la (pre)prima, dunque.

E viva il cinema!

Roberto Zagarese

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