Venezia79. The Happiest Man in the World. Appuntamento (al buio) con l’assassino!

Film interessante, seppur non totalmente riuscito, The Happiest Man in the World di Teona Stugar Mitevska, in concorso in Orizzonti alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia, sezione che propone molti registi in via di affermazione.

Teona Stugar Mitevska è un regista macedone, per questo motivo mette in scena echi dalla guerra di Bosnia ed Erzegovina del 1995, senza tuttavia colpire fino in fondo. Dico questo perché il sottoscritto ha visto il film in compagnia di una spettatrice russa, la quale ha poi confermato che per la sensibilità delle popolazioni dell’Est Europa questo era un tentativo abbastanza patetico di descrivere qualcosa non vissuta in prima persona. La sensazione delle atrocità della guerra arriva per circa due minuti su cento totali, il che può rendere questo film a tutti gli effetti più una parodia che la testimonianza di un evento tragico.

Partiamo però dall’idea di trama, che rimane geniale.

Una donna si presenta a uno speed dating. Le viene assegnato un compagno e, scoprendo la storia dello stesso, le tornano alla mente ricordi tragici e traumatizzanti. Da lì parte un’escalation che porta la donna – da razionale assistente legali per vari studi importanti della città – a perdere la sua umanità per lasciare uscire tutta la rabbia che considerava passata.

Le inquadrature del film sono ben fatte, a tratti sembra una commedia (incomprensibilmente oggi se non fai un film ironico non puoi fare un bel o grande film), e i temi che vengono affrontati nei dibattiti sono comunque importanti. A mano a mano che la questione della guerra emerge, tutti (o quasi) i partecipanti all’appuntamento rivelano di avere un trauma legato al conflitto.

“Avete ripreso tutto da capo”, questo il punto a cui arriva una delle partecipanti nel momento di massima tensione.

Perché effettivamente non è forse vero che ci sono ferite che non si rimargineranno mai veramente, e una volta che vi si passa un coltello bruciano come appena apertesi?

Vi è poi un piano che sottolinea la differenza di linguaggio tra occidentali ed est europei. Un europeo penserà sempre al rapporto tra i due protagonisti come una storia d’amore, mentre un cittadino est europeo nel momento in cui viene messa in primo piano la guerra cambia totalmente la sua attitudine e il modo di vedere il film.

Vi è poi un sapiente uso della luce da parte del regista, utilizzo che culmina con la metafora finale della notte che scende sulla città, rendendo il paesaggio molto simile al prato di un cimitero, con le luci delle case come tombe.

Il passaggio di genere – da commedia a tragedia – avviene in modo curato e senza scossoni e chi guarda il film non percepisce strappi perché completamente immerso nella visione.

Per quello che abbiamo detto all’inizio forse la tragedia non sarà pienamente compiuta, ma ci sono vari elementi (tra cui quelli qui sopra citati) che fanno pensare a un futuro brillante per il regista di The Happiest Man in the World.

Roberto Zagarese

PRO CONTRO
  • Costruzione della sceneggiatura.
  • Interpretazione del protagonista maschile.
  • Fotografia.
  • Utilizzo della drammaticità.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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One Response to Venezia79. The Happiest Man in the World. Appuntamento (al buio) con l’assassino!

  1. Gessica ha detto:

    Gia dal titolo di questo articolo trovo sminuito non solo il film, ma il tentativo poetico, terapeutico e sociale di narrare una visione personale di un fatto realmente accaduto. O probabilmente lei é uscito con la spectatrice russe prima della fine, altrimenti avrebbe letto che é ispirato ad una storia vera. Una storia. Vera. Non La Storia. Una storia. A volte se i film non si sanno recensire in modo critico ma interessante,é meglio non recension, mi creda.

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