Venezia80. Adagio, la recensione del film di Stefano Sollima

L’estate romana tra sole e umidità è sempre molto calda e negli ultimi anni sembra che lo stia diventando ancora di più. Un caldo soffocante che pare aver ispirato qualcosa nel cinema italiano, prima con la dramedy Siccità di Paolo Virzì (presentato a Venezia nel 2022) e adesso con il thriller Adagio di Stefano Sollima, regista delle prime stagioni della serie Gomorra e del film Soldado, sequel del riuscitissimo Sicario di Denis Villeneuve. Se in Siccità Roma era priva di acqua, in Adagio la periferia della Capitale è continuamente accerchiata da fumo e fiamme di incendi che si avvicinano lentamente alla città. Sullo sfondo, si muovono i protagonisti di questo thriller, ovvero giovani ingenui, carabinieri corrotti e vecchi killer stanchi.

Manuel (Gianmarco Franchini) è un sedicenne romano che vive con il vecchio padre, affetto ormai da demenza senile. Colto in flagrante durante un atto illecito, il ragazzo viene ricattato e mandato a fare un lavoro pericoloso. Manuel però non è un ragazzo qualunque: il vecchio padre altri non è che Daytona (Toni Servillo), ex membro della banda della Magliana.

Manuel si ritrova quindi trascinato in un mondo pericoloso e degradato, in situazioni più grandi di lui dove è in pericolo di vita senza sapere perché e cosa stia succedendo. Per risolvere la situazione si affida al vecchio compagno del padre, Pol Niuman (Valerio Mastandrea), che a sua volta lo manderà da Romeo detto “il Cammello”, interpretato da un irriconoscibile Pierfrancesco Favino.

Tra vecchie amicizie, rimpianti, e paura, i personaggi si muovono in una Roma assolata e irrespirabile, intervallata da continui blackout che ormai sono diventati una banale quotidianità, mentre le fiamme in lontananza osservano, inarrestabili e indifferenti. Manuel, ingenuo e impaurito, si ritrova immerso in un mondo senza pietà e senza valori, in una fuga continua e senza senso, accompagnata dalla bellissima colonna sonora dei Subsonica che aggiunge moltissimo alle scene più delicate e forti del film.

Daytona, Pol Niuman e il Cammello, sembrano quindi i personaggi di una sorta di sequel spirituale di precedenti lavori di Sollima come Suburra e la serie Romanzo Criminale, in cui agli eccessi e all’ambizione giovanile si sostituisce il rimpianto e la piccolezza di personaggi una volta grandi e ora costretti a fingere, ad accontentarsi, a vedere con gli occhi degli altri al posto dei propri. Ed è un ragazzo, la cui unica colpa è di essere nato nel posto sbagliato, che cerca di fuggire da tutto questo.

Sollima con Adagio si conferma uno dei registi italiani più capaci a girare thriller efficaci e senza pietà, che alternano adrenalina a momenti intimi e quotidiani. Dall’altro lato, però, Adagio non fa nulla di troppo nuovo, risultando in un prodotto sicuramente ben realizzato e che ha la possibilità di elevarsi in particolare grazie alle interpretazioni ottime di Toni Servillo e Pierfrancesco Favino (Mastandrea compare troppo poco e troppo al buio, ma la sua presenza è comunque apprezzata). Però, allo stesso tempo, il film non arriva mai in profondità, non riuscendo a coinvolgere emotivamente lo spettatore. Inoltre, rimane un rimpianto a fine visione: il personaggio di Servillo era così affascinante che doveva essere utilizzato di più!

Adagio è stato presentato in concorso alla 80ª Mostra del Cinema di Venezia e sarà distribuito nei cinema italiani dal 14 dicembre da Vision Distribution.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • Colonna sonora dei Subsonica.
  • Interpretazione di Toni Servillo e Pierfrancesco Favino.
  • Nulla di nuovo o sconvolgente.
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