Green Border, la recensione

2021, al confine tra Bielorussia e Polonia migliaia di migranti vengono utilizzati come arma politica dal regime di Lukashenko per fare pressioni sull’Europa. Migliaia di persone si ritrovano quindi coinvolte in un gioco infernale in cui vengono usate come proiettili, o meglio come palloni, da un lato all’altro del confine, rifiutate da tutti e invisibili al resto del mondo.

Green Border è uno di quei film importanti per capire la società di oggi e che riesce ad accompagnare una precisione quasi giornalistica all’empatia e all’emozione del mezzo cinematografico, raccontando una storia cruda, un incubo continuo che è invece una realtà quotidiana.

Il film segue le vicende di un gruppo di persone in fuga dalle proprie realtà per salvarsi la vita o sperare in un futuro migliore, chi dalla Siria, chi dall’Afghanistan. Atterrati in Bielorussia in aereo, si ritrovano quindi coinvolti in uno spietato ping-pong dove verranno continuamente rispediti da un lato all’altro della frontiera, sia dalla Bielorussia che dalla Polonia (in barba alle leggi europee), vedendosi continuamente violati dei propri diritti umani.

Green Border, però, nel raccontare questa storia non dimentica nessuno. Le famiglie in cerca di una nuova possibilità, le guardie di frontiera che quotidianamente commettono o assistono ad orrori indicibili e gli impatti sulla loro psiche, gli attivisti che cercano di fare il possibile ma con mille limitazioni che li mettono a loro volta a rischio. Totalmente assenti invece sono le istituzioni, che ignorano ciò che succede come se non stesse accadendo nulla e che sembrano più lontane che mai.

Il film, in bianco e nero, riesce quindi a mostrare a 360 gradi il funzionamento di un sistema inumano e violento in cui le vittime sono persone normali bloccate in un eterno girone dell’inferno in cui solo i più fortunati sopravvivono, in quello che è un dramma che va avanti ancora oggi, dove tutt’ora muoiono migliaia di persone.

Un film assolutamente da vedere e che oggi è più importante che mai, e che riesce, nonostante l’evidente impegno politico, a creare dei personaggi ben scritti, umani e non didascalici (cosa che in questo genere di lavori non è affatto scontata), con giusto qualche momento forse un po’ retorico, ma a cui la regista Agnieszka Holland non fa troppo ricorso, privilegiando piuttosto uno stile asciutto e crudo.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
Precisione giornalistica attraverso la narrazione cinematografica della crisi dei migranti tra Polonia e Bielorussia. No.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Green Border, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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