Venezia80. Vampire humaniste cherche suicidaire consentant, la recensione

Presentato in concorso alle Giornate degli Autori dell’80ª Mostra del Cinema di Venezia, Vampire humaniste cherche suicidaire consentant è l’esordio al lungometraggio della regista canadese Ariane Louis-Seize.

Sasha (Sara Montpetit) è una giovane vampira che fin da bambina manifesta un grave problema comportamentale: l’empatia per gli esseri umani. Quando la famiglia divora il clown ingaggiato per il suo compleanno, la piccola rimane traumatizzata – con sommo sconcerto dei suoi cari, che avevano assunto il pagliaccio più come “portata principale” che come intrattenimento. Mamma e papà vampiro sono molto preoccupati: i canini di Sasha non si sviluppano come dovrebbero, valutano di farla visitare da uno specialista. La ragazza non ne vuole sapere, di uccidere per nutrirsi, e viene mantenuta dalla “caccia notturna” della famiglia. Tutto cambia quando l’adolescente conosce Paul (Félix-Antoine Bénard), giovane infelice e con pensieri suicidi.

Paul è disposto a immolarsi: a farsi uccidere dall’amica vampira per nutrirla con il proprio sacrificio. Anche a queste condizioni, però, la coscienza di Sasha non le dà pace, e quello che doveva essere un breve incontro mortale si trasforma in un catartico viaggio di formazione per esaudire gli “ultimi desideri” di Paul.

Una deliziosa commedia nera in cui la morte è solo il perno intorno a cui ruotano i temi più classici del racconto di formazione: la condizione di emarginazione, la scoperta della sessualità (l’appuntamento in cui Sasha dovrebbe uccidere Paul viene portato in scena con le caratteristiche tipiche di un rendez-vous per un primo rapporto tra adolescenti). Ma soprattutto, la crisi identitaria e la ricerca di un proprio posto nel mondo della Generazione Z: la condizione di Sasha, chiusa in casa (a sua volta con pensieri suicidi) e “mantenuta” da una famiglia sempre più disperata sembra quella di una giovane neet, senza finestre e prospettive sul futuro.

Intensi e convincenti i due attori protagonisti, ben scritti e divertenti i personaggi secondari: conquista un posto speciale nel cuore dello spettatore il cinismo agrodolce della nonna, matriarca della famiglia di vampiri. Una regia ancora in divenire ma con alcune trovate interessanti, come i movimenti di macchina nella sequenza del primo incontro tra i container di Paul e Sasha, e un’estetica che strizza l’occhio a Tim Burton senza forzature, rendono Vampire humaniste cherche suicidaire consentant una valida opera prima, per una regista esordiente che si era già fatta le ossa con il cortometraggio (Littles Waves, The Depths e Shooting Star, presentati tutti al Festival di Toronto).

Qualche sbavatura sul world building, in particolare sulle “regole” dei vampiri (mero espediente narrativo ed estetico per raccontare l’adolescenza) e sulle intenzioni: resta la sensazione di avere troppa carne al fuoco e il grande tema portante della morte rimane sullo sfondo per spostare l’attenzione su altro.

Vengono sfiorati appena argomenti densi come il suicidio e l’eutanasia, senza un reale approfondimento. La delicatezza e l’originalità con cui viene portato sullo schermo il racconto di formazione, però, suggeriscono di tenere d’occhio Ariane Louis-Seize: ci sono le premesse perché diventi una voce davvero interessante.

Sara Boero

PRO CONTRO
  • La gustosa caratterizzazione della famigliola di vampiri e del contesto urbano in cui vivono, che farà innamorare gli appassionati di commedie dark.
  • I due protagonisti, giovani attori intensi, in parte e convincenti.
  • La delicatezza del racconto di formazione, in particolare nella sfera sentimentale e sessuale.
  • Lo scarso approfondimento con cui vengono affrontati temi densi come la morte, il suicidio e l’eutanasia.
  • Uno stile registico ancora “in costruzione” (ma che ha già una propria identità).
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