Vergine giurata, la recensione

Il termine Vergine giurata sembra risvegliare un’idea di tempi mitici dagli echi misteriosi. Nel nostro caso, rappresenta l’esordio alla regia di Laura Bispuri, che conta una partecipazione alla Berlinale e, prossimamente, anche al festival di Tribeca. La storia del film si dirama tra l’Albania e Roma, concentrandosi su un fenomeno peculiare, sconosciuto ai più: quello delle delle vergini giurate, diffuso in alcune delle zone più arcaiche del Kosovo e dell’Albania del nord. Sono donne che decidono di abbracciare questa sorte pur di sfuggire ad una fitta rete di regole e divieti soffocanti; dunque, reprimono consapevolmente la propria femminilità assumendo l’identità di un uomo e rinunciando all’amore. Per tutta la vita.

Questo è il destino che Hana, la protagonista del film (interpretata da Alba Rohrwacher), ha deciso di accogliere, diventando così Mark. Ma questa scelta inizierà a starle stretta, come un cappio intorno al collo. Che fare, allora, quando si vive in una prigione a cielo aperto? Intraprendere un viaggio rimandato a lungo, che porterà Hana/Mark a conoscere la propria intima essenza.

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Hana/Mark è un personaggio taciturno e da questa caratteristica si evince il mood del film stesso: le basi della storia si affidano ad un’economia di parole, alla forza intrinseca delle immagini. Come le montagne dell’Albania, che, in un primo momento, rappresentano la libertà, ovvero la scelta di Hana di assumere l’identità di Mark; in seguito, però, delineano l’oppressione che deriva da tale condizione. La presa di coscienza del viaggio non avviene secondo un crescendo ragionato, lo vediamo semplicemente accadere: Hana/Mark prepara i bagagli, salta su un pullman e arriva a Roma, per andare a trovare la sorella. Il fascino delle soluzioni visive come motore della trama risulta esasperato sul lungo periodo, perché le motivazioni dei personaggi non hanno un vero background. Pertanto si delinea un’analisi psicologica piuttosto didascalica, guidata esclusivamente dal susseguirsi di diverse immagini sullo schermo.

La trama si configura solo per contrasti visivi, aprendo l’antitesi tra maschile e femminile, tra i paesaggi naturali albanesi e le squallide periferie romane. Eppure sarà proprio in quest’ultime, nonostante l’inesistente poesia dei palazzoni di cemento, che si configurano i simboli della femminilità perduta della protagonista.
Lo sguardo mite ma acuto di Hana si posa sulla nipote, che pratica il nuoto sincronizzato. Questo sport, dai movimenti sinuosi e il trucco vivace, risveglia in lei sentimenti sopiti. Nella stessa piscina in cui si allena la nipote, inoltre, conoscerà un uomo, con cui compirà i primi passi, incerti e goffi, verso il mondo sconosciuto dell’erotismo.

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La scena del primo contatto tra i due ricorda il singolare atto sessuale che avviene tra Isabelle Huppert e Benoît Magimel ne La pianista: il paragone ha decisamente importanza, perché entrambi i film tratteggiano la mortificazione della femminilità, nonché del desiderio. Ne La pianista, tuttavia, conduceva una più profonda indagine sui personaggi, non così elementare come nel film della Bispuri. Vergine Giurata è il classico esempio di una storia interessante ma sfruttata al minimo delle sue potenzialità: pur di non incorrere in facili patetismi, riduce la sceneggiatura all’osso.

Nonostante questo, le note di merito sono presenti: si spazia dall’interpretazione di Alba Rohrwacher, di nuovo alle prese con un ruolo coraggioso, all’importanza di gettare luce sull’esistenza delle vergini giurate. Il film ha una coscienza sociale da non sottovalutare, poiché contribuisce a far conoscere la difficile condizione in cui versano le donne di alcune aree albanesi. Vergine Giurata uscirà nelle nostre sale il 19 marzo, distribuito da Cinecittà Luce.

Giulia Sinceri

Pro Contro
  • Il film tratta un fenomeno poco conosciuto, che apre una finestra sulla difficile condizione delle donne nelle zone più primitive dell’Albania.
  • L’interpretazione di Alba Rohrwacher.
  • L’eccessiva economia di dialoghi su cui basa il film.
  • L’indagine psicologica è affidata alle sole immagini, pertanto non esiste un approfondimento delle motivazioni che animano i personaggi.
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