Whitney – Una voce diventata leggenda, la recensione

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Sono trascorsi quasi undici anni da quando Whitney Houston ci ha lasciati. Era l’11 febbraio 2012 quando la cantante e attrice statunitense venne trovata morta in una suite di un lussuoso albergo di Beverly Hills, lasciando sgomenti e tristi i suoi numerosi fan sparsi per il mondo. Una voce quella della Houston che l’ha portata a essere una delle interpreti più influenti della storia della musica popolare contemporanea e dotata di notevoli abilità canore, ancora tutt’oggi difficili da equiparare. Whitney – Una voce diventata leggenda, il sesto lungometraggio della regista statunitense Kasi Lemmons, uscito nelle sale cinematografiche il 22 dicembre, racconta gli inizi della cantante e il suo ingresso nel mondo della musica.

Whitney (Naomi Ackie) è una ragazza dotata di grande talento per il canto, che si esibisce come corista in alcuni spettacoli. L’improvvisa performance da solita del brano The Greatest Love of All lascia sbalorditi il pubblico che l’ascoltata, in particolar modo Clive Davis (Stanley Tucci), fondatore dell’Arista Records. Il giorno seguente la ragazza si ritrova a firmare il suo primo contratto discografico dando inizio a una carriera che la porterà a essere conosciuta in tutto il mondo.

Non è facile impersonare una donna talentuosa come Whitney Houston, il rischio di non avvicinarsi al suo timbro di voce e di non avere le sue stesse fattezze fisiche era altamente probabile. Invece, Naomi Ackie, nota al grande pubblico per Lady Macbeth e Star Wars: L’ascesa di Skywalker, si rivela un’attrice perfetta per darle anima e corpo. La voce della giovane attrice riesce a regalarci alcune delle sue più belle canzoni, mostrando di aver fatto un ottimo lavoro sul personaggio.

La prima parte del film si concentra sui primi successi della Houston, per poi spostarsi su alcuni aspetti della sua vita privata, aspetti poco noti al grande pubblico, abituato a leggere pagine di rotocalchi riguardo la crisi matrimoniale con suo marito Bobby Brown. Vi è il racconto di un amore omosessuale della donna verso la sua assistente Robin, conclusosi prima di incontrare l’uomo che sposerà. Non viene, però, dato spazio per tutto quello che riguarda l’abuso di droghe, le violenze domestiche compiute dallo stesso Brown e il relativo divorzio. Quel che vengono mostrati sono i numerosi tradimenti compiuti da Brown, interpretato da un bravissimo Ashton Sanders. Purtroppo, quando si realizzano dei biopic, la scelta è quella di non voler mai danneggiare l’immagine di un’artista cercando di non soffermarsi su aspetti poco chiari che finirebbero per urtare la sensibilità dei fan.

Non viene mai mostrato nessun materiale d’archivio in tutta la durata del film, tutte le scene vengono realizzate cercando di restare quanto più fedeli possibili all’originale, ma finendo col portare sullo schermo una storia che racconta solo la carriera musicale di un’artista dal talento inimitabile come la Houston, ma che non si concentra sulla sua vita privata. Peccato, poiché il materiale a disposizione era vasto e avrebbe contribuito a descrivere lo stato emotivo di una donna che ha reso la sua voce e la sua musica unica in tutto il mondo.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
  • Naomi Ackie si rivela un’ottima interprete di Whitney Houston, sia per fattezze fisiche che attoriali e canore.
  • La scelta di concentrarsi su alcuni aspetti poco noti della vita privata della cantante si rivela azzeccata.
  • Non viene dato nessuno spazio all’uso delle droghe e alla violenza domestica compiuta da Bobby Brown verso la Houston, quasi a non voler offuscare l’immagine edulcorata dell’artista.
  • La seconda parte del film risulta poco coinvolgente.
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