Cattive acque, la recensione

Dal 20 febbraio arriva in sala Cattive acque, il film che racconta la storia di Robert Bilott, interpretato da Mark Ruffalo, avvocato ambientalista protagonista di un’estenuante battaglia legale, durata ben 19 anni, contro il colosso chimico DuPont e di come, da uomo tenace e combattivo, ha rappresentato 70mila cittadini dell’Ohio e della Virginia, la cui acqua potabile era stata contaminata dallo sversamento incontrollato di PFOA (acido perfluoroottanoico). Grazie ad uno studio tossicologico sulle vittime, Bilott riuscì a dimostrare i rischi per la salute associati alla contaminazione delle acque e ottenne per loro un importante risarcimento. 

La pellicola, diretta da Todd Haynes, acclamato regista di Carol Lontano dal paradiso e che si avvale degli stessi produttori di Green Book Il Caso Spotlight si ispira ad una vicenda realmente accaduta, venuta alla luce il 6 gennaio 2016 e portata alla ribalta internazionale da un articolo del The New York Times. Questa di Robert Bilott è una storia di impegno civile, una lotta di Davide contro Golia supportata da un cast composto da Mark RuffaloAnne HathawayTim Robbins e Bill Pullman

“La prima volta che mi è stato proposto il progetto del film, era già ben avviato grazie alla gestione di Mark e a quella di Participant Media – racconta il regista – nonostante fosse passato solo un anno dalla pubblicazione sul The New York Times del dirompente articolo di Nathaniel Rich. Come la maggior parte delle persone, la prima volta che lo lessi, rimasi sconvolto e indignato dalla storia che Rob Bilott scoprì involontariamente: quella della DuPont e del Teflon”.

Cattive acque

Quello che scoprì l’avvocato era scioccante. La DuPont aveva capito da tempo che il PFOA poteva avere effetti ad ampio raggio, anche letali. Eppure, secondo l’articolo di Rich, già nel 1990 la compagnia aveva sversato circa 6500 tonnellate di poltiglia di PFOA nella discarica di Dry Run. Le fuoriuscite di quella discarica si riversavano nella terra dove pascolava il bestiame della famiglia Tennant. Da quel momento in poi, la missione di Bilott è stata di dare giustizia non solo ai Tennant, ma a tutti coloro che erano stati esposti al PFOA – chiamato anche ‘la sostanza chimica eterna’, dal momento che non si scompone e rimane nel sistema del soggetto. 

“Sfortunatamente, molte delle leggi e degli statuti federali istituiti a partire dagli anni ’70, erano principalmente mirati a nuove sostanze chimiche, a cose che venivano prodotte e generate da quel momento – dichiara l’avvocato Robert Bilott – Non c’era altrettanta enfasi o controllo su cose che erano già esistenti, su prodotti chimici come questo, che erano stati usati per decenni. Il risultato è che ora assistiamo alle conseguenze di tutto ciò, ovvero il non essere mai tornati indietro a controllare l’intero gruppo di sostanze chimiche che erano state usate per decenni e decenni, essenzialmente senza controllo”.

In Cattive acque tutto si fonda, quindi, sul personaggio di Bilott, non-eroe per eccellenza alla ricerca di giustizia ambientale e umana, le cui idee sulle normali pratiche aziendali, vengono ribaltate dalle sue scoperte sulla DuPont. Diffidente, imparziale e circospetto di natura, Rob Bilott, come molte delle tipiche ‘talpe’, è già una figura solitaria quando la storia inizia.

Il film, girato a Cincinnati e nella Virginia Occidentale, si avvale della collaborazione di uno straordinario team creativo. Attori locali si fondono con le grandi star. Questa specificità di tempo e di luogo si ritrova in un linguaggio visivo dove uno stile basato sull’osservazione riesce a unire luoghi contrastanti evidenziando la loro interdipendenza. Ciò che emerge è un paesaggio americano complesso, a volte contraddittorio, dove le linee del potere economico sono chiaramente disegnate, anche quando si confrontano con i loro stessi limiti.

Il caso di Wilbur Tennant e la storica class action che ne seguì sono diventate realtà proprio grazie a queste contraddizioni, o improbabilità.

Le ricerche sulle location principali di Cattive acque sono iniziate proprio a Cincinnati, in Ohio, il 4 gennaio 2019, sfruttando i luoghi veri della vicenda, ma già molto prima che le telecamere iniziassero a girare, Haynes e i produttori avevano messo insieme un cast tecnico notevole, per essere aiutati a raccontare la storia della battaglia di Rob Bilott nel modo più fedele possibile. Allo stesso fine, Rob e la moglie Sarah Barlage Bilott, che ha il volto di un’inusuale Anne Hathaway, hanno passato molto tempo sul set durante le riprese. La produzione ha potuto, infatti, usufruire di molte location reali, girando presso gli uffici della Taft Stettinius & Hollister, LLP, e usando la Stanza degli specchi all’Hilton Nederland Hotel, dove lo studio teneva le cene per i soci. (Rob e Sarah Barlage Bilott appaiono tra gli ospiti nella cena annuale della Ohio Chemical Alliance del 1999, girata nell’hotel.)

Raramente questo genere di film si conclude con una vittoria facile e Cattive acque non fa eccezione. Piuttosto che finire con il riconoscimento di una vittoria, il film ci mostra la lotta come una condizione in divenire, diventando un manuale introduttivo per una vita imperfetta, fatta di consapevolezza e disperazione. Lo spettatore resta intrappolato e coinvolto dentro la storia, immedesimandosi totalmente. 

Mark Ruffalo per interpretare Rob Bilott si è calato a 360° nella vicenda dedicando molto tempo allo studio della carte, per capire a fondo cosa emergesse di questi ultimi 20 anni, non solo gli aspetti legali, e come si possono far camminare questi problemi nel sistema giudiziario, ma anche cosa fosse successo a livello personale. Aspetto interessante del film è quindi lo sguardo che lo spettatore riesce a dare alla vita dell’avvocato. Si comprende bene quando 20 anni di battaglie legali incidono sugli equilibri di una famiglia e su tutti i soci di uno studio legale. Ruffalo sembra camminare su un filo, per creare un film convincente da una storia che va avanti da decenni.

In tutto il film si nota una maniacale attenzione per i dettagli, in ogni singolo fotogramma. Tutto contribuisce alla storia che si sta raccontando: arredo scenico, movimenti di telecamera, costumi e capelli. Ogni dettaglio è pensato con attenzione. Per i talentuosi artigiani del ‘dietro le quinte’, Haynes si è rivolto anche alla scenografa Hannah Beachler, prima donna Afro-Americana a vincere l’Oscar per il suo lavoro rivoluzionario nel blockbuster della Marvel Black Panther.

Cattive acque è un buon film al servizio di qualcosa di più grande: illustrare gravi illeciti corporativi e la storia di un uomo che ha rischiato tutto per portare alla luce questo comportamento illecito. Ci sono diversi livelli di lettura e il pubblico è invitato sia a godere dello spettacolo cinematografico, delle interpretazioni, della fotografia e della regia, sia ad uscire dalla sala con un punto di vista nuovo sul modo in cui questa storia ha influito su tutti noi. Se il racconto in sala termina con i titoli di coda, il suo puntuale resoconto di un ambiente minacciato è tutt’altro che finito. Il film ha una risonanza scottante e va a braccetto con ciò che sta accadendo ora nel nostro scenario politico, ambientale e normativo. Abbiamo assistito tutti al sistematico disfacimento dei mandati sull’acqua, sull’aria, sulle specie in via di estinzione e, chiaramente, sul cambiamento climatico, così oggi tutto è a rischio. C’era un’urgenza di un film come questo sul mercato, per parlare e affrontare questi temi. Per prenderne coscienza.

Ilaria Berlingeri

PRO CONTRO
  • Nonostante si tratti di vicende legali e il rischio “noia” è dietro l’angolo, il film si divincola bene e scorre.
  • Il tema: tutti siamo coinvolti in questa vicenda. Nessuno escluso.
  • Nessuno.
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