Dragon Ball: epopea di un fenomeno

Prime Video non poteva restare con le mani in mano mentre Netflix raccoglieva i consensi di tutto il mondo con la sua kitchissima serie  su One Piece; quindi, per cercare di riacciuffare il succulento target tardo-adolescenziale, dallo scorso novembre Prime ha deciso di pubblicare in contemporanea e a cadenza quasi mensile, le prime stagioni degli anime di Dragon Ball e Dragon Ball Z.

Tentare di spiegare cosa è stato Dragon Ball per il mondo dei fumetti in generale è come cercare di far capire le influenze dei poemi omerici sulla cultura occidentale: sembra impossibile, ma non si può non farlo.

Tutto ebbe inizio con il promettente Akira Toriyama, un giovane designer industriale dalla spiccata verve comica che ha deciso di mollare tutto per dedicarsi alla sua passione per i manga e così dal 1979 al 1984 è diventato uno degli autori di punta della casa editrice Shueisha con il suo strampalato Dr. Slump, un retelling di Frankestein a sua volta ispirato ad Astro Boy di Osamu Tezuka.

Toriyama aveva più volte supplicato il suo editore, Kazuhiko Torishima, di poter concludere la serie ma gli fu risposto che avrebbe potuto farlo solo dopo aver cominciato una nuova opera altrettanto interessante; da questo non troppo velato ricatto e da una vacanza in Cina, Toriyama trasse l’ispirazione per il suo capolavoro.

Così come Arale è ispirata al “mostro” di Mary Shelley, Son Goku è nato dalla rivisitazione del protagonista del romanzo Viaggio in Occidente del 1590, uno dei quattro grandi classici della letteratura cinese. Nell’opera di Wú Chéng’ên, Sun Wukong è una scimmia nata dal vento e da una roccia che viaggia per il mondo combinando guai finché non gli viene affidato il compito di scortare verso Occidente il monaco Sanzang per ricevere i sutra di Budda e quindi diffondere la vera saggezza in Oriente.

Toriyama prende quindi il soggetto di Viaggio in Occidente e lo amalgama con la sua passione per la tecnologia, la fantascienza e i film cinesi di arti marziali, shakerando il tutto con il suo immancabile umorismo.

Nel 1983, concluso Dr. Slump, appare su Shonen Jump l’archetipo di Dragon Ball, ovvero la storia autoconclusiva Dragon Boy, che riuscì a catturare la curiosità dei lettori, dando il via libera a Toriyama. Dal 3 dicembre 1984 al 5 giugno 1995 sempre la rivista Shonen Jump propagò a cadenza settimanale l’epopea di Son Goku e della sua stirpe.

Non iniziò con un successo immediato, pertanto l’autore, sfruttando proprio l’espediente narrativo del “viaggio dell’eroe”, dovette ingegnarsi per creare archi narrativi sempre nuovi e avvincenti, tenendo d’occhio i successi della cultura pop a lui contemporanea.

Uno dei più grandi ispiratori di Dragon Ball fu l’allora manga di punta della stessa Shonen Jump, ovvero Hokuto no Ken (Ken il guerriero in Italia); è a esso che dobbiamo la successiva focalizzazione della storia sugli scontri sanguinari con nemici sempre più forti e soprattutto al taglio più maturo che prese la narrazione. Questa vera e propria cesura tra le avventure simil-fiabesche del Goku Bambino e gli scontri mega-galattici con Goku che si scopre essere un alieno Sayan, è palese nell’anime, a cui furono dati appunto i nomi di Dragon Ball e Dragon Ball Z.

La Toei Animation produsse una prima serie animata di 153 episodi e la fece trasmettere dal canale Fuji TV a partire dal 26 febbraio 1986 al 19 aprile 1989; Dragon Ball Z invece consta di ben 291 episodi e fu mandata in onda sempre su Fuji TV dal 26 aprile 1989 al 31 gennaio 1996. Fu con la fine della prima messa in onda di Dragon Ball Z e la corrispettiva diffusione sulle reti del globo che esplose il fenomeno di massa e di costume senza precedenti. Son Goku, le sue battaglie e soprattutto i suoi gadget sono entrati di prepotenza nella vita quotidiana degli adolescenti di tutti i continenti, tanto che anche i “boomer” sanno identificare un super sayan (ricordiamoci I Fichi D’India travestiti da Goku e Vegeta nel cine-panettone Merry Christmas) o sono abituati a sentire urlare per strada “OOOOOONDA E-N-E-R-G-E-T-I-C-AAAAAAA!”.

In Italia la prima serie di Dragon Ball fu pesantemente censurata dei contenuti violenti e birichini, e trasmessa dal sistema di reti regionali a partire dal 1989; solo in seguito è stata acquistata da Mediaset e trasmessa su Italia 1 all’ora di pranzo a partire dal 7 giugno 1999. Nel Duemila Dragon Ball Z fu edito in Italia grazie alla vendita in edicola delle VHS, e dal 26 aprile 2000 divenne l’appuntamento fisso sempre su Italia 1, tanto che i primi tempi venivano trasmesse due puntate alla volta.

Con l’avvento dello streaming e quindi del binge watching -che in realtà esisteva dai tempi delle VHS- la trasmissione dell’anime è stato spostato su reti secondarie ma addirittura capita che, ancora negli anni 2020, ci siano delle giornate in cui vengono organizzate delle maratone televisive, almeno sino a che Prime Video non prendesse in mano la situazione.

L’opera di Toriyama ha creato così tanta dipendenza – forse esistono più fanfiction su Dragon Ball che studi sulla Divina Commedia –  che più autori, benintenzionati e non, hanno cercato di espandere e far soldi sull’universo presente nei manga: ricordiamo il “mitologico” Dragon Ball AF, la cui trama girava su internet negli anni Duemila e veniva addirittura venduta in edicola sotto forma di libro; poi ci fu il famigerato Dragon Ball X, ovvero la versione sporcacciona del manga; in ultimo abbiamo invece una serie di manga amatoriali fatti con talmente tanto amore che si dice abbiano ispirato Dragon Ball Super.

Ma facciamo un passo indietro: nel 1995 Toriyama non ce la faceva più a tirare fuori dal cappello magico altre saghe su Goku & co. ma, visto il fandom insaziabile e soprattutto aggressivo, concesse i diritti per la creazione di altre serie che andassero oltre la storyline del manga. Nel 1995 uscì in Giappone Dragon Ball GT che in Italia fu trasmesso subito dopo la fine Dragon Ball Z, nel 2001, ma non prima di essere passato tramite la vendita in VHS. Questa serie si contraddistinse per il character design più voluminoso, opera di Katsuyoshi Nakatsuru, una grafica più accurata e i colori sgargianti; la storia, tuttavia, è un rimescolamento senz’anima dei nuclei narrativi degli anime precedenti – basti vedere il ritorno di Goku Bambino – che, dopo un primo momento di approvazione del pubblico, venne duramente stroncato dalla critica.

Nonostante ciò, in quest’epoca di live action Disney e revival, Dragon Ball GT, e il film sul nipote di Pan, potrebbe essere apprezzato maggiormente se preso come una specie di lunghissimo comfort movie, al pari degli ultimi film di Woody Allen.

Nel 2015 in Giappone compare Dragon Ball Super, anime nato come sequel degli ultimi film cinematografici che cronologicamente si posiziona tra Dragon Ball Z e Dragon Ball GT; i 151 episodi sono stati trasmessi in Giappone sulla cara e vecchia FUJI TV dal 5 luglio 2015 al 25 marzo 2018 e in Italia su Italia 1 dal 23 dicembre 2016 al 29 settembre 2019. Su Dragon Ball Super è famosa la polemica per la bassa qualità dei disegni della prima messa in onda, tanto che la serie venne subito revisionata e trasmessa con un design più accurato, quello che poi è stato venduto alle reti estere. A parte ciò, stavolta la nostalgia per l’opera originaria è stata più proficua, poiché il character design di Tadayoshi Yamamuro e la nuova storyline, riescono davvero a omaggiare il glorioso passato di Goku e a dare al fandom qualcosa di nuovo su cui dibattere.

La trasposizione manga di Dragon Ball Super è stata affidata a Toyotaro ed è stata serializzata sulla rivista V Jump dal 20 giugno 2015; in Italia la Star Comics ha direttamente pubblicato la storia in volumetti, che ad oggi sono arrivati al ventunesimo numero.

Nel mondo degli anime di Dragon Ball non mancano nemmeno i reboot: nel 2009 la Toe Animation ha rimesso mano alle prime stagioni, tagliando tutti gli episodi filler, i discorsi/trasformazioni di mezz’ora, gli archi narrativi non presenti nel fumetto e tirando a lucido i colori delle vecchie illustrazioni: ecco quindi che al grande pubblico viene presentato Dragon Ball Kai, un anime di 159 episodi che ripropone solo il meglio del manga di Toriyama.

Il “Dragon Ball Cinematic Universe” consta di 24 pellicole uscite al cinema più tre OAV e, purtroppo, ben tre live action, uno più orripilante dell’altro. I film cinematografici hanno avuto, secondo alcuni, il pregio di aver ispirato nuove saghe, come appunto quelle di Dragon Ball Super e di continuare a ispirarne altre; a tal proposito occorre ricordare che lo scorso 12 ottobre 2023 la Toei Animation ha annunciato una nuova serie anime intitolata Dragon Ball Daima che vedrà la luce nell’autunno del 2024 e già il mondo del Web è in fibrillazione.

Aspettando che qualche spoiler venga alla luce su Reddit, non ci resta che fare il re-watch su Prime Video.

Ilaria Condemi de Felice

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