I due volti di Gennaio, la recensione

Atene, 1962. L’affarista americano Chester McFarland è in viaggio di piacere con la moglie Colette. Qui incontrano Rydal Keener, loro connazionale che si guadagna da vivere come guida turistica. Dopo un’intera giornata passata in giro per la città, Rydal accompagna i McFarland all’hotel accorgendosi, subito dopo, che Colette ha dimenticato in taxi il bracciale appena comprato al mercato. Prendendosi la briga di restituire l’oggetto alla signora, Rydal sorprende Chester intento a occultare il cadavere di un uomo: è un detective che ha minacciato McFarland per dei crimini per il quale è ricercato! Rydal aiuta Chester e accompagna lui e sua moglie verso Creta, da dove potrà fuggire con maggiore facilità. Ma la complicità tra i tre non è longeva e presto si scatenano tensioni, causate in primis dall’interesse erotico che Rydal prova per Colette.

Patricia Highsmith è tra i nomi di spicco dell’universo letterario legato al giallo più raffinato. Se il cinefilo la ricorda senza dubbio per Delitto per delitto – L’altro uomo di Alfred Hitchcock, il suo nome è per lo più associato alla saga letteraria di Tom Ripley, da cui anche il cinema ha spesso attinto con film del calibro di L’amico americano e Il talento di Mr. Ripley. Ma tra le opere meno in vista della Highsmith c’è anche I due volti di gennaio, romanzo del 1964 già portato in scena nel 1986, che ora diventa film per le grandi masse grazie all’adattamento scritto e diretto da Hossein Amini.

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I due volti di gennaio è pubblicizzato come un thriller hitchcockiano e il legame che c’è tra la Highsmith e il Maestro del Brivido è solo un tassello di questo accostamento, visto che Amini è riuscito comunque a ricreare egregiamente un certo trasporto narrativo e delle atmosfere che richiamano il cinema giallo d’antan, di cui Hitchcock è stato il sommo rappresentate. In I due volti di gennaio si respira, in effetti, un sapore retrò, come se il film fosse stato realizzato davvero tenendo in considerazione certo cinema di una volta. A questo contribuisce indubbiamente l’adeguata ricostruzione storica a cui gioca in maniera fondamentale l’ambientazione greca, insolita per un film di oggi e, in modo particolare, per film di questo genere. Un thriller che si dipana alla luce accecante del sole del Mediterraneo, una calura percepibile unita agli scenari suggestivi di Atene e Creta che hanno del folkloristico ma anche di inediti scorci che favoriscono l’atmosfera opprimete ed esotica del film.

Ma se il film comincia in maniera coinvolgente, immergendoci in una storia intrigante e inquadrandoci in pochi istanti dei personaggi affascinanti e ben caratterizzati, verso la metà abbiamo uno stallo narrativo che porta a un’evoluzione dei fatti e una conclusione che forse non convincono a pieno, pur non andando ad intaccare la riuscita del film. Dal momento che i due personaggi principali, Rydal e Chester, hanno delle colpe e infrangono la legge, non abbiamo un eroe positivo della vicenda e la strada che a un certo punto il film prende ci mostra una sorta di sfida tra villains che non trova adeguata risoluzione.

Il film è interamente incentrato sul rapporto e rivalità che si crea tra i due personaggi, interpretati con una certa efficacia da Viggo Mortensen e Oscar Isaac, che parte da una donna, Colette, interpretata da Kirsten Dunst, per andarsi poi a focalizzare su altro. Il rapporto tra i due è descritto quasi come quello tra padre e figlio e sapere che Rydal ha avuto un passato burrascoso con il genitore non fa altro che accrescere il sentore che la sceneggiatura volesse giocare su questo parallelismo.

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L’iraniano Amini, che qui esordisce alla regia dopo essersi distinto come sceneggiatore per film come Drive, Biancaneve e il cacciatore e 47 Ronin, punta tutto sui volti (spesso sudati) dei suoi personaggi, sulle locations naturali e su una fotografia calda che conferisce la giusta tonalità al film. L’atmosfera c’è, si percepisce e la tensione, in più occasioni, si fa sentire pur non indugiando mai ne sulla violenza ne sull’azione.

I due volti di gennaio è un film d’altri tempi e per questo forse non incontrerà del tutto il gusto dei moderni spettatori abituati al thriller a stelle e strisce, ma è un prodotto a cui vale la pena dare un possibilità, diverso dalla massa pur calcando palesemente la mano sul già visto. Se non fosse per un epilogo poco coraggioso, e dunque poco adatto a una storia senza personaggi positivi, sicuramente l’esordio di Amini avrebbe guadagnato valore.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un’ottima atmosfera opprimente.
  • Belle location naturali.
  • Una buona prova attoriale (soprattutto da parte di Mortensen).
  • Nel suo essere old style, è un prodotto diverso dalla massa.
  • La seconda parte è narrativamente più debole.
  • L’epilogo non è del tutto soddisfacente.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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