Il mio amico Tempesta, la recensione

Una notte, mentre assiste nel travaglio la cavalla della scuderia di famiglia, la veterinaria incinta Marie partorisce nella stalla, contemporaneamente alla sua cavalla. Nascono Zoé e il cavallino Cospiratore e fin dai primi anni di età è chiaro che la bambina ha un’intesa particolare con gli animali della scuderia, pronta a proseguire la tradizione di famiglia nel mondo delle corse di cavalli. Ma una notte, mentre il papà di Zoé, un famoso fantino, e la mamma sono alle corse, la bambina è vittima di un terribile incidente e uno spaventato puledro di nome Tempesta le passa addosso causandole un danno irreversibile alla spina dorsale. Ora Zoé è paraplegica, i suoi genitori non riescono a perdonarsi il fatto di averla lasciata sola quella sera e la bambina sembra aver perso la voglia di vivere. Solo l’amore incondizionato per i suoi cavalli può darle nuova forza.

Ispirandosi al romanzo per ragazzi Tempete au haras (2012) di Christophe Donner, lo specialista in film per famiglie Christian Duguay realizza Il mio amico Tempesta, che rinnova il trend contemporaneo di certo cinema francofono nell’esplorare il rapporto che può crearsi tra un bambino e un animale.

Ma attenzione! Nonostante la campagna marketing stia spingendo prepotentemente in quella direzione, Il mio amico Tempesta non è Belle & Sebastien, di cui il secondo capitolo è stato diretto proprio da Duguay, né appartiene in pieno al filone contemporaneo delle storie di amicizia tra animali e ragazzini, di cui abbiamo avuto esponenti di successo con Mia e il leone bianco, in cui recitava Mélanie Laurent come in Il mio amico Tempesta. Nel nuovo film di Duguay, infatti, il focus non è il legame tra Zoé e Tempesta, ma il dramma di una bambina che diventa paraplegica e le difficoltà – soprattutto psicologiche – che deve affrontare per tornare a sognare come un tempo.

il mio amico tempesta

Diciamo che Il mio amico Tempesta è quel tipo di film per mamme piuttosto che per ragazzi, il classico prodotto da palinsesto tv pomeridiano che può appassionare una massaia dalla lacrima facile toccandole il cuore, una storia “ricattatoria” molto classica, ma talmente classica da risultare perfino vecchia.

Idealmente diviso in tre atti, Il mio amico Tempesta ha il suo momento più importante nel suo ampio secondo atto che vede la piccola Zoé lottare con la sua disabilità. Ci mette troppo, però, la storia ad arrivare all’incidente con una prima ora che sembra affannare in lungaggini per preparare lo spettatore alla “mazzata emotiva”.

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Tutto ciò va a discapito dell’ultimo atto, il migliore, in cui Il mio amico Tempesta diventa un film sportivo e ci mostra le gare all’ippodromo come Rocky farebbe con un incontro di boxe. È la parte più coinvolgente, seppur si affidi a espedienti narrativi altamente improbabili, ma è anche la parte più breve: un climax perfetto che col senno del poi avremmo preferito fosse il focus dell’intero film.

Curioso che il film abbia un prologo incentrato sulla doppia nascita tra la futura protagonista e un cavallino che poi non è l’animale principale della vicenda. Un inizio così è senza dubbio efficace, ma avrebbe avuto senso se poi fosse stato proprio quel cavallo ad essere fatalmente legato a Zoé, ma così non è; quindi, la forza evocativa di quell’incipit perde presto ogni sua efficacia e ragione di essere.

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Nel complesso, Il mio amico Tempesta non è di certo un cattivo film, anzi, ha una sua dignità da family-movie sulla disabilità e una confezione media, il problema è che davvero ci troviamo dinnanzi a un prodotto come ne abbiamo visti passare in tv e al cinema a dozzine e dozzine: una storia già raccontata che non ha nessun merito particolare per essere, in questo caso, ricordata.

Il mio amico Tempesta arriva al cinema il 14 settembre 2023 distribuito da Eagle Pictures.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
Un prodotto medio, formalmente curato e adatto a un range spettatoriale molto vasto. Una storia vista e rivista dozzine di volte.
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Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
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