John Wick 3 – Parabellum, la recensione

john wick 3

Che il cinema action stia vivendo un momento di grande rilancio grazie a diversi blockbuster a stelle e strisce è sotto gli occhi di tutti, grazie anche a una nuova generazione di registi cresciuti a pane e film di Hong Kong che ha idee ben chiare su come gestire l’azione cinematografica, offrendo allo spettatore esperienze spettacolari e rocambolesche sequenze di combattimenti. Ma fa piacere soprattutto notare che a contribuire a questa rinascita e allo stesso tempo cavalcarne il successo è stato un piccolo film (neanche 20 milioni di budget) diretto da un regista esordiente dal passato come stuntman e interpretato da un attore sulla via del tramonto. Parliamo di John Wick, diretto nel 2014 da Chad Stahelski e interpretato da un convincentissimo Keanu Reeves.

Una trama semplice, un personaggio ben caratterizzato, sequenze d’azione magnifiche: insomma, ogni cosa profumava di cult e così è accaduto, dal momento che John Wick si è in breve tempo imposto come nuovo punto di riferimento per il cinema hard boiled. Ma la cosa sorprendente è accaduta con i seguiti, John Wick – Capitolo 2 (2017) e John Wick 3 – Parabellum (2019), che vedono entrambi il ritorno di Stahelski in cabina di regia e una incredibile impostazione autoriale. Perché nel secondo capitolo e, in maniera ancora più marcata in John Wick 3, si è intrapresa una particolare strada votata all’estremizzazione dell’azione, in cui le oltre due ore di durata di ciascun film appaiono come una lunghissima e vorticosa sequenza d’azione, sempre più complessa, sempre più elaborata.

Se dovessimo trovare un paragone a quello che Stahelski ha fatto in John Wick 3 la mente andrebbe indubbiamente a Mad Max: Fury Road di George Miller, il parziale abbandono di un filo narrativo drammaturgicamente strutturato per concedere spazio a un’estetica dell’azione meravigliosamente anarchica, dove la forza emozionale cinetica dei combattimenti/inseguimenti rappresenta il corpus stesso dell’opera.

Così come John Wick – Capitolo 2 era un sequel diretto al primo film, John Wick 3 riprende proprio lì dove il precedente capitolo ci aveva lasciato. Dopo aver infranto le regole commettendo un omicidio nelle stanze della “zona franca” Hotel Continetal di New York, a John Wick viene data una sola ora di vantaggio dopo di che sarà ufficialmente scomunicato e una taglia di 14 milioni di dollari sarà posta sulla sua testa: a quel punto, tutti i sicari legati alla Gran Tavola saranno interessati a uccidere John. Quest’ultimo è alla ricerca una via di fuga da New York che trova in un vecchio patto di sangue rimasto insoluto che lo porterà in Marocco. Nel frattempo, un Adjudicator sta cercando di mettere ordine a New York alle numerose conseguenze che le azioni di John Wick hanno avuto sull’organizzazione interna della Grande Tavola.

 

John Wick 3 – Parabellum inizia con una fuga, una corsa contro il tempo (letteralmente) che il protagonista compie tra le strade di New York, sotto la pioggia e scortato dal suo splendido pitbull. Una corsa prima che scatti l’ora “x” della scomunica, durante la quale mille occhi lo seguono ad ogni suo passo, pianificando un attacco mortale che li conduca alla lauta ricompensa. A scomunica avvenuta, quella corsa si trasforma in una lunga serie di scontri corpo a corpo: da una fenomenale sequenza in un museo in cui è esposto qualsiasi tipo di arma da taglio (prontamente utilizzate come offesa/difesa), a una rocambolesca lotta in una stalla con relativo inseguimento a cavallo tra le strade di Brooklyn. Da qui si passa alle scenografie orientaleggianti di Casablanca, con un altro scontro incredibilmente elaborato in cui a dominare la scena sono due cani lupo letali, addestrati ad uccidere. Poi ancora azione nel ritorno a New York, inseguimento in moto e una lunghissima sequenza a blocchi che porta al “boss finale” in una costruzione che ricorda il classico dell’action movie di stampo “fusion” I tre dell’Operazione Drago.

In mezzo a questa sequela di piombo, arti marziali e sangue (Parabellum è di gran lunga il capitolo più violento, con concessioni splatter) si muovono personaggi ambigui che trovano una sapiente costruzione dall’accumulo degli eventi che si dipanano di film in film. Ognuno di loro ci viene introdotto in maniera basica, spesso con delle semplici indicazioni che ci suggeriscono la dicotomia “buono” / “cattivo”. Ma in John Wick 3 si compie il grande salto: si mescolano le carte e non ci si può fidare più di nessuno, vengono svelate doppie e triple facce, ricordandoci che a dettare le regole è sempre e solo il Dio Denaro.

Oltre al volto sofferente e determinato di Keanu Reeves (siamo convinti che senza di lui non si sarebbe andati oltre il primo film), tornano Ian McShane nel ruolo del direttore del Continental di New York, Lance Reddick come concierge dell’hotel e Laurence Fishburne nel ruolo del Re. Ma a lasciare il segno sono soprattutto i nuovi personaggi, la caparbia Halle Berry, che interpreta le killer in ritiro a Casablanca Sofia (l’attrice ha dichiarato di essersi rotta diverse costole durante le riprese, completando comunque il film), Asia Kate Dillon che è la freddissima burocrate che deve ripristinare l’ordine e Marc Decascos che interpreta Zero, determinato esponente della yakuza interessato a un ruolo di potere all’interno della Grande Tavola.

Apertissimo a eventuali ulteriori sviluppi, John Wick 3 – Parabellum si aggiunge ai moderni rappresentanti dell’action cinematografico di qualità, cinema votato all’intrattenimento che paradossalmente aspira (con successo) a una dimensione personale e autoriale. Il cinema “di menare” che si fa opera arty!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’azione pura raccontata con tale enfasi e complessità da trasformarsi in cinema d’autore.
  • Keanu Reeves è una magnifica maschera di dolore e sofferenza.
  • Alcune sequenze sono già cult.
  • C’è un’estremizzazione dell’azione che potrebbe anche annoiare i meno avvezzi al genere.
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