Paprika, il sapore piccante dell’eros brassiano

A tre anni di distanza dal flop commerciale di Snack Bar Budapest, con cui il regista si era allontanato dal genere erotico per portare in scena con stile surreale il romanzo noir di Marco Lodoli e Silvia Bre, Tinto Brass torna sui suoi passi e a quel tipo di cinema che l’ha reso in tutto il mondo celebre e celebrato come il Maestro italiano dell’Eros. È il 1991, infatti, quando arriva nelle sale Paprika, commedia erotica di ambientazione storica che trae liberamente ispirazione da Fanny Hill – Memorie di una donna di piacere di John Cleland, ovvero uno dei romanzi più banditi della storia della letteratura perché accusato di oscenità e pornografia. Materiale ghiotto per Brass, che da sempre ha dimostrato una certa dotta propensione per la letteratura più ardita e dissacrante. In quegli anni, infatti, il regista stava cercando di portare a casa un adattamento cinematografico da L’uomo che guarda di Alberto Moravia, un film agognato e incoraggiato dallo stesso scrittore quando era ancora in vita, ma che non riusciva a realizzare a causa di difficoltà con le eredi di Moravia, restie a cedere i diritti a un uomo di scandalo come Brass. In attesa di risolvere le beghe con quel progetto, che poi il regista riuscirà a realizzare nel 1994, nasce Paprika che affronta un tema caro al regista di Miranda, le Case Chiuse, raccontate in quel periodo che le stava portando all’estinzione con la Legge Merlin.

Paprika si ambienta nel decennio 1948-1958 nei pressi di Venezia e ci racconta la storia di Mimma, una prosperosa ragazza appena maggiorenne che decide di lavorare in una casa di tolleranza per aiutare economicamente il suo fidanzato Nino. Giusto una quindicina di giorni, pensa lei, il tempo di tirare su qualche lira per organizzare il matrimonio con Nino. Mimma prende il nome d’arte di Paprika e diventa in breve tempo una delle più richieste del bordello di Madame Collette, finché scopre per puro caso che in realtà Nino è già sposato e l’ha spinta sulla via della prostituzione solo per denaro. A questo punto, presasi la sua vendetta, Mimma decide di continuare la professione della “puttana” anche se le Case Chiuse, a breve tempo, sarebbero state “chiuse” davvero dalla vociferata Legge Merlin.

Tinto Brass ha più volte dichiarato di essere stato un fervente frequentatore di bordelli, per cui conservava nella memoria una serie di aneddoti e suggestioni impossibili da dimenticare e che sono finiti direttamente nel film: l’arredamento e l’oggettistica presente nelle stanze, l’abbigliamento delle “donne di vita” e il loro modo di adescare i clienti, gli stessi frequentatori delle case di tolleranza e, ci possiamo giurare, anche qualcuna delle simpatiche ragazze che popolano il film arriva direttamente dal cassetto della memoria di Brass.

Con Paprika viene eretto un vero e proprio monumento alla libertà, alla gioia di vivere, alla leggerezza nell’affrontare la quotidianità. Il film è una chiara dichiarazione d’amore verso le Case di tolleranza, a un servizio che dava lavoro a centinaia di donne e offriva la felicità ad altrettanti uomini, il tutto gestito con uno sguardo alla sicurezza e all’igiene. Una presa di posizione dal sapore nostalgico che all’epoca dell’uscita di Paprika face parlare di se, riaprendo la questione della legalizzazione della prostituzione in Italia e fornendo il là per dibattiti pubblici in salotti televisivi. Il lato provocatore di Brass era ben noto, così come il suo passato politico, ma l’affetto, la gioia e la purezza con cui è descritta un’epoca non possono che suscitare simpatia, anche perché Paprika riporta Brass in quei territori in cui il sesso è vissuto con quell’allegria e quell’ingenuità (non priva di malizia) che lo hanno reso uno dei più grandi narratori erotici del ‘900.

Scritto insieme a Bernardino Zapponi, che aveva in curriculum film con Fellini, Risi, Monicelli, Scola, Bolognini, Argento e tornerà a collaborare con Brass per Così fan tutte, Paprika può considerarsi oggi uno dei film più riusciti nella parte centrale della carriera del regista anche grazie alla scelta di Debora Caprioglio per il ruolo della protagonista.

All’epoca poco più che ventenne, la Caprioglio aveva mosso i primi passi nel mondo del cinema grazie a Klaus Kinski che l’aveva notata ancora diciassettenne e scritturata per il discusso film da lui anche diretto Paganini (1989). Dopo alcuni anni di fidanzamento con lo stesso attore e un ruolo nell’horror di Lamberto Bava La maschera del demonio (1989), la Caprioglio viene scelta da Tinto Brass nel 1990 per sostituire Mariangela D’Abbraccio nello spettacolo teatrale Lulù, tratto dal testo di Wedekind; una collaborazione folgorante che porterà Brass nell’affidare proprio all’attrice di origini venete il ruolo di protagonista nel suo prossimo film, Paprika, appunto.

Dopo il non eccelso Capriccio e il flop di Snack Bar Budapest, Paprika è sicuramente il film che riabilita Brass agli occhi dello spettatore e lo porterà a firmare quello che da molti è considerato il suo capolavoro, Così fan tutte, proseguendo così una personalissima poetica dell’eros, in cui fare l’amore, anzi trombare, è la gioia suprema della vita.

I collezionisti di vecchia data sicuramente saranno a conoscenza dell’edizione VHS di Paprika editata negli anni ’90 da Panarecord, ma con l’approdo al digitale il film di Tinto Brass ha avuto una prima edizione DVD targata Quadrifoglio (2012) e una ristampa della stessa etichetta (2014) prima di finire fuori catalogo fino alla riedizione Mustang Entertainment distribuita da CG Entertainment, tutt’ora sul mercato (potete acquistarla qui) e sicuramente quella di maggior cura. Il DVD in questione, infatti, oltre all’ottimo transfer digitale che dona all’immagine una nuova giovinezza, è accompagnato da un’interessante extra: Quel certo sapore…, un’intervista a Tinto Brass e Debora Caprioglio che fornisce molti aneddoti sulla lavorazione del film e sul suo lascito.

Roberto Giacomelli   

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