Space Jam – New Legends, la recensione

Correva l’anno 1996, anche se per noi italiani bisognò aspettare i primi mesi del 1997, e nei cinema arrivava un film destinato a diventare un cult per un’intera generazione di giovani spettatori: Space Jam. Si trattava di un’opera a tecnica mista live action e animazione, chiaramente nato dalla lezione dell’immortale Chi ha incastrato Roger Rabbit?, che univa il mondo dello sport con quello dei mitici Looney Tunes eleggendo a protagonista umano della vicenda il campione dell’NBA Michael Jordan. Il risultato fu di grande impatto per il pubblico (meno per la critica, che non gradì) e Space Jam, oltre a diventare una macchina perfetta per il merchandising, è diventato in poco tempo uno dei più celebri e remunerativi film sportivi di sempre.

Sono passati esattamente 25 anni e la Warner Bros. ha pensato di rispolverare quel vecchio successo con un nuovo film che ne incarnasse le medesime caratteristiche, un sequel per certi versi ma che suona a tutti gli effetti come un reboot: Space Jam – New Legends.

L’ambito rimane quello dell’NBA, del basket professionale, e per impersonare il protagonista in carne ed ossa è stato scelto LeBron James, cestista con diversi record in curriculum, uno storico in NBA che va dal 2003 e ad oggi terzo miglior marcatore in assoluto della storia della lega professionistica di pallacanestro. Naturalmente pure i Looney Tunes sono presenti all’appello, anche se epurati dal buon Pepé LePew (con polemichetta annessa), e il tutto si svolge secondo le regole di una partita di basket dai connotati fantasy.

Il film racconta le incomprensioni di LeBron James con suo figlio Dom che portano a un litigio: il campione di basket vorrebbe che suo figlio seguisse le orme del padre e lo iscrive a un campo-scuola dove può perfezionare la sua tecnica sportiva, però il ragazzino non vuole giocare a pallacanestro ma diventare un progettista di videogames. Quando LeBron viene contattato dai vertici della Warner Bros. per vendere la sua immagine da utilizzare in numerosi progetti attraverso un’avveniristica tecnologia e il campione rifiuta, lo stesso Algoritmo, dotato di coscienza propria, rapisce Dom e suo padre intrappolandoli nel Server-Verso. L’unico modo per uscire da quel mondo assurdo popolato da tutte le property della Warner Bros. è giocare una partita a pallacanestro, padre contro figlio. La squadra capeggiata da LeBron sarà composta dagli imbranati Looney Tunes, che stanno per essere “sfrattati” dalla Warner secondo i calcoli dell’Algoritmo, la squadra che ha invece Dom in prima linea è composta da una scansione in CGI dei più grandi campioni di basket, accuratamente potenziati e modificati per risultare più minacciosi.

Duole dirlo ma Space Jam – New Legends è un clamoroso tonfo.

Il film diretto dal regista di Scary Movie 5 e La scuola serale Malcom D. Lee e prodotto dal regista di Black Panther Ryan Coogler compie continuamente grandi errori che non solo non gli consentono di essere qualitativamente all’altezza del capostipite ma lo condannano a candidarsi tra i peggiori film di questo 2021. Nella testa degli autori c’era l’annoso dissidio che spesso viene a generarsi quado si ha a che fare con un sequel tardivo: agganciarsi al primo film rischiando di confondere le nuove generazioni che probabilmente non hanno visto il film di 25 anni prima oppure infischiarsene dei pregressi, resettare tutto e raccontare una storia simile? Nel caso di Space Jam – New Legends i fin troppi sceneggiatori (Juel Taylor, Tony Rettenmaier, Keenan Coogler, Terence Nance, Jesse Gordon e Celeste Ballard) optano per questa seconda soluzione e scrivono un film completamente nuovo che ricalca quasi fosse un remake l’opera del 1996, pur lasciando indizi qua e là di un pregresso. Da una battuta di Bugs Bunny evinciamo che lui ha già vissuto una situazione simile, inoltre un’iconica scena che vedeva protagonista Michael Jordan viene “rifatta” ammiccando con ironia all’assenza del campione anni ’90.

Lo spettatore che ha visto e amato Space Jam si troverà, dunque, in una continua condizione di déjà-vu con la novità sostanziale che Space Jam – New Legends parla del rapporto tra padri e figli e rende protagonisti gli umani, aggiornando il tutto alle moderne tecnologie, sia in termini diegetici che extradiegetici.

L’unico vero elemento positivo del film di Malcom D. Lee è proprio l’approfondimento che concede al rapporto tra LeBron e Dom mostrando un conflitto famigliare da risolvere, un tema sicuramente abusato ma qui trattato in maniera credibile e con un piglio empatico migliore che altrove.

L’espediente tecnologico che trascina i protagonisti in un mondo fantastico, invece, non funziona come dovrebbe. L’iniziale frecciatina all’onnipresenza degli algoritmi come verità assoluta che muove le decisioni delle grandi aziende è una buona intuizione, ma umanizzare l’algoritmo in Don Cheadle e renderlo “malvagio” sembra una forzatura, così come lo è la sua scelta di trasformare tutto in una partita di basket, che viene inevitabilmente percepita dallo spettatore come una scelta obbligata dal contesto produttivo.

Poi c’è la questione CGI. Il primo Space Jam (ma anche Looney Tunes: Back in Action di Joe Dante, che nel 2003 nacque chiaramente dal successo del film con Michael Jordan) ci presentava Bugs Bunny & Co. con la consueta animazione 2D a cui siamo sempre stati abituati. All’inizio anche Space Jam – New Legends lo fa e tutto fila liscio; solo che a metà film hanno sentito l’esigenza di trasformare il 2D in 3D e così anche l’animazione classica dei Looney Tunes viene “violentata” da una CGI pesante e poco accattivante perdendo clamorosamente d’appeal.

Anche il senso dell’intrattenimento viene a scemare, il film non è supportato dal giusto ritmo e per buona parte del tempo appare come un enorme spot dell’universo Warner Bros. portando in scene le loro numerose IP come in una versione goffa e spudorata di Ready Player One. Tra il Wizarding World di Harry Potter e i super eroi del DC Extended Universe, Space Jam – New Legends perde d’identità e appare molto meno focalizzato sui Looney Tunes di quanto ci saremmo potuti aspettare.

Ma se il gioco delle citazioni sicuramente andrà a divertire qualcuno, l’ultimo atto dedicato alla partita di basket mostra le stesse IP Warner affollare gli spalti che circondano il campo di gioco. Il problema è che queste comparse sono davvero brutte! Non parliamo di personaggi in CGI, come era ovvio aspettarsi, ma veri e propri cosplayer mal realizzati che riproducono i personaggi di Harry Potter, della DC e quant’altro realizzati in maniera approssimativa (per rendere l’idea: Voldemort ha il naso!).

Non possiamo salvare neanche LeBron James, che purtroppo non è capace a recitare quanto lo è a giocare a basket.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La vicenda che muove tutta la storia, ovvero il rapporto conflittuale tra padre e figlio, è ben sviluppata.
  • Si aggancia alle idee del primo film senza fantasia.
  • Trasformare i Looney Tunes in animazione 3D è stata una pessima idea.
  • Il contesto in cui si muove il villain è forzato.
  • I figuranti dell’ultimo atto sono dei pessimi cosplayer.
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