Thanksgiving, la recensione del nuovo horror di Eli Roth

A cominciare dal grande classico del 1974 Black Christmas, abbiamo un gran numero di film horror sul Natale, per non parlare di quelli ambientati la notte di Halloween con in testa il capolavoro di John Carpenter; non mancano poi slasher che si svolgono il 14 febbraio  (Il giorno di San Valentino, Valentine – Appuntamento con la morte e San Valentino di sangue), a Capodanno (Terror Train, Giorni contati, New Year’s Evil), a Pasqua (The Being, Serial Rabbit, Resurrection) e ci sono perfino film horror ambientati il 1° aprile (Pesce d’aprile). Ma, curiosamente, mancava all’appello il giorno del Ringraziamento, la festività che si celebra negli Stati Uniti ogni quarto giovedì di novembre da tradizione centenaria come segno di gratitudine per il raccolto dell’anno trascorso. A rimediare a questa mancanza ci pensa il buon Eli Roth con Thanksgiving, slasher-horror che nasce da un omonimo finto trailer del 2016 che faceva parte della versione lunga americana di Grindhouse di Tarantino e Rodriguez, lo stesso mucchietto di fake-trailers da cui poi hanno preso vita Hobo with a Shotgun di Jason Eisener e Machete dello stesso Rodriguez.

Thanksgiving prende il via durante la sera del Ringraziamento a Plymouth, nel Massachusetts, quando sta per partire il Black Friday nel centro commerciale cittadino. Una folla poco amichevole di acquirenti fa pressione per entrare quando Jessica, figlia del proprietario del negozio, e i suoi amici si intrufolano dall’entrata di servizio scatenando le ire di chi è ancora costretto ad aspettare l’orario d’apertura. Si scatena il finimondo e centinaia di persone si riversano nel negozio causando incidenti a catena che generano diverse vittime, mentre in molti filmano l’accaduto e riversano i video sui social network.

Un anno dopo, Plymouth si prepara alla classica parata del Ringraziamento, ma i famigliari delle vittime del massacro al centro commerciale sono pronte a manifestare il loro dissenso ai festeggiamenti per un giorno che per loro è di lutto. In questo contesto, un misterioso serial killer che indossa la maschera del Padre Pellegrino John Carver, armato d’ascia, inizia a far fuori tutti coloro che sembrano avere una responsabilità nell’incidente al centro commerciale. Jessica e i suoi amici sono, ovviamente, in cima alla lista delle probabili vittime.

Eli Roth è cresciuto a pane e film horror, lo sappiamo da quando ha esordito nell’ormai lontano 2002 con il cult Cabin Fever e ce lo ha ricordato con il classico contemporaneo dell’orrore Hostel (2005) e il suo ottimo sequel del 2007. Quindi parliamo di un “ragazzo” che conosce molto bene la materia e in Thanksgiving mette tutto il suo sapere e il suo amore per certo cinema slasher.

Un po’ come accadeva nel finto trailer, il punto di riferimento per Thanksgiving è proprio il cinema slasher nel suo periodo d’oro, gli anni ’70 e ’80, prendendo però a muso duro la contemporaneità e così va a confrontarsi in primis con due caratteristici indicatori degli anni che stiamo vivendo: i social network e lo shopping compulsivo da black friday.

Come ogni buon horror deve saper fare, Thanksgiving fotografa la società in un dato periodo storica e mette al centro del tavolo vizi, manie, paure e tutti quei sentimenti negativi che possono alimentare il lato oscuro della contemporaneità. Esattamente come accade nel più classico epilogo di un film horror, tutto prende il via da un tragico evento, che in questo caso è la grottesca corsa agli acquisti del black Friday, e da lì si sviluppa una sequenza di omicidi che insanguinano la comunità di Plymouth, ovvero proprio la città che fu la prima colonia fondata dai Padri Pellegrini nel 1623. Questo da modo a Roth e allo sceneggiatore Jeff Rendell di unire il contesto storico del Ringraziamento con quello più folkloristico e di estendere il tutto alla deriva consumistica che negli anni ha assunto questa festività, come altre.

Nel suo Thanksgiving, Roth ha seguito il manuale dello slasher da vero secchione, per cui al centro del parco di personaggi troviamo un gruppo di teenagers capeggiato da una ragazza con passato traumatico (Nell Verlaque); c’è un misterioso assassino mascherato che agisce all’arma bianca; un consistente bodycount che si affida a omicidi sempre più coreografici e creativi; un mistero attorno all’identità dell’assassino che spinge a sospettare un po’ di tutti; una costruzione delle scene di tensione sempre più elaborata. Thanksgiving dà allo spettatore esattamente quello che lo spettatore chiede e si aspetta, portandolo in una comfort zone fatta di spaventi e divertimento.

E infatti, al di là del contenuto di critica sociale comunque ben riuscito, Eli Roth ambisce fondamentalmente a divertire il suo pubblico e ci riesce.

Lo spirito un po’ sopra le righe e a tratti grottesco sembra suggerire che il regista abbia guardato nella direzione impartita da Wes Craven con i primi film della saga Scream, il gusto per l’eccesso splatter e per le morti esageratissime e coreografiche è sicuramente debitore della saga di Venerdì 13 con le dovute spettacolarizzazioni caratteristiche di Final Destination, mentre la meccanica slasher e l’atmosfera generale richiama classici come Il giorno di San Valentino e Compleanno di sangue, per non parlare del finale che fa tanto Carrie – Lo sguardo di Satana quanto So cosa hai fatto.

A proposito del finale, ma parliamo proprio della coda dell’ultimo atto, si nota una certa stanchezza di scrittura, quasi un laissez-faire che porta a frettolosità mista a ingenuità. Diciamo che anche questo “difetto” si riscontrava in diversi slasher anni ’80 che oggi tanto ci piacciono, quindi potrebbe essere una precisa volontà nel perseverare, ma è innegabile che se Thanksgiving ha un difetto quel difetto sta proprio nel modo in cui chiude la storia e le storie dei personaggi.

Con una verve sanguinolenta ed eccessiva e un gusto nerd per l’horror classico anni ’70 e ’80, Eli Roth confeziona uno slasher nel senso più genuino del termine, un film divertito e divertente che ha tutti gli elementi al posto giusto e che facilmente diventerà un cult per le generazioni future.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Thanksgiving sembra una tesi di laurea (filmata) sul genere horror-slasher.
  • Omicidi fantasiosi e sanguinolenti.
  • Il look del killer.
  • Una parte finale un po’ raffazzonata.
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