Torneranno i prati, la recensione

Non c’era la morte nei nostri sogni”.
Una battuta che sa di rimpianto e disillusione, pronunciata dal capitano di un avamposto italiano sul fronte Nord-Est, ai confini con l’Austria. Una battuta in mezzo a tante, pronunciata da Un ragazzo come tanti, vittima di una delle più grandi atrocità consumatesi durante lo scorso secolo. Il ritorno del grande maestro Ermanno Olmi racconta gli orrori e l’insensatezza di quella che fu la Grande Guerra, a un passo dai suoi primi cent’anni. Tratto dal racconto di Federico De Roberto, La paura, e liberamente ispirato alle storie del padre, che la Prima Guerra Mondiale la combatté in prima linea, il regista bergamasco si affida alla potenza e alle suggestioni dei paesaggi invernali del Nord Italia per narrare la tragedia di un pugno di soldati. I loro sogni e speranze vennero atrocemente spezzati dalla brama di potere di una classe dirigente spietata e senza scrupoli.

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A sottintendere la ricercatezza di un’intimità individualistica e, al contempo, anonima e disumanizzante, le figure amorfe dei nostri personaggi si fondono, e confondono. E lo fanno all’interno di uno scenario paesaggistico che scandisce la successione naturale delle stagioni, nonché il dolore umano nei confronti di una vita beffarda. I nostri non hanno alcunché che possa permettere loro di appropriarsi di un’identità; a dimostrarlo, l’abitudine a rivolgersi l’un l’altro attraverso la rispettiva carica militare, o il ruolo narrativo assegnatogli. Il Maggiore (Claudio Santamaria) si vede costretto a ordinare una missione suicida, il Tenentino (Alessandro Sperduti), con la passione per le scienze umanistiche, si ritroverà al comando di un gruppo di uomini nonostante la giovanissima età; il Capitano (Francesco Formichetti) deciderà di abbandonare la trincea e di tentare di sopravvivere nel mondo.

Come accennato sopra, la componente narrativa cede il passo a un’esperienza visiva ammaliante e imponente nella sua immagine distruttiva e, insieme, procreatrice. La fotografia austera e ricercata di Fabio Olmi penetra nell’animo dello spettatore e, ancor prima, lo fa attraverso i suoi soldati. Nell’arco di una notte, la vicenda si consuma negli immensi Altipiani innevati, assorbiti da un’oscurità pacata e portatrice di riflessioni. Al centro di queste ultime, la sconsideratezza della guerra e il senso della vita per chi, un tempo, aveva creduto di arruolarsi per una giusta causa per poi ritrovarsi tradito dalla sua stessa patria. Ma la natura, materna culla di rancori e disillusioni sospesi in un tempo quasi infinito, è invero tiranna e capacissima di trasformarsi in un luogo di sangue e distruzione in men che non si dica. Gli uomini tutti, allora, non potranno che uscirne doppiamente sconfitti e sbigottiti dall’immane malvagità di un processo di interessi personali senza esclusioni di colpi. Tutto è destinato all’oblio più agghiacciante di una terra in cui presto “torneranno i prati”, e che si dimenticherà di loro.

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La pecca più grande del film è una, ovvero la retorica narrativa con la quale Olmi ci porge il suo ultimo lavoro. Catalizzare un messaggio così potente come l’orrore della guerra è già di per sé un’impresa non da poco, se si affida l’intero impianto diegetico nelle mani della potenza visiva delle immagini. Ancor peggio se quei pochi momenti in cui la scena potrebbe sinceramente creare un’unione empatica tra spettatore e personaggi viene ridotta a un vademecum di trovate già viste, poco esaustive, o addirittura poco credibili. Intelligente è la scelta di far parlare la maggior parte dei soldati in dialetto. Un po’ meno quella di trasformarli in accademici dall’italiano forbito durante le battute che coadiuvano l’intima natura dei loro pensieri.
Torneranno i prati è un’opera poetica, che fa riflettere sulla condizione umana durante uno dei periodi più atroci della storia contemporanea ma che, in più di un’occasione, cade in qualche lezione retorica di troppo.
Il film è nelle nostre sale dal 6 ottobre, e sarà distribuito da 01 Distribution.

Noemi Macellari

PRO CONTRO
  • È un’opera che riassume la condizione umana durante la Grande Guerra.
  • Un’esperienza visiva potente e suggestiva.
  • Un percorso narrativo scarno e quasi inesistente.
  • Qualche soluzione retorica di troppo.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Torneranno i prati, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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