Train, la recensione

Un gruppo di studenti americani si trova nell’Europa dell’Est per gareggiare in un torneo internazionale di wrestling. La mattina in cui devono spostarsi a Odessa, in Ucraina, i cinque atleti della squadra arrivano in ritardo alla stazione a causa di una notte brava, perdendo il treno. Il loro allenatore, allora, accetta il consiglio di un’attraente passeggera incontrata in stazione di seguirla sul suo treno, che farà tappa proprio a Odessa. In realtà il treno nasconde un segreto e per i passeggeri americani sarà l’inizio di un terribile incubo a base di torture mortali.

Navigando per il web ci si può imbattere in informazioni che danno Train come remake di Terror Train, slasher datato 1980 e interpretato da Jamie Lee Curtis. Questo è inesatto e chiunque abbia visto entrambi i film potrà facilmente scoprirlo. In realtà la Nu Image comprò i diritti per produrre un remake di Terror Train, annunciando nel 2007 in tale modo il progetto; poi, strada facendo, lo script fu completamente stravolto in favore della fervente moda dei torture porn e nel 2008 ne venne fuori un film completamente diverso, tanto che la produzione decise di distanziarsi da quello che sarebbe dovuto essere il capostipite cambiando addirittura titolo. Il risultato è appunto Train che non c’entra nulla con killer mascherati e il party in treno, ma tiene solo la location su rotaie per raccontare un’oscura storia di traffici di organi in quel dell’Est Europa.

TRAIN

E guardando Train viene un po’ da sorridere per l’involontaria (forse) impresa di demonizzazione a cui sono stati sottoposti in quegli anni gli stati dell’Europa dell’Est ad opera del cinema horror americano: prima i due capitoli di Hostel – che non hanno mancato di suscitare anche polemiche a riguardo – poi Train. Fatto sta che slavi, bulgari e ucraini ne escono dipinti come pazzi psicopatici con il gusto per la macellazione di carne umana. Ma vien da sorridere, appunto.

Non è un caso, comunque, se è stato fatto il titolo di Hostel, poiché Train a conti fatti non è altro che il clone senza idee del film di Eli Roth, un torture porn derivativo che ha l’unico pregio nell’abbondare in situazioni violente esplicite. A tal proposito, “leggenda” vuole che Train abbia subito un bel po’ di taglia e cuci riguardo proprio le scene di violenza estrema e le scene di sesso esplicito, si dice, infatti, che il primo montaggio durasse circa 27 minuti in più di quello ufficiale, scartati proprio perché troppo estremi per far accogliere il film dalla MPAA.

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Alla fine, Train non è altro che sbudellamenti, parti anatomiche recise (occhi, peni, lingue, gambe…) e sofferenze varie, introdotte da una sequenza sui titoli di testa in cui un cadavere viene scuoiato. Se vi accontentate di tante atrocità allora Train è il film che fa per voi, altrimenti c’è ben poca carne al fuoco. La storia è poco originale (Turistas arrivava con un paio d’anni d’anticipo) e piena di assurdità che a volte fanno dubitare della serietà dell’opera. Qualche esempio: appena i ragazzi salgono sul treno arrivano due sgherri dall’aspetto poco raccomandabile (se fossero stati ladri in pratica avrebbero avuto calzamaglia nera e mascherina sugli occhi!) e chiedono il passaporto ai passeggeri con la scusa di custodirlo e ovviamente i ragazzi glielo consegnano; ad un certo punto c’è la protagonista che, dopo un forsennato combattimento nella sala delle torture, riesce a fuggire risalendo da dentro il letto della sua cabina, come, dunque, se sotto le cabine ci fossero dei sotterranei (ma siamo su un treno!); infine, la protagonista per sfuggire al cattivone si nasconde sotto il treno e lui che fa? Lo sposta a mani nude! Per non parlare poi del modo discutibile in cui muore il “boss finale”, che non ha praticamente nessuna logica spaziale. Insomma, il film sguazza nelle incongruenze.

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Purtroppo si nota anche una certa svogliatezza da parte degli attori perché se da un lato ci sono gli anonimi Kavan Reece (Grizzly Park), Gideon Emery (Takers) e Derek Magyar (Watchmen), dall’altra c’è un’attrice solitamente di talento come Thora Birch (American Beauty), oggi un po’ dimenticata, che qui risulta particolarmente inefficace, sia per una questione di miscasting (non è fisicamente adatta al ruolo), sia perché si nota che non crede minimamente a quello che sta facendo.

Dunque, Train si riduce a un involucro di efferatezze, sicuramente riuscite e ad effetto, ma tutto quello che lo circonda lascia però a desiderare.

Solo per i fan delle torture.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Scene efferate a go-go.
  • Prende le distanze da Terror Train… e questo è un bene!
  • È un film poco ispirato e povero di contenuti.
  • Pieno di incongruenze e scene ridicole.
  • Attori poco efficaci, a partire dalla protagonista.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +1 (da 1 voto)
Train, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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