Una famiglia mostruosa, la recensione

Adalberto e Luana sono due giovani innamorati. La loro storia viaggia alla velocità della luce ma quando scoprono di aspettare un figlio, entrano entrambi nel panico al pensiero di dover dare la notizia alle rispettive famiglie. Per Luana, tuttavia, il problema sembra essere più facile da affrontare dal momento che sostiene di essere orfana ma per Adalberto le cose non sono affatto così semplici. Nato in una famiglia di mostri, con un padre vampiro e una madre strega, il ragazzo sa molto bene che a casa sua gli umani non sono ben visti (se non come carne da macello). Ma ormai il danno è fatto, Luana è incinta e Adalberto non può fare altro che condurre la sua fidanzata al castello di famiglia così da presentarla ai suoi genitori, ma anche alla sorellina vampira, allo zio assemblato in laboratorio e ad una sua vecchia fiamma amica di famiglia che ha il dono dell’invisibilità.

In un contesto storico come questo, in cui il cinema italiano sta cercando ardentemente di svecchiarsi riscoprendo – grazie all’arrivo di nuovi autori – l’importanza e l’efficacia del genere, anche la commedia all’italiana sembra intenzionata a voler cambiarsi d’abito.

Una tendenza che nasce dall’inevitabile, ossia provare ad adeguare il nostro vocabolario cinematografico fortemente codificato alle leggi di un mercato – quello internazionale – che sperimenta di continuo e che vede proprio nei racconti “di genere” i principali prodotti d’esportazione (è sempre stato così ma sembra che solo nell’epoca delle piattaforme on demand i lungimiranti produttori italiani se ne siano accorti).

Complice una pandemia mondiale che ha rallentato molte lavorazioni generando un immancabile affollamento di prodotti, il 2021 è. stato l’anno che ha riconsegnato all’Italia alcune opere cinematografiche votate al genere e dal valore produttivo decisamente alto. Mentre si è in trepida attesa per l’ormai imminente Diabolik a firma Manetti Bros, c’è ancora qualcuno che parla del kolossal Freaks Out di Gabriele Mainetti. Al tempo stesso, tuttavia, non dobbiamo dimenticarci di quella che è stata la vera sorpresa di quest’anno, ovvero il bellissimo La terra dei figli di Claudio Cupellini tratto dall’omonima graphic novel di Gipi.

Ma dicevamo, appunto, che anche la commedia italiana ci appare determinata, o in procinto di esserlo, nel volersi svecchiare modificando il proprio linguaggio e il proprio immaginario. Si, perché solo qualche settimana fa vi abbiamo parlato del sorprendente Io sono Babbo Natale, una commedia natalizia dai toni decisamente fantasy, e adesso arriva nelle sale Una famiglia mostruosa, ritorno dietro la macchina da presa per Volfango De Biasi (Un Natale stupefacente, Natale col boss, L’agenzia dei bugiardi).

Pur essendo amanti e sostenitori del genere in ogni sua forma e sfumatura, anzi proprio perché siamo amanti e sostenitori del genere a tutto tondo, dobbiamo riconoscere con una certa determinazione che film come Una famiglia mostruosa fanno male al cinema italiano e fanno male al cinema di genere. In poche parole, fanno male e basta!

Era il 1964 quando la tv americana partoriva due prodotti seriali destinati ad entrare nell’immaginario collettivo e a rivoluzionare in ugual misura tanto l’universo comedy quanto quello horror. In quello stesso anno, infatti, mentre la ABC dava vita a La Famiglia Addams la CBS ridisegnava in chiave comica con The Munster (I Mostri) le iconiche figure del cinema horror dell’epoca. Due “famiglie mostruose” che si servivano dello spavento per generare risate ma, soprattutto, due clan familiari utili a parlarci di diversità in modo decisamente atipico. Tanto gli Addams quanto i Munsters, infatti, avevano lo scopo nemmeno tanto velato di far riflettere sul concetto di “diverso” contrapponendo l’umano al mostruoso in un gioco di ruoli in cui le parti, alla fine della corsa, risultavano sempre invertite.

Attingendo proprio da quest’immaginario collaudato, nel 2012 la Sony Pictures Animation porta sugli schermi Hotel Transylvania (che poi diventerà una trilogia), divertente film d’animazione che utilizza proprio l’universo classico dei mostri (da Dracula a Frankestein, passando per l’uomo lupo e l’uomo invisibile) per parlare ai più piccoli di diversità e inclusività giungendo alla prevedibile ma saggia conclusione che certi “mostri” sono solo negli occhi di chi guarda.

Volfango De Biasi, assieme ai suoi due sceneggiatori Alessandro Bencivenni e Filippo Bologna, parte proprio da quest’immaginario per raccontare la sua famiglia mostruosa che, stringi e stringi, non è altro che una versione live action del citato film d’animazione a marchio Sony.

In Una famiglia mostruosa non c’è il ben che minimo sforzo di provare a fare davvero qualche cosa di diverso. Si ruba a piene mani dagli Addams, dai Munsters e dalla trilogia animata di Genndy Tartakovsky. Si scimmiotta di continuo quell’immaginario e lo si fa senza alcun rispetto per la materia d’origine, senza il minimo amore per quell’universo mostruoso, ma solo con lo scopo di sacrificare alla più becera farsa italiana quel delizioso microcosmo in cui i mostri, per quanto bizzarri, possono dimostrare di essere più umani degli umani.

Con Una famiglia mostruosa Volfango De Biasi dimostra di non aver appreso nulla dalle nuove tendenze del cinema italiano, risulta anzi resistente al cambiamento, non degno della materia che gli è stata affidata e confeziona un film in cui l’elemento horror è messo tristemente alla berlina e in cui, nonostante tutto, sembra quasi di sentire l’eco lontano di quel Moretti snob che si è sempre preso gioco di certo cinema per il semplice gusto di farlo (dobbiamo davvero ricordare i suoi “Mocassini assassini” de Il Caimano?). E proprio per questo motivo disturba anche vedere che in Una famiglia mostruosa viene dato sfoggio ad un reparto d’effettistica di qualità, sia che si parli di effetti digitali che di effetti di make-up classici. Le varie situazioni in cui si cerca lo sketch comico grazie alla donna invisibile funzionano ma soprattutto il make-up utilizzato per portare in scena il lupo mannaro è assolutamente convincente e di livello, persino spaventoso e dunque del tutto sprecato in un film del genere. Non serve a niente un ottimo lupo mannaro se poi, al momento della trasformazione, tutta la famiglia inizia inutilmente a ballare senza motivo sulle note di “Tintarella di luna” di Mina (che abbinamento geniale!).

Eppure, nel 2019, malgrado i mille difetti sotto tutti i punti di vista, persino Christian De Sica (con l’aiuto di suo figlio Brando) aveva dimostrato in Sono solo fantasmi un po’ di maturità e consapevolezza nel far dialogare la commedia con il genere horror.

Come vuole la tradizione della nostra commedia, il cast di Una famiglia mostruosa è più che mai ricco e pronto ad esibire alcuni di quei nomi che, vuoi o non vuoi, continuano ad essere privilegiati da certa nostra commedia. La famiglia mostruosa del titolo, dunque, si riferisce a Massimo Ghini, che interpreta un conte vampiro ormai rassegnato alla sua condizione di mostro, e alla sua consorte strega interpretata da una sempre troppo sopra le righe Lucia Ocone. A loro si aggiunge Paolo Calabresi che interpreta lo zio Nanni, una sorta di mostro di Frankenstein afflitto da quando il gatto gli ha mangiato il cervello, e la piccola Sara Ciocca che è una vampiretta stufa di essere adolescente da sempre. A loro si unisce Adalberto, protagonista della vicenda, che ha il volto di Cristiano Caccamo ed una rediviva Barbara Bouchet che interpreta la nonna fantasma inquieta che vaga per il castello. L’altra famiglia, quella davvero mostruosa che però è composta da umani, si riferisce ai genitori di Luana, Emanuela Rei, che hanno il volto dell’ormai onnipresente Lillo e di Ilaria Spada. Loro due sono i veri mostri del film, due burini arricchiti che non fanno altro che incarnare tutti i peggiori difetti di cui potrebbe essere schiavo un essere umano. Da non dimenticare la presenza di un altro redivivo, Pippo Franco, che interpreta il nonno svampito di Luana.

Incapace di rievocare l’horror sotto tutti i punti di vista (persino la fotografia, così luminosa e piatta non prova minimamente a giocare con il genere), Una famiglia mostruosa è l’esempio lampante di come certo cinema non dovrebbe essere fatto. Una recita scolastica di Halloween lunga novanta minuti; una farsa continua a base di sketch comici prevedibili e battute da bar che potevano funzionare – forse – ai tempi in cui la tv italiana raggiungeva picchi di share grazie a “Il Bagaglino” di Pier Francesco Pingitore.

Assolutamente da evitare, se si ama il cinema e se si vuole bene ai mostri.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Effettui speciali di qualità, soprattutto quelli realizzati con make-up classico.
  • Una pessima riproposizione di quell’immaginario legato a La Famiglia Addams, The Munsters e Hotel Transylvania.
  • Si scimmiotta il genere horror senza alcun rispetto, anzi.
  • Una pantomima continua, sciocca e fastidiosa.
  • Battute da discount al servizio di un modo di far comicità ormai vetusto.
  • Questo è il cinema che fa male al nostro cinema.
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