Io sono Babbo Natale, la recensione
Quando era piccolo Ettore Magni, figlio di due criminali, aveva un solo desiderio: sentirsi come tutti i suoi coetanei e trovare dei regali sotto l’albero la mattina di Natale. Un desiderio che, anno dopo anno, non si è mai avverato così che il piccolo ha iniziato a coltivare dentro di sé un profondo rancore verso Babbo Natale. Da adulto, Ettore ha seguito le orme dei genitori ed è diventato anche lui un piccolo criminale da strada. Uscito di prigione pochi giorni prima di Natale, dopo aver scontato sei anni di carcere per una rapina andata male, Ettore realizza subito d’essere rimasto veramente solo: la sua banda criminale lo ha ripudiato e la sua ex fidanzata, Laura, non vuole più saperne di lui perché si è rifatta una vita e deve adempiere al suo ruolo di mamma. Non sapendo da dove ricominciare, Ettore continua a fare ciò che meglio gli riesce e quindi continua a prestarsi a piccoli furtarelli per sbarcare il lunario. Una notte, per puro caso, incontra Nicola Natalizi, un anziano gentile che ha l’aria d’essere particolarmente benestante. Ettore decide così di irrompere in casa dell’anziano per rapinarlo ma tutto prende una bizzarra piega quando Nicola rivela ad Ettore di essere proprio Babbo Natale.
A sei anni di distanza dalla sua opera prima, la bella commedia con Alessandro Gassmann e Marco Giallini Se Dio vuole, e dopo aver confermato il suo talento nell’altrettanto riuscito film con Elio Germano e Fabio De Luigi Questione di karma, il regista e sceneggiatore Edoardo Falcone torna dietro la macchina da presa per un nuovo film, ancora una commedia, ma questa volta un’opera di ben altra ambizione.
In un periodo storico come quello che stiamo vivendo in Italia, in cui il genere torna ad affacciarsi all’orizzonte anche con prodotti decisamente mainstream (La terra dei figli di Cupellini, Freaks Out di Mainetti e l’imminente Diabolik dei Manetti Bros), giunto alla sua terza regia Edoardo Falcone cerca di portare avanti il suo discorso da commediante ma lo fa prendendo le dovute distanze da certi modelli squisitamente italiani. Decide piuttosto di guardare nella direzione di quelle commedie natalizie per famiglie che si producevano negli Stati Uniti tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, commedie mosse da buoni sentimenti ma contaminate con una nutrita componente fantasy.
Guardando Io sono Babbo Natale, infatti, è impossibile non far correre il pensiero alla famosa trilogia natalizia con Tim Allen e a marchio Walt Disney Santa Clause (iniziata nel 1994 e terminata nel 2006), così come non si può fare a meno di pensare ai cult Miracolo nella 34ª strada (1994) o La storia di Babbo Natale (1985). Ma non finisce di certo qui, perché il film di Falcone pesca a piene mani da un immaginario natalizio collaudato che comprende classici come La vita è meravigliosa ma anche S.O.S. Fantasmi, Nightmare Before Christmas o Il Grinch.
Edoardo Falcone, dunque, si fa carico di una responsabilità importante, ossia quella di svecchiare l’immaginario italiano del cinema natalizio che fino a qualche tempo fa era ad appannaggio esclusivo delle commedie prodotte da De Laurentiis (i temutissimi cinepanettoni) o comunque della “semplice commedia” ambientata nel periodo natalizio. Pur restando nel territorio della commedia ambientata a Natale, infatti, Io sono Babbo Natale dimostra sin dalle prime scene di voler aspirare ad altro così che Falcone costruisce un delizioso racconto per tutta la famiglia che riflette – tra risate ed effetti speciali – su quella che è la vera magia del Natale.
Non sbaglieremo di certo nel dire che Edoardo Falcone riesce con successo lì dove aveva fallito clamorosamente Michele Soavi con il brutto La Befana vien di notte (2018), un’operazione decisamente analoga ma fallimentare nella gestione dei ritmi e dei linguaggi: era troppo infantile per gli adulti e troppo creepy per i bambini.
Falcone invece fa centro e dimostra di avere le idee chiare e conoscere molto bene la materia. Gestisce benissimo ritmi e tempi comici, sa quando far entrare la morale e fino a che punto spingersi, ma soprattutto riesce a confezionare un prodotto delicato e garbato che dialoga apertamente con un target molto preciso: le famiglie. E questa consapevolezza davvero non è cosa da poco.
Veniamo così immersi in una situazione classicissima e prendiamo il punto di vista di un uomo ai margini – Ettore Magni, interpretato perfettamente da Marco Giallini – che ha le sue buone ragioni per non credere nella magia del Natale. Anzi, è proprio il trauma infantile legato al Natale che, metaforicamente parlando, lo ha condotto sulla cattiva strada una volta adulto. Solo grazie al fortuito incontro con l’elemento fantastico, Ettore finisce per ricredersi sullo spirito natalizio e cambiare la propria posizione: agire per gli altri prima che per sé stessi.
Ma Edoardo Falcone, oltre a quella di provare a ricreare un nuovo immaginario del cinema natalizio italiano, ha un’altra grandissima responsabilità: restituire al pubblico l’ultima e indimenticabile performance di Gigi Proietti, tristemente scomparso ormai più di un anno fa. Falcone riesce a superare anche quest’ultima prova egregiamente e possiamo azzardare nel dire (con rispetto) che Proietti non poteva salutarci con un’interpretazione e un film migliore di questo.
Gigi Proietti viene chiamato ad interpretare Babbo Natale ma il suo è un Santa Claus ormai stanco, acciaccato e desideroso di andare in pensione una volta per tutte, e così cerca una persona che possa essere all’altezza del duro compito e di conseguenza sostituirlo. Un Babbo Natale alla ricerca di un passaggio di testimone e che trova proprio nel rozzo Ettore Magni – dunque in Giallini, ad oggi simbolo di una certa comicità romana – un suo degno erede. Ecco, visto in un’ottica squisitamente metaforica e con tutte le differenze del caso tra la maestosità di Proietti e il mestiere (buonissimo) di Giallini, il discorso che porta avanti Io sono Babbo Natale, e in modo particolare il finale che Falcone ci propone, non può fare altro che portare lo spettatore a commuoversi e a volere ancora più bene a Proietti per tutto quello che ha fatto e che ha rappresentato per lo spettacolo italiano.
Anche sotto il punto di vista della messa in scena, Io sono Babbo Natale vince e convince. Un po’ come provò a fare Soavi con il film già citato che vedeva Paola Cortellesi nel ruolo della Befana, nel raccontare Babbo Natale Falcone guarda ai moderni cinecomics hollywoodiani. Nicola Natalizi è Santa Claus, certo, ma per poter beneficiare di tutti i suoi poteri ha bisogno del suo magico costume (la sua divisa da super-eroe) che gli consente di essere invisibile, passare attraverso le pareti e volare sopra le città del mondo con la sua slitta (una vera e propria Clause-Mobile).
Grazie ad un ottimo lavoro svolto dai vfx, unito ad un importante ricorso ai trucchi artigianali fatto di protesi e prostetici per avvicinare la fisicità di Proietti a quella immaginaria di Babbo Natale, Io sono Babbo Natale riesce ad offrire anche un appagante spettacolo per gli occhi che dimostra, ancora una volta, come il cinema italiano abbia voglia di recuperare posizione sul mercato dimostrando che anche la nostra, se vuole, può essere un’industria che pesca a piene mani nel mondo della fantasia e del suo immaginifico.
Insomma, Io sono Babbo Natale si rivela come una piacevolissima sorpresa pre-natalizia, un’operazione intelligente ma anche condotta con il cuore. Nella speranza che possa convincere i botteghini come ha convinto noi, vi consigliamo di non perdere questa deliziosa commedia natalizia adatta a tutta la famiglia che riesce a divertire ed emozionare con estrema disinvoltura.
Giuliano Giacomelli
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