Unfacebook, recensione del cyber-thriller di Stefano Simone

Unfacebook

Il parroco di una cittadina sulla costa pugliese è stanco di assolvere i peccati dei parrocchiani che quotidianamente si confessano a lui. Fedifraghe, truffatori, pedofili, persone riprovevoli all’occhio di Dio che vengono però simbolicamente perdonate, come l’istituzione ecclesiastica impone. Il parroco, allora, si promuove giustiziere, “spada di Dio”, e con l’aiuto dell’ipnosi induce alcuni peccatori al suicidio. Con la scoperta della web chat Unfacebook, il parroco decide allora di arruolare uno stuolo di giovani seguaci che, ipnotizzati attraverso il mezzo internet, vanno a punire i peccatori, uccidendoli. Un commissario da poco trasferito lì da Torino si occupa del caso, cercando di trovare una connessione ai terribili fatti che stanno insanguinando la città.

Al suo secondo lungometraggio datato 2011, il giovane regista pugliese Stefano Simone, che ha ormai in curriculum un nutritissimo numero di opere, mostrava di aver sviluppato uno stile contenutistico capace di renderlo riconoscibile nell’ambiente indipendente italiano. Unfacebook, infatti, così come il suo lungometraggio d’esordio Una vita del mistero, parla di religione e del rapporto che l’essere umano ha con la fede. In entrambi i casi è un rapporto diretto, assoluto, di pura devozione ma trattato sotto due ottiche diametricalmente opposte. Da una parte c’era l’uomo qualunque intento a sviluppare un percorso di conoscenza e affetto cristiano verso la divinità, dall’altra c’è l’uomo che si eleva a divinità, intraprende un’ascesa che lo pone super partes verso gli esseri umani e gli dona potere punitivo su chi si tinge di gravi peccati. Due punti di vista differenti che pongono anche la Chiesa sotto due sguardi opposti. Una vita nel mistero accoglie il messaggio cattolico e se ne fa quasi veicolo; Unfacebook, al contrario, appare critico verso l’istituzione ecclesiastica e condanna la leggerezza con cui è praticata la confessione.

Unfacebook

Ma non è solamente un messaggio da Antico Testamento quello che contraddistingue il film che Stefano Simone trae dal racconto inedito di Gordiano Lupi Il prete, ma possiamo trovarvi anche una palese critica al mondo dei social network e al suo potere “ipnotico” che coinvolge soprattutto le nuove generazioni. Unfacebook condanna il web, i social soprattutto nell’uso sbagliato che ne viene fatto dai giovani, intenti ad accogliere la tecnologia come un’arma di “distrazione” di massa piuttosto che mezzo di utilità, comunicazione e conoscenza. Il messaggio è chiaro fin dal titolo, che scimmiotta il social network più famoso del mondo per dar vita a una web-chat che diventa il veicolo primario del folle parroco per corrompere le giovani menti assuefatte dai telefoni cellulari. A tratti questo messaggio si fa eccessivo e didascalico, quasi parossistico, ma funziona come metafora dei tempi attuali e infatti proprio nell’hight concept che sta alla base di Unfacebook si può trovare il punto di maggiore interesse dell’operazione, anche in anticipo sui tempi se consideriamo che il film è stato realizzato ormai dieci anni fa.

Unfacebook

Utilizzando sicuramente richiami e omaggi a tanto cinema contemporaneo o del recente passato che va dal nipponico Kairo – Pulse (il web come luogo di negazione relazionale e induzione al suicidio) al carpenteriano Il signore del male (i discepoli “zombificati”) passando per Saw (lo pseudo-killer moralista che uccide per procura), Simone costruisce un thriller veloce e stilisticamente moderno. Il montaggio serrato, quasi dia videoclip, avvicina Unfacebook alla narrazione nervosa del thriller metropolitano di stampo statunitense, così come la fotografia sovraesposta. Non mancano neanche le scene forti, con sequenze di omicidio e suicidio che, seppur non mostrando molto, risultano concettualmente disturbanti (l’auto-evirazione del pedofilo su tutte).

Unfacebook

La sceneggiatura scritta a sei mani da Pia Conoscitore, Dargys Ciberio e Antonio Universi presenta qualche imperfezione nella gestione del ritmo narrativo, caratterizzato da un’immediata impennata iniziale che prosegue con uno smorzamento centrale e un anticlimax finale. Inoltre, le psicologie dei personaggi non appaiono particolarmente elaborate e realistiche, con il solito trauma infantile che perseguita il commissario e un’eccessiva enfatizzazione nella delineazione del parroco, personaggi che nel disegno generale della storia finiscono quasi per convergere e coincidere.

Il cast appare nel complesso convincente, con l’unico neo di Giuseppe La Torre che non dona naturalezza al personaggio del parroco, a volte eccessivamente macchiettistico. Buona la naturalezza e il distacco del commissario, interpretato da Paolo Carati e nella parte del questore ritroviamo Tonino Pesante, già protagonista di Una vita nel mistero.

Unfacebook

Una menzione finale alle musiche curate da Luca Auriemma, uno score elettronico ossessivo e orecchiabile che ci riporta alla mente alcuni pezzi storici dei Goblin e appare del tutto adatto alle atmosfere cupe e nervose del film.

Unfacebook è un’opera interessate e ricca di spunti di riflessione, a volte un po’ troppo urlati a volte più sottili.

Il film, distribuito da Multivision Pictures, è attualmente disponibile per l’acquisto e il noleggio su Amazon Prime Video USA direttamente a questo link.

Roberto Giacomelli

VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Unfacebook, recensione del cyber-thriller di Stefano Simone, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.