La battaglia di Hacksaw Ridge, la recensione

Sono passati dieci anni dall’ultima volta in cui Mel Gibson si è cimentato dietro la macchina da presa, tra l’altro con ottimi risultati vista la felice riuscita di Apocalypto. Dieci lunghi anni in cui l’attore statunitense, tra diverse interpretazioni e comparsate in progetti non sempre di alto livello, ha covato e preparato il suo grande ritorno alla regia che avviene in grande stile alla 73° Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia con il suo ultimo lavoro dal titolo La battaglia di Hacksaw Ridge, film che racconta le gesta di Desmond T. Doss, il primo obiettore di coscienza della storia americana a ricevere la medaglia d’onore dal Congresso per aver salvato diversi soldati durante una ferocissima battaglia con i giapponesi a Okinawa.

Una pellicola senza grosse pretese, ma proprio per questo quasi mai sopra le righe, esente da qualsiasi forma di patriottismo e inno alla guerra – come accade in altri film del genere – e, soprattutto, arricchita da scene d’azione realizzate con grande sapienza tecnica e padronanza del mezzo cinematografico.

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Desmond Doss è cresciuto in una famiglia profondamente cattolica che fin dall’infanzia gli ha inculcato alla lettera i dieci comandamenti, primo fra tutti quello di non uccidere. Una volta divenuto adulto e dopo aver conosciuto la donna della sua vita, Dorothy, decide di diventare obiettore di coscienza e di arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti che è impegnato nella seconda guerra mondiale. C’è solo un grande problema: Desmond non vuole usare nessun tipo di arma, ma decide lo stesso di partire per il Giappone. Una scelta che non gli impedirà comunque di diventare un eroe americano.

La prima cosa che balza all’occhio di La battaglia di Hacksaw Ridge è il grande ritmo di cui il film si avvale, anche nella prima parte di preparazione che serve a delineare sia la figura di Desmond sia il contesto sociale e ambientale con cui si trova a che fare. Quella che poteva essere una lunga e tediosa sfilza di processi militari, monologhi sulla religione e sulla morale, diventa invece una prima frazione piuttosto leggera, che scorre via velocemente e che anzi regala anche diversi momenti di ilarità grazie alla movimentata vita di caserma e alla contrapposizione tra la spietatezza del sergente Howell e il carattere pacifico del protagonista.

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Il piatto forte del film, tuttavia, è rappresentato dalle scene di battaglia che occupano la seconda metà della storia. Il primo scontro con i giapponesi, in particolare, è un piccolo gioiello del cinema bellico degli ultimi anni, grazie a inquadrature dettagliate sui volti dei soldati e su ogni minimo particolare presente sulla scena e la macchina da presa che si muove in maniera concitata in modo da seguire ogni fase dello scontro. Ottima anche la ricostruzione delle ambientazioni, sempre più simili ad un autentico inferno di fuoco e fumo nero che avvolge un’atmosfera di desolazione e morte.

Se però può essere fatto un rimprovero a Gibson, questo va rintracciato in un finale troppo improntato ad un’epicità smodata e ad una marcata voglia di mitizzare fino all’eccesso la figura di Desmond Doss. Una tendenza che appare più che palese in uno scontro a fuoco conclusivo assolutamente irrealistico, basti pensare a quando il protagonista smanaccia una bomba in pieno stile portiere di calcio.

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Nonostante ciò, La battaglia di Hacksaw Ridge è un film pienamente riuscito anche grazie alla scelta di un cast all’altezza della situazione in cui spiccano, oltre a Andrew Garfield nel ruolo principale che gli è valso una nomination agli Oscar, anche gli ottimi Teresa Palmer e Vince Vaughn.

Promozione meritata e ampia.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Ritmi serrati e trama scorrevole.
  • Scene di guerre realizzate ottimamente.
  • Attori bravissimi.
  • Finale irrealistico.
  • Qualche momento epico di troppo.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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La battaglia di Hacksaw Ridge, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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